Lorenzo Caselli: impresa, lavoro, società, bene comune

Editoriali
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10.15167/1824-3576/IPEJM2025.2.1735

A novembre 2024 Impresa Progetto-Electronic Journal of Management ha celebrato il suo ventennale di attività, poi festeggiato con il Workshop “Ripensare le imprese e l’aziendalismo di fronte alle sfide vecchie e nuove del cambiamento” che si è tenuto il 28 febbraio 2025 presso il Dipartimento di Economia dell’Università di Genova.

Al contempo, la Rivista ha ritenuto doveroso rendere omaggio a Lorenzo Caselli – Professore Emerito di Economia e Gestione delle Imprese dell’Università di Genova – che di Impresa Progetto è stato Fondatore e primo Direttore Scientifico e ne è attuale Direttore Emerito. È stato quindi programmato questo Special Issue in suo onore, dal titolo “Lorenzo Caselli: impresa, lavoro, società, bene comune”.

Impresa Progetto è l’ultima, in ordine di tempo ma non certo per rilevanza scientifica e culturale, tra le tante iniziative frutto dell’impegno di Lorenzo Caselli.

Tale impegno si è sviluppato a tutto campo nell’insegnamento, nella ricerca, nella gestione di strutture accademiche, nella promozione e organizzazione di iniziative e attività culturali, formative e scientifiche, nella collaborazione con il sindacato, nella partecipazione al dibattito economico e sociale in un’ampia varietà di ambiti. Lorenzo Caselli, in particolare, è stato Preside per dodici anni della Facoltà di Economia dell’Università di Genova e, agli inizi della sua carriera, della Facoltà di Economia dell’Università di Cagliari; Direttore del Centro Studi della CISL; Presidente Nazionale del MEIC – Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale; Presidente della Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo di Torino.

Le sue attività di ricerca e la sua riflessione hanno attraversato un arco di tempo sessantennale che corrisponde al susseguirsi, nella dinamica dello sviluppo economico dei Paesi industrializzati, del neocapitalismo, del neoliberismo e delle relative fasi di crisi e di transizione.

I suoi interessi scientifici si sono focalizzati sul fenomeno della grande impresa, sui suoi fini, sul suo ruolo nella società e sul contributo degli aziendalisti nell’”illuminarne” la conoscenza. La grande impresa è stata da lui concepita non come una categoria concettuale astratta ma come un motore delle dinamiche trasformative dell’economia, del lavoro e della società, che mette in gioco “i modi di produrre, lavorare, vivere, consumare”. Un tratto costitutivo dell’azione della grande impresa è rappresentato dal suo rapporto con l’ambiente, inteso come forza produttiva, e con la scienza e la tecnologia, intese come forze da cui promanano traiettorie di cambiamento. Le trasformazioni produttive, tuttavia, non dipendono da determinismi tecnici ed organizzativi (“in economia non c’è una sola soluzione, più strade sono possibili”) e possono aprire/lasciare spazi all’articolazione del sistema produttivo, all’emergere di nuove soggettività, alla configurazione di nuove forme di regolazione sociale (concertazione, partecipazione, ruolo del terzo settore), all’affermarsi delle logiche della responsabilità sociale, dei principi dell’etica e della finalità del bene comune.

La grande impresa per Caselli è una costruzione storica e sociale, da esaminare criticamente nelle sue coordinate spaziali e temporali, nelle varianti e nelle invarianti del suo essere e del suo operare. La grande impresa manageriale protagonista del neocapitalismo e l’impresa globalizzata e finanziarizzata della successiva fase neoliberista sono attori per i quali il profitto diventa, da condizione di sopravvivenza, espressione di potere e il cui rapporto con la società slitta dalla possibile collaborazione alla incombente dominanza; ciò cambia la natura dei problemi che si pongono tanto alle forze sociali nella tutela dei propri interessi, quanto agli aziendalisti nello svolgimento della loro funzione di sviluppo e diffusione delle conoscenze in tema di impresa.

