Competitività e sostenibilità: le politiche per affrontare il potenziale paradosso
Negli ultimi mesi si è aperto in Europa un ampio dibattito sulla relazione tra sostenibilità e competitività che ha caratterizzato il passaggio tra la Prima e la seconda Commissione Europea presieduta da Ursula von der Leyen. Nel 2024 due illustri italiani avevano fornito il loro contributo a questo dibattito su esplicita richiesta della CE: Enrico Letta e Mario Draghi. In particolare, a Draghi era stato richiesto di preparare una relazione sul futuro della competitività europea dalla stessa Presidente, che lo aveva annunciato nel discorso sullo stato dell'Unione del 2023, mentre l’incarico a Letta era venuto da parte del Parlamento Europeo.
Nel mese di aprile 2024 Letta ha presentato il rapporto “Much More than a Market”, che porta il sottotitolo “velocità, sicurezza, solidarietà” e in cui l’enfasi principale è rivolta al rafforzamento del Mercato Unico Europeo, attraverso la riforma dei quadri legislativi esistenti e l’espansione a nuovi settori. Interessante la proposta di aggiungere alle quattro libertà tradizionali della Unione Europea (la libera circolazione di persone, beni, servizi e capitali) una quinta: riferita a ricerca, innovazione, conoscenza, competenze e istruzione.
Per il rafforzamento della competitività Letta punta, tra l’altro, sul consolidamento di grandi imprese europee integrate in alcuni settori chiave: telecomunicazioni, energia, spazio, sanità, trasporti e difesa.
Si tratta di comparti cruciali per l’autonomia strategica europea, in cui è necessario raggiungere un adeguata massa critica per poter competere con i principali player internazionali.
Oltre a queste politiche industriali, l’impegno nei confronti della doppia transizione, green e digitale, è un fattore chiave per Letta, insieme al mantenimento di un elevato grado di inclusione sociale.
Mario Draghi, con il rapporto “The Future of European Competitiveness”, pubblicato in settembre 2024, integra le considerazioni di Letta sul Mercato Unico, evidenziando come il recupero di competitività per la UE passi attraverso tre principali azioni trasformative: la crescita della produttività colmando il gap di innovazione, la decarbonizzazione vista congiuntamente con la riduzione dei costi dell’energia, l’aumento della sicurezza riducendo la dipendenza dall’estero. I tre pilastri sono integrati da cinque attivatori trasversali, essenziali per sostenere la competitività in tutti i settori: semplificazione, riduzione degli ostacoli al mercato unico, finanziamento della competitività, promozione delle competenze, coordinamento tra le politiche nazionali e quelle europee.
Queste riflessioni hanno fortemente contribuito alla definizione di nuove strategie europee che potessero muoversi per risolvere i potenziali trade-off tra sostenibilità e competitività.
Un primo passaggio è avvenuto a novembre con la dichiarazione di Budapest sul nuovo Patto per la competitività, approvato poi a febbraio dalla CE, in cui l’obiettivo della decarbonizzazione si sposa pienamente con il rafforzamento della competitività. Nelle premesse del patto si legge infatti l’intenzione di rendere: “l’Unione più competitiva, produttiva, innovativa e sostenibile, basandoci sulla coesione economica, sociale e territoriale e assicurando convergenza e condizioni di parità sia all'interno dell'UE che a livello mondiale”.
In seguito, la nuova CE a fine gennaio ha presentato la Bussola della competitività, in cui traccia il percorso che dovrebbe fare dell'Europa il luogo in cui le tecnologie, i servizi e i prodotti puliti futuri sono inventati, fabbricati e commercializzati e nel contempo il primo continente a impatto climatico zero.
La Bussola è basata esplicitamente sulle indicazioni del Rapporto Draghi, definendo l'impostazione da seguire per ciascuna delle tre azioni trasformative.
- Per colmare il divario di innovazione l'UE deve creare un habitat favorevole per le start-up innovative, promuovendo la leadership industriale nei settori ad alta crescita basati su tecnologie deep-tech e diffondendo l’innovazione tra le grandi imprese e le PMI. In quest’ottica sono previste iniziative specifiche sull’AI, sui materiali avanzati, sulle tecnologie quantistiche, le biotecnologie, la robotica e le tecnologie spaziali. A ciò si affiancherà la proposta di un regime giuridico unificato per consentire alle imprese innovative di fruire di un unico complesso di norme ovunque investano e operino nel mercato unico.
