[L’impresa che vogliamo] A quali condizioni ripensare le idee di homo oeconomicus, libertà e felicità per superare le criticità del capitalismo neoliberista e della teoria degli shareholder
Le idee sulla visione antropologica dell’uomo, sulla sua libertà e su ciò che lo rende felice sono alla base del pensiero neoliberista, di cui Milton Friedman è uno dei principali esponenti, soprattutto per il contributo fornito con la celebre teoria degli shareholder. Per quanto concerne la visione antropologica, il punto di riferimento è senza dubbio l’homo oeconomicus. In un’economia di mercato, gli individui devono essere lasciati liberi di cooperare volontariamente, con l’unico limite di non danneggiare il prossimo. Questa libertà conduce a una continua ricerca di beni estrinseci materiali, giacché la felicità è identificata con l’utilità, ovvero con l’incremento di ricchezza economica. Il presente scritto si propone di contribuire al dibattito sul ripensamento del capitalismo, analizzando come le concezioni di homo oeconomicus, di libertà e di felicità abbiano influenzato la teoria dell’azionista e la teoria dell’agenzia. Il fine è quello di esplorare come il ripensamento/superamento, auspicato da molti, di tali concezioni debba tenere conto dei rischi che queste teorie hanno cercato di mitigare, in coerenza con le logiche del libero mercato, in particolare con il principio della libertà di iniziativa privata. Per mitigare questo rischio, si propone di distinguere l’interesse particolare dell’azienda (persona reale) dal suo interesse primario.