Di fronte a tali dinamiche, Lorenzo Caselli ha sempre ricercato una comprensione non formale e una conoscenza critica dell’impresa, alla luce dell’esigenza di chiarire il rapporto tra il mondo reale e la rappresentazione e la percezione di questo mondo, tra i comportamenti effettivi e quelli necessari o auspicati nell’ottica del bene comune.

Può valere la pena ricordare, a questo proposito, la partecipazione di Caselli nei primi anni ’70 del secolo scorso, all’inizio del suo percorso scientifico, alle analisi ed al dibattito promossi da Sergio Vaccà– nell’ambito dell’allora Istituto di Tecnica Economica della Facoltà di Economia e Commercio dell’Università di Genova – intorno al problema della neutralità della scienza e della tecnica. Si trattava di fare i conti con l’ideologia del neocapitalismo e della grande impresa manageriale, proposti dal pensiero allora dominante come modelli di razionalità e veicoli di sviluppo.

Questi temi furono affrontati da Caselli chiarendo come nelle scienze sociali (e quindi in economia e in economia di impresa) il rapporto tra soggetto e oggetto della ricerca sia tale da rendere la conoscenza non neutrale (e non oggettiva) rispetto alle convinzioni prevalenti nello specifico momento storico e presso specifici gruppi sociali, nonché alle preferenze soggettive degli studiosi. Operare con rigore scientifico implica definire con chiarezza i problemi da indagare e le ipotesi guida della ricerca, ma queste sono “scelte a priori” che mettono in gioco giudizi di valore. In altri termini, c’è una relatività della conoscenza scientifica legata al suo carattere “operazionistico” (finalizzato a rispondere a specifici problemi e a scoprire nessi di causalità tra i fenomeni) e “riduttivo” (l’indagine scientifica sconta l’esame degli aspetti della realtà considerati rilevanti ai fini dell’indagine, trascurandone gli altri). Le conclusioni che Caselli ne traeva erano quindi che la razionalità e scientificità delle scelte della grande impresa manageriale andassero relativizzate in rapporto alla esclusività e unidimensionalità del potere che si esprime nell’impresa, ovvero al fatto che tali scelte sono appannaggio dei detentori del potere aziendale (esclusive, quindi, e non condivise) e assunte in coerenza con la loro logica e le loro finalità (unidimensionali, quindi, e unilaterali) (Dispense di Tecnica Industriale, Volume I, Corso del Prof. Lorenzo Caselli, a. a. 1971/72, Istituto di Tecnica Economica dell’Università degli Studi di Genova).

Si può cogliere qui l’habitus mentale del Caselli studioso, che non si accontenta della mera descrizione dei fenomeni ma ne vuole indagare le logiche, le determinanti e le conseguenze senza paura di viaggiare al di fuori del mainstream, e che, quando si parla di progresso economico o di creazione del valore, si chiede: quale progresso e quale valore? Progresso e valore per chi? Progresso e valore conseguiti come?

Tutto questo fa di Lorenzo Caselli una figura peculiare dell’aziendalismo italiano, capace di coniugare il rigore scientifico, i valori dell’equità e della solidarietà, l’apertura alle correnti più avanzate del pensiero economico e sociale.

 

Nel primo periodo di attività, Lorenzo Caselli sviluppa la sua visione dell’impresa nel solco degli insegnamenti di Pasquale Saraceno che – rispetto alla tradizionale tripartizione zappiana dei momenti fondamentali della vita delle aziende (organizzazione, gestione, rilevazione) – aveva approfondito il momento della gestione introducendo lo studio dell’impresa moderna come attore della produzione industriale, da guidare sulla base di specifiche competenze manageriali. L’orizzonte problematico di Saraceno, nel dopoguerra e di fronte ai problemi della ricostruzione, era quello dell’irripetibilità dei modelli di sviluppo e del ruolo modernizzatore dell’impresa; la sfida era il passaggio dall’autarchia a una economia di mercato temperata da tratti di economia mista, con un ruolo dello Stato mediato dall’impresa pubblica e dalla politica di programmazione, in vista del conseguimento di un bene comune rappresentato, allora, dal riequilibrio territoriale (il problema del Mezzogiorno) e dalla creazione di lavoro (il problema della disoccupazione).