- É poi previsto un approccio alla decarbonizzazione basato sulla competitività, che faccia dell'UE un luogo attraente per la produzione, anche per i settori ad alta intensità energetica, e promuova le tecnologie pulite e nuovi modelli di business circolari. Verrà proposto un piano d'azione per ridurre i prezzi e i costi dell'energia, mentre un atto legislativo sull'accelerazione della decarbonizzazione industriale estenderà le autorizzazioni semplificate ai settori in transizione. La bussola prevede inoltre piani d'azione specifici per i settori ad alta intensità energetica, come la siderurgia, la metallurgia e l'industria chimica, che costituiscono la colonna portante del sistema manifatturiero europeo, ma che si trovano ad essere molto vulnerabili in questa fase della transizione.
- Infine, la capacità dell'UE di diversificare e ridurre le dipendenze e aumentare la sicurezza è strettamente connessa alla valorizzazione e accrescimento delle partnership con altri Paesi. Per continuare a diversificare e rafforzare le catene di approvvigionamento europee, la Bussola evoca una nuova gamma di partenariati per il commercio e gli investimenti puliti che contribuiscano a garantirle l'approvvigionamento di materie prime, energia pulita, combustibili sostenibili per i trasporti e tecnologie pulite da tutto il mondo. Al tempo stesso nel mercato interno la revisione delle norme sugli appalti pubblici consentirà d'introdurre una preferenza europea nei settori e tecnologie critici.
La Commissione ha poi fatto propri i 5 attivatori indicati da Draghi, a partire dalla semplificazione normativa, con l’obiettivo di ridurre gli oneri amministrativi di almeno il 25% e quelli per le PMI di almeno il 35% entro la fine dell’attuale mandato della CE.
Sulla semplificazione si è concentrato uno dei primi atti della Nuova CE, a fine febbraio, con i due pacchetti omnibus volti a modificare la legislazione nei settori della sostenibilità e degli investimenti.
Al primo dei due pacchetti ha fatto seguito la Direttiva Stop the Clock che ad aprile ha modificato le tempistiche e le soglie dimensionali per la rendicontazione di sostenibilità delle imprese (CSRD), per l’adozione delle due diligence lungo le catene di fornitura (CSDD), per la tassonomia ambientale.
Nei fatti la Commissione ha voluto con il rinvio dare e prendersi tempo rispetto ad alcuni adempimenti adottati alla fine della precedente legislatura che avevano generato discussioni, relativamente alla progressiva obbligatorietà prevista per le imprese. Le politiche comunitarie sui temi della sostenibilità hanno originariamente puntato molto sugli approcci volontari, più caratteristici dei contesti nord-europei. Così dall’inizio degli anni ’90 del secolo scorso alle direttive obbligatorie si sono affiancati strumenti di soft regulation volti ad utilizzare il mercato per premiare le imprese più proattive e responsabili.
Con il Green Deal è emerso l’orientamento verso l’estensione graduale dell’obbligatorietà, per spingere l’intero sistema industriale a muoversi verso la sostenibilità, considerato un percorso obbligato per l’UE. In questa prospettiva esistono alcuni capisaldi di questa evoluzione su cui maggiormente si è concentrata la discussione: l’accountability, la gestione della responsabilità ambientale e sociale lungo le catene di fornitura, la definizione dei criteri per gli investimenti e i finanziamenti green.
Se la maggioranza delle grandi imprese su questi capisaldi si è attivata in misura significativa negli ultimi anni, la stessa cosa non è avvenuta per le imprese piccole e medie, in cui la consapevolezza della correlazione tra sostenibilità e competitività è sicuramente minore. Qui sta uno dei nodi chiave della discussione che si aperta, su come procedere efficacemente per consentire all’intera economia europea di proseguire nella prospettiva disegnata nel Green Deal, con le transizioni verso la decarbonizzazione, un’economia circolare ed efficiente nell’uso delle risorse a partire dall’energia, un’adeguata tutela e valorizzazione del capitale naturale, una mobilità più sostenibile; tutto ciò creando le condizioni perché le imprese accrescano, pur in una prospettiva di medio-lungo periodo, la propria capacità competitiva.
Per far ciò appare indispensabile una grande collaborazione tra istituzioni, imprese e cittadini consumatori, per creare un ecosistema adeguato per attuare le trasformazioni necessarie.
Riprendendo altri attivatori del Rapporto Draghi un primo fattore chiave riguarda le competenze. Le imprese, in particolare quelle di minori dimensioni, hanno oggi un assoluto bisogno di trovare le figure professionali che possano gestire la twin transition, integrando digitalizzazione e sostenibilità. Nel caso delle filiere serve un’azione congiunta tra istituzioni e imprese di maggiori dimensioni per favorire lo sviluppo, il consolidamento e la diffusione di queste competenze.
Appare particolarmente opportuna al proposito l’intenzione della CE di costituire un'Unione delle competenze incentrata sugli investimenti, sull'apprendimento permanente e in età adulta, sulla creazione di capacità adeguate alle esigenze future, sul mantenimento delle competenze, sulla mobilità equa, sull'attrazione e sull'integrazione di talenti qualificati.
Un’altra condizione è connessa all’accesso ai finanziamenti, le transizioni non posso essere gestite a costo zero ed è necessario un forte supporto soprattutto alle imprese di minori dimensioni. Anche qui le intenzioni della CE paiono in linea con questa esigenza: da un lato la volontà di attivare un'Unione europea dei risparmi e degli investimenti per creare nuovi prodotti di risparmio e di investimento, fornire incentivi per il capitale di rischio e garantire la fluidità dei flussi di investimenti in tutta l'UE; dall’altra Il riorientamento del bilancio dell'UE per consentire l'accesso ai fondi dell'UE sulla base delle priorità definite nel Piano per la competitività.
Tornando alle Direttive CRSD e CSDDD, se le istituzioni, insieme agli attori finanziari, supporteranno adeguatamente le imprese che sceglieranno di investire sulla sostenibilità, premiando chi è in grado di documentare l’impegno che mette in campo e i connessi risultati, in un’ottica integrata di filiera, la questione dell’obbligatorietà passerà in secondo piano. Come in altre politiche di successo realizzate in passato dalla CE, il Regolatore deve indicare i tempi massimi attesi e attivare gli adeguati meccanismi per stimolare le imprese e i cittadini/consumatori. Una volta avviati i processi si possono generare meccanismi virtuosi che consentono un’accelerazione dei tempi di adeguamento ben oltre le aspettative. Un esempio significativo riguarda ad esempio la certificazione energetica degli elettrodomestici in cui le aziende del settore, adeguatamente stimolate dalle richieste dei consumatori sensibili al costo delle bollette, hanno eliminato dalla loro gamma di offerta i prodotti più energivori, molto prima delle scadenze fissate dalla CE.
Questo ragionamento ci riporta al dilemma (oggi, in sintonia con un recente filone di ricerca manageriale, diremmo il paradosso) iniziale: la competitività è conciliabile con la sostenibilità? Ovvero la scommessa strategica alla base del Green Deal Europeo è ancora pienamente valida, malgrado il numero crescente dei detrattori?
Per molti di noi, sempre di più in verità, questo è un tema di ricerca su cui la nostra Rivista porta sistematicamente evidenze, ma in questa sede voglio semplicemente richiamare i lavori svolti da altri attori non accademici. Recentemente l’ASVIS ha presentato nel suo Rapporto di Primavera 2025 dedicato al dilemma in oggetto i risultati di un approfondimento svolto in collaborazione con il centro di ricerca internazionale Oxford Economics sull’evoluzione del nostro sistema economico in quattro scenari alternativi.
L’analisi evidenzia la preferenza per lo scenario definito Net Zero Transformation, in cui viene varato un piano di investimenti a tutto campo volto a trasformare l’economia italiana all’insegna della doppia transizione energetica e digitale: già nel 2035 il PIL italiano risulterebbe superiore dell’1,1% a quello dello scenario di base e il tasso di disoccupazione sarebbe più basso di 0,7 punti percentuali.
Il trend positivo continuerebbe anche nel periodo successivo e nel 2050 il PIL italiano sarebbe superiore del 8,4% a quello tendenziale, grazie al rallentamento del riscaldamento globale, all’innovazione e all’aumento dell’efficienza energetica. In termini aggregati, il comparto industriale vedrebbe il valore aggiunto aumentare dell’1,7% nel 2035 e del 14,9% nel 2050, un valore maggiore di quello che caratterizzerebbe la Germania nello stesso periodo.