Dell’impresa disegnata da Saraceno (La produzione industriale) Caselli scandaglia la complessità delle strutture e dei processi, contaminando teoria dell’impresa e teoria dell’organizzazione a partire dai contributi di Simon, March, Cyert e Galbraith (Teoria dell’organizzazione e processi decisionali nell’impresa). Di questa impresa analizza poi le manifestazioni nell’evoluzione del sistema produttivo del nostro Paese, espressioni di volta in volta di capacità di sviluppo o di adattamento ai limiti del contesto: la (grande) impresa può essere attivata dallo Stato – che diventa imprenditore – per affrontare le criticità del sistema; può articolare le proprie strutture di controllo col ricorso alla “forma gruppo” per cogliere nuove opportunità di sviluppo o per far fronte a debolezze strutturali dei soggetti economici; può convivere con un tessuto di piccole e medie imprese; può interagire con le dinamiche della produzione e del territorio attraverso la subfornitura e una nuova domanda di logistica e di servizi (L’impresa pubblica nell’economia di mercato; Il gruppo nell’evoluzione del sistema aziendale; Le strategie di acquisto delle grandi imprese nell’evoluzione dei sistemi produttivi; e inoltre la collaborazione con numerosi scritti al Bollettino di Economia e Politica Industriale, poi Economia e Politica Industriale).

C’è un potere dell’impresa e nell’impresa ma le sue scelte si formano in un campo a maglie larghe che può lasciare spazi per una maggiore articolazione del sistema produttivo, per politiche territoriali a livello regionale, per momenti di solidarietà, partecipazione, democrazia industriale. Spessore e qualità di questi spazi, tuttavia, sono condizionati dagli andamenti del sistema economico: se nella fase alta dello sviluppo neocapitalistico la grande impresa fonda la propria redditività sulla produttività – resa possibile dalle economie di scala e di scopo – nella fase declinante, tra luci ed ombre della riorganizzazione e ristrutturazione produttiva, la difende ricercando flessibilità e selettività, adattandosi alla divisione internazionale del lavoro e riconvertendo i cicli produttivi, alimentando le catene del decentramento, con esiti alterni sulla qualità della produzione, del lavoro, delle ricadute sul territorio (Trasformazioni produttive e regolazione sociale, Risorse umane e trasformazioni produttive. L’ipotesi partecipativa, e vari scritti su Economia e Politica Industriale).

Con Le parole dell’impresa. Guida alla lettura del cambiamento (1995), opera collettanea e corale da lui curata e introdotta, si chiude idealmente il primo grande periodo dell’attività di Lorenzo Caselli. Attraverso tale opera, articolata in una serie ampia e finalizzata di contributi, si tirano le somme sull’impresa di quegli anni, “compenetrata in precise coordinate spaziale e temporali” e connotata dalla complessità e dal cambiamento, dai suoi rapporti con l’ambiente, dai suoi impatti trasformativi.

 

Il secondo periodo nella attività di Caselli può essere ricondotto alla storia di Impresa Progetto-Electronic Journal of Management, rivista scientifica che fonda nel 2004 essendone prima Direttore e poi Direttore Emerito, sempre anima e continua fonte di ispirazione. Il neocapitalismo ha ceduto il passo al neoliberismo, l’economia e la società vengono investite a livello globale dalle grandi sfide delle transizioni digitale, ecologica ed energetica e dall’aggravarsi dei divari economici e delle disuguaglianze sociali. Le logiche della grande impresa diventano quelle impersonali della globalizzazione e della finanziarizzazione; le sue dimensioni privilegiate sono quelle dell’innovazione digitale, dell’economia delle piattaforme, dell’Intelligenza Artificiale; il suo potere si fa astratto e spersonalizzato, si manifesta tanto sul piano economico e sociale quanto su quello dei diritti. Le trasformazioni che ricadono sulla società vedono Caselli riprendere e rimodulare i temi della scuola, della famiglia, della città, della cittadinanza (Globalizzazione e bene comune. Le ragioni dell’etica e della partecipazione, La vita buona nell’economia e nella società, nonché editoriali e interventi su Impresa Progetto).

Le riflessioni di Lorenzo Caselli di fronte ai problemi e alle prospettive che si aprono in questa fase si sviluppano in un quadro culturale e concettuale arricchito da una pluralità di apporti attinti dai campi dell’economia, della filosofia, dell’etica; tale approccio rovescia i paradigmi riduzionisti e utilitaristi dell’homo oeconomicus e dell’impresa shareholder only: la prospettiva è quella “umanistica” che assume l’uomo come persona vista nella sua dimensione esistenziale e relazionale e l’impresa come bene comune e strumento per il bene comune. Molte sono le fonti di ispirazione che concorrono a questo quadro: il “personalismo comunitario” di Mounier, che vede l’uomo come persona che vive di relazioni in una prassi da attuare e condividere per il bene comune; la Dottrina Sociale della Chiesa, che postula i principi della centralità della persona, del bene comune, della sussidiarietà, della solidarietà; le Encicliche degli ultimi Papi (Centesimus annus, Caritas in veritate, Laudato Si’); la critica di Amartya Sen a una economia del benessere legata alle dimensioni quantitative del PIL e le sue idee in tema di giustizia, uguaglianza e libertà come elementi costitutivi del benessere e dello sviluppo; il capability approach di Sen stesso e di Martha Nussbaum che, in alternativa al paradigma utilitarista, pongono l’incremento delle “capacità” alla base dello sviluppo umano e di una società più equa e più giusta; la “riforma del pensiero” proposta da Edgar Morin in funzione di una nuova conoscenza capace di superare la separazione dei saperi e di educare al pensiero della complessità.

Alla luce di questi apporti, Caselli elabora i temi della democrazia economica intesa come trama dei processi di regolazione e controllo, dell’etica come criterio da incorporare nelle scelte delle imprese per dare senso alla loro responsabilità sociale, del bene comune come finalità sovraordinata cui orientarne gli obiettivi e le scelte, della creazione di ponti tra le diverse anime dell’aziendalismo e della interdisciplinarietà e dell’ibridazione dei saperi come chiave per l’evoluzione delle conoscenze aziendalistiche.

Tutto ciò concorre alla partecipazione di Lorenzo Caselli alla redazione del Manifesto L’Impresa che vogliamo. Una nuova impresa in una nuova economia (Impresa Progetto, n.1/2024), che fa il punto sull’uscita dal neoliberismo e sul superamento del modello dell’impresa shareholder only, fissando alcuni fondamentali punti fermi di un modello di impresa eticamente e socialmente responsabile, capace di contribuire ad uno sviluppo sostenibile ed inclusivo. Non si tratta certo di un punto di arrivo, bensì del consolidamento di una piattaforma da cui partire per nuove ricerche e riflessioni.