Questi risultati contribuirebbero anche a ridurre la spesa sociale e ad aumentare le entrate fiscali. In questo modo, nonostante l’aumento degli investimenti pubblici, si registrerebbe un miglioramento del rapporto debito pubblico/PIL rispetto allo scenario di base. Quest’ultimo risultato verrebbe garantito anche dallo scenario Net Zero che però consentirebbe di ottenere risultati meno significativi in termini di miglioramento del PIL sia nel 2035 che nel 2050. Nettamente peggiori risultano i dati relativi agli altri due scenari: transizione tardiva e catastrofe climatica (ovvero rinuncia ad intervenire a livello globale contro il cambiamento climatico).
Lo studio proposto da ASVIS supporta quindi la necessità, anche per l’Italia, di gestire il cambiamento climatico come una sfida da affrontare in modo strategico, mettendo in campo tutte le risorse necessarie: già a 10 anni si vedranno risultati positivi, che si consolideranno al 2050 nella prospettiva della neutralità carbonica perseguita dalla CE.
Spetta a noi verificare con analisi micro e a livello d’impresa se e a quali condizioni questi macroscenari si traducono in performance positive anche in prospettive temporali più a breve-medio termine per le imprese che si sono già posizionate sulla frontiera dell’innovazione e della sostenibilità.
§§§
Impresa Progetto chiude il 2025 con un numero particolarmente ricco di Saggi e Contributi che svariano su temi legati alle trasformazioni in atto nel management, nelle logiche, nei processi, negli impatti di una pluralità di attori, quali imprese manifatturiere, imprese di servizi ed aziende pubbliche.
In particolare, nella Sezione dei Saggi referati:
- Martina Gressoni, Eliana Alessandra Minelli, Ilenia Bua e Sonia Pastori (Designing Alignment: Human-Centered Performance and Reward Systems in FMCG), muovendosi tra esame della letteratura e ricerca sul campo, costruiscono uno schema di analisi dei problemi di allineamento tra obiettivi organizzativi e comportamenti manageriali. Il contributo è particolarmente significativo in quanto costruito in un contesto fast -moving come quello dell’industria dei beni di consumo.
- Maria Cristina Zaccone e Chiara Arrighini (Oltre le barriere: un modello teorico per l’inclusione dei lavoratori stranieri nella GDO italiana) affrontano il problema dell’inserimento dei lavoratori stranieri nelle imprese della grande distribuzione organizzata, evidenziando difficoltà che finiscono per generare esclusione. L’esame è condotto attraverso un modello teorico che evidenzia in una prospettiva integrata le barriere, le forme di esclusione e le possibili misure di supporto.
- Romilda Mazzotta, Franco Ernesto Rubino e Stefania Veltri (Resistere alla crisi: un caso di resilienza nel mercato della liquirizia), adattando al caso aziendale un framework teorico in tema di resilienza, esaminano i fattori che hanno permesso ad una storica impresa familiare, operante in un settore di nicchia come quello della liquirizia ed in un’area periferica come quella della Calabria jonica, di sopravvivere ad un pesante periodo di crisi.
- Marco Remondino e Jean-Claude Russo (The Impact of the Reengineering Process of AIDA Customs System on Italian Logistics) prendono in esame i risultati della reingegnerizzazione del sistema informativo AIDA della Agenzia nazionale delle dogane, in termini di efficienza ed efficacia operative nonché di impatto ambientale. Il caso conferma come la trasformazione logistica delle dogane e della logistica portuale sia, a livello nazionale ed europeo, una strada obbligata per garantire la funzionalità e l’integrazione dei traffici.
Nella Sezione dei Contributi invece:
- Gianfranco Rusconi e Preem Menghwar (Stakeholder Theory as a link between ethics and business) riprendono il filo del discorso, avviato da Rusconi su Impresa Progetto nel 2012, del rapporto tra etica e business nella prospettiva della stakeholder view. Dall’esame dei più recenti contributi gli Autori trovano conferma alla convinzione che non sia accettabile l’idea ingenua di un rapporto tra etica e business di tipo win-win, e che la convergenza tra etica e strategia competitiva non possa essere che il risultato di uno sforzo continuo di stakeholder management creativo e responsabile.