Non a caso il Manifesto chiude, riprendendo uno dei temi più cari a Caselli, con un invito a ripensare l’aziendalismo e a rinnovare la funzione civile degli aziendalisti, assumendo “La prospettiva di una società più buona e più giusta, di cui le imprese siano protagoniste a pieno titolo”, perseguendo “una comprensione non formale ed una conoscenza critica delle imprese nella loro proiezione evolutiva e nel loro quadro istituzionale, sociale e culturale”, privilegiando “la trasversalità e l’apertura”, creando “ponti tra le diverse anime dell’aziendalismo italiano, tra i nostri e gli altri saperi”, interpretando “le potenzialità e le esigenze di cambiamento che maturano nelle realtà aziendali e nei sistemi economici, sociali e ambientali”, sviluppando e trasmettendo “agli studenti, agli operatori (imprenditori, investitori, manager e altri lavoratori) nonché ai policy maker e più in generale all’opinione pubblica… una cultura d’impresa più consapevole e in sintonia con i tempi”.

È proprio alla luce di “una circolarità virtuosa tra essenza morale e progresso intellettuale” che Lorenzo Caselli ha sempre svolto una attività scientificamente rigorosa, ispirata ai valori dell’equità e del bene comune, avendo come oggetto l’impresa, il lavoro e la società, testimoniando in modo esemplare la funzione civile dell’aziendalista.

 

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Qualsiasi ricostruzione del percorso scientifico e professionale di Lorenzo Caselli sarebbe incompleta senza un riferimento al rapporto speciale che ha avuto (e ha tuttora) con la didattica e gli studenti.

Caselli ha sempre visto nei giovani – e negli studenti in particolare – una risorsa preziosa, da valorizzare e sostenere affinché possano esprimere appieno il proprio potenziale e costruire un percorso professionale e personale di successo.

Con la sua aula, ha sempre cercato di creare un rapporto che andasse oltre la mera trasmissione di conoscenza, abbracciando una dimensione più profonda fondata sulla incrollabile fiducia che ha sempre avuto verso le nuove generazioni. Ne è derivato un dialogo sincero e profondo, di stimolo a una riflessione su quegli argomenti “alti” e di fondamentale importanza che, paradossalmente, la formazione universitaria tende sempre più a trascurare a vantaggio di un approccio tecnicistico e operativo. Emblematico di questa visione è stato l’inserimento – all’epoca (2004) pionieristico e con pochi riscontri in Italia – nel piano di studi della laurea specialistica in “General Management” dell’Università di Genova dell’insegnamento di “Etica economica e responsabilità sociale delle imprese”, di cui è stato poi titolare fino al pensionamento. In uno scenario che sostanzialmente ignorava quelle tematiche, Caselli sfidava gli studenti a confrontarsi su aspetti quali le finalità dell’impresa, il rapporto tra etica ed economia, i risvolti etici dell’innovazione tecnologica, il concetto di responsabilità sociale, le virtù del manager. Innovativi erano anche i metodi didattici che includevano, ad esempio, la visione di film incentrati proprio su casi eclatanti di imprese “irresponsabili” (Enron, Parmalat, ecc.) e la stesura da parte degli studenti di “quaderni” di riflessioni personali stimolate dagli argomenti delle lezioni.

L’intuizione si è rivelata vincente: nell’attuale laurea magistrale in “Management”, l’insegnamento di “Business Ethics e responsabilità sociale delle imprese” è un caposaldo importante, vista l’attualità e centralità dei temi nel dibattito scientifico e manageriale; sebbene oggi sia affidato a chi scrive (R. Spinelli), l’insegnamento continua a giovarsi del contributo di Caselli, tuttora impegnato in periodici seminari su tematiche sfidanti e di estrema attualità quali le implicazioni etiche dell’intelligenza artificiale o delle neuroscienze, il cambiamento climatico, la democrazia economica. Non sorprende l’apprezzamento costante e affettuoso degli studenti, inevitabilmente affascinati dalla profondità e attualità con cui un docente “diversamente giovane” come Caselli riesce ancora a interpretare evoluzioni e inquietudini del nostro tempo, con una chiave di lettura profonda, interdisciplinare e inevitabilmente coinvolgente.

 

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Con l’intento di farne emergere la lezione e l’heritage, la call di questo Special Issue chiedeva a colleghi, allievi e amici di Lorenzo Caselli di concorrere all’iniziativa con tre tipi di scritti:

  • testimonianze personali volte ad illuminarne il lavoro e gli apporti nei vari ambiti della sua attività e dei suoi interessi scientifici e culturali;
  • approfondimenti su temi legati ai suoi lavori, alla loro evoluzione nel tempo, alle prospettive che ne discendono in tema di impresa, lavoro e società;
  • saggi legati ai suoi contributi e interessi, da sottoporre a double blind review.

Alla call hanno risposto 44 Autori, che hanno inviato 31 scritti (alcuni sono a più firme), di cui 10 testimonianze, 16 approfondimenti e 5 saggi.

Per quanto riguarda gli Autori, ci troviamo innanzi ad una pluralità di voci variamente articolate per competenze, interessi ed attività. Ci sono accademici differenziati sia per seniority (dai Ricercatori ai Professori Emeriti) che per ambito disciplinare (aziendalisti cultori di economia aziendale, di management e di organizzazione, insieme a economisti, sociologi, filosofi); ci sono opinion maker ed imprenditori, esponenti di movimenti associativi e sindacali cattolici e del mondo confindustriale.

Per quanto riguarda gli scritti, si tratta di una ampia varietà di contributi che mettono a fuoco caratteri e temi peculiari del lavoro e del pensiero di Lorenzo Caselli e ne ricostruiscono il contributo nel quadro dell’evoluzione dell’economia e della società, delle imprese e dell’aziendalismo.

Le testimonianze personali comprendono ricordi di colleghi che con Caselli hanno condiviso esperienze e idee; essi ne inquadrano di volta in volta il profilo umano, culturale, accademico (Cozzi, Golinelli, Rusconi, Signori, Tardivo, Velo), l’attività di analista attento dei problemi dell’economia e della società ligure (Palumbo), i ruoli svolti nel mondo associativo e sindacale, e il retroterra culturale di riferimento (Acocella; Bentivogli; Notarstefano).

Gli approfondimenti e i saggi, frutto di riflessioni teoriche e di ricerche empiriche, si articolano su diversi versanti dell’aziendalismo e di discipline di confine, essendo spesso focalizzati su tematiche di frontiera e su rilevanti snodi evolutivi. Troviamo tra di essi contributi riconducibili ad alcuni nuclei problematici emblematici del pensiero di Caselli:

  • l’impresa, della cui evoluzione nella prospettiva del purpose Coda esamina le criticità in tema di governance; rispetto al cui profilo Baccarani e Brunetti richiamano l’idea della “impresa armonica”; che se vuole adeguarsi al paradigma dell’Economia Civile deve dotarsi di appropriati metodi di valutazione dell’impatto (Bonomi);
  • le imprese, ricordate rispetto alla loro fenomenologia perennemente in divenire nei casi dell’impresa famigliare, la cui resilienza è ricondotta a relazioni di comunione tra gli attori basate su fiducia reciproca e condivisione delle responsabilità (Argiolas, Floris e Dettori) e le cui prospettive sono legate a condizioni di professional ownership (Gozzi); dei gruppi, forma giuridico-organizzativa di cui Genco, Penco, Profumo e Scarsi sottolineano la diffusione in contesti tanto sviluppati che in via di sviluppo, dove rispondono a motivi e finalità di volta in volta differenziati; dell’impresa pubblica, il cui modello “italiano” è riproponibile oggi, come “impresa comune europea”, per rispondere alle grandi sfide sistemiche (Bruzzi); delle cooperative sociali, in quanto purpose driven organizations, ambito naturale di applicazione e di affinamento dei criteri ESG (Faraci e Ferlito); della migliore manifattura italiana, la cui cifra distintiva nasce dalla sintesi tra saperi umanistici e conoscenze scientifiche (Calabrò);
  • le logiche emergenti dell’impresa e nell’impresa come l’inclusione, esaminata rispetto all’inserimento lavorativo di persone disabili alla luce del capability approach di Sen (Albano, Curzi e Torrioni); la sostenibilità, considerata una leva evolutiva che implica una accresciuta customer centricity (Bertoli e Busacca); l’interdisciplinarietà, considerata come la chiave per affrontare in chiave trasformativa le sfide della complessità (Frey); la corporate social reponsibility, di cui vengono esaminate le cause che, determinandone una cattiva immagine, rischiano di comprometterne una più efficace implementazione e comunicazione (Rith e Spinelli);
  • il lavoro, campo di relazioni tra uomo e organizzazione rispetto al quale, come ricorda Torre, l’ipotesi partecipativa rappresenta nella riflessione di Caselli la trama di un processo nel quale giocare il dialogo tra le imprese e le persone, cercando di queste la piena valorizzazione;
  • l’etica, di cui Manti auspica la ricomposizione con l’economia nell’ambito di un nuovo paradigma umanistico ed olistico, ed intorno alla quale Morroni e Soliani, con una originale e suggestiva scelta comunicativa, mettono in scena una “intervista impossibile” tra il liberale classico Adam Smith e il neoliberista Friedrik von Hayek.