- Giovanni Battista Dagnino e Anna Minà (The Strategic Role of Business in Addressing Unsolved Grand Challenges. Firms, Platforms and Ecosystems: A Thematic Analysis and Appreciative Assessment) presentano un esame ragionato della struttura e dei contenuti del Convegno organizzato a Palermo dalla Lumsa, in collaborazione con la Strategic Management Society (21-23 maggio 2025), su The Strategic Role of Business in Addressing Unsolved Grand Challenges. Nel Convegno sono state messe a fuoco le sfide poste al Management Strategico dai grandi cambiamenti di oggi e di domani: Povertà e inclusione socio-economica, Cambiamento climatico e sostenibilità ambientale, Migrazioni e rifugiati, AI e altre tecnologie avanzate. Emerge il ruolo strategico che imprese, piattaforme ed ecosistemi possono giocare nel rispondere a queste sfide se orientati in termini di responsabilità.
- Federico Fontana (L’orientamento al valore pubblico dei principali comuni italiani) dà seguito all’esame dell’orientamento al valore nei Comuni italiani avviato con un saggio pubblicato sul n.2/2024 di Impresa Progetto, attraverso una rassegna dei modelli di analisi del valore pubblico presenti in letteratura che ne sottolineano i caratteri di multidimensionalità, soggettività e complessità. L’esame dei documenti di programmazione dei Comuni italiani Capoluogo di Regione consentono all’Autore di valutarne criticamente l’orientamento al valore e di segnalare possibili misure per migliorarne la capacità generativa.
- Matteo Dominidiato (Dinamiche innovative nell’industria del tessile tecnico italiano: orientamenti strategici e logiche di mercato), sulla base di una campagna di interviste a figure chiave (imprenditori, direttori tecnici, responsabili R&S, marketing e produzione), delinea l’evoluzione e la trasformazione del settore tessile tecnico italiano. Cardini di questa trasformazione sono: un modello operativo focalizzato su soluzioni customizzate, una innovazione trainata da un processo graduale ed interattivo di adattamento dei processi e dei prodotti, la sostenibilità come risultato emergente di una continua ricerca di compatibilità tra richieste del mercato e performance gestionali. Il marketing industriale diventa una funzione relazionale ed orientata al valore.
- Silvana Gallinaro (Ecosistemi di manifattura additiva. Le supply chain digitali) descrive la struttura e la logica degli ecosistemi di manifattura additiva (piattaforme di progettazione digitale connesse a macchine di produzione additiva), mettendo in luce analogie e differenze tra catene digitali di creazione del valore e catene di fornitura convenzionali. Le supply chain digitali prevedono sequenze multiple di fasi non lineari e non obbligate, gestite in termini dinamici, iterativi e circolare, tendendo a configurarsi come reti collaborative e paritarie.
- Michela Rossetti, Marco Frey e Chiara Debernardi (L’impatto ambientale dei biocarburanti: una revisione critica della letteratura) esaminano sistematicamente la letteratura recente in tema di biocarburanti con l’obiettivo di valutarne gli impatti ambientali ed il ruolo nella transizione ecologica del settore dei trasporti. Gli Autori confrontano inoltre gli impatti dei biocarburanti con quelli di altre tecnologie emergenti (batterie elettriche, celle a combustibile) delineando un quadro complesso, variabile e non privo di incertezze, delle alternative strategiche che si presentano tanto ai policy makers quanto alle imprese del settore.
Nella Sezione dedicata all’Ospite Nicoletta Buratti intervista Marco Gilli e Alberto Anfossi, rispettivamente Presidente e Segretario Generale della “Fondazione Compagnia di San Paolo”, che delineano a tutto campo ruolo, attività e filosofia di questa istituzione: essere un agente di trasformazione lavorando per il bene comune, impattare positivamente su Cultura, Persone, Pianeta allineandosi agli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, declinare la filantropia in termini di flessibilità, creatività, la sperimentazione. In altri termini, un ente che affonda le radici nel lontano passato e affronta il futuro giocando proattivamente il proprio ruolo nelle trame di un mondo sempre più complesso
Nella Sezione delle Recensioni e Riflessioni, infine, Mario Minoja presenta Pensiero e approccio strategico, curato da Vittorio Coda e Marco Vitale. Il volume raccoglie i materiali di un evento formativo dallo stesso titolo, realizzato a fine 2024 con contributi di contributi di studiosi e di operatori, mixando saperi disciplinari interdipendenti, modelli teorici ed esperienze empiriche, delineando il confronto tra concezioni dell’impresa legate a differenti valori di fondo e a diverse visioni dell’economia e della società. Minoja partendo da profilo, personalità, esperienze ed ispirazione di fondo dei due curatori mette in luce i contenuti ed il senso di questo lavoro, legati all’impresa ed al modo di “conoscere” le imprese nella loro complessità e varietà.