 

Altri contributi trovano invece origine o hanno comunque riscontro in temi tradizionali del lavoro di Caselli:

  • quello di Donna, che approfondisce il ruolo del capitale umano e del territorio come fonte di valore economico, sociale, civile;
  • quello di Dameri e Bruzzone, secondo cui bene comune e creazione di valore (pubblico) vanno necessariamente incorporati nei dashboard urbani ai fini del management e della governance degli enti locali;
  • quello di Galassi che i ricorda come il linguaggio, i linguaggi specializzati e i modelli semplificati giochino un ruolo decisivo nel determinare la “comprensione” di realtà aziendali sempre più spesso immateriali e “costruite”;
  • quello di Golzio, che ripercorre la problematica dell’innovazione, dalla manifattura, alla servitization, alla luce dell’intreccio tra processi decisionali e trame organizzative.

Infine, Pittaluga partecipa allo Special Issue con un contributo, legato alle sue specifiche competenze scientifiche di economista, dedicato alle riforme introdotte negli anni ’90 per tutelare l’autonomia delle Banche Centrali dai governi e dal potere politico, nonché alle motivazioni, agli obiettivi e alle implicazioni di tali decisioni.

 

Nel concludere la presentazione di questo Special Issue, e nel rilevarne la ricchezza e la varietà dei contenuti, va innanzitutto sottolineato come l’ampiezza di orizzonti del lavoro di Lorenzo Caselli rappresenti tuttora una fertile matrice capace di orientare le prospettive di studio e di ricerca in campo aziendale, individuando temi e punti di vista utili per approfondire il ruolo trasformativo che l’impresa può giocare nell’affrontare le sfide del domani e nell’operare per il bene comune.

Inoltre, questi contributi configurano nell’insieme un mosaico che riflette la tensione, centrale nella lezione di Caselli, al superamento del paradigma dell’homo oeconomicus, della concezione utilitaristica e quantitativa del welfare, di un metodo basato sul riduzionismo e sulla semplificazione. Essi traguardano un nuovo paradigma umanistico ed olistico, entro al quale ricomporre le prospettive del profitto e del bene comune, della persona e della comunità, dell’economia e dell’etica, e grazie al quale decifrare i problemi e le prospettive della complessità.

La pluralità delle voci che hanno animato questo Special Issue testimonia infine da un lato la numerosità e la varietà delle relazioni sviluppate da Lorenzo Caselli nel corso della sua lunga vita di studioso e dall’altro la coralità dell’apprezzamento e della stima che gli vengono riservati da quanti, avendo avuto l’opportunità di conoscerlo e di giovarsi dei suoi insegnamenti, lo considerano un Maestro.