Green Economy: paradigma economico per un nuovo modello di sviluppo

Editoriali
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È sempre più evidente che il tema della Green Economy non si esaurisce in una mera vocazione ambientalista o nella sola preoccupazione per l’esaurimento di risorse non rinnovabili. Esso trova motivazioni più profonde nei processi evolutivi che hanno investito le economie e le società del mondo globalizzato e post-industriale, e riguarda la transizione verso un modello di sviluppo supportato da un nuovo paradigma economico.

 

Le asimmetrie di fondo della hard economy, basata sul drenaggio delle risorse dalle aree “periferiche” e sulla concentrazione dei consumi nelle aree “centrali” del pianeta, non sono solo socialmente inaccettabili ma risultano ormai incompatibili con la sostenibilità dello sviluppo.

Cambiano i valori d’uso dei fattori produttivi e dei prodotti e ne sono investite le filiere che legano l’utilizzo delle risorse e le risposte produttive ai bisogni. Cresce, anche sulla spinta della accelerazione dei processi determinata dalla crisi, la consapevolezza dell’esigenza di affrontare i problemi di scarsità non attraverso provvedimenti parziali, settoriali, episodici ma promuovendo sistematicamente l’efficienza nel consumo delle risorse, l’uso delle risorse rinnovabili, il riciclo ed il riuso dei materiali.

I problemi della scarsità e della sostenibilità dello sviluppo mettono all’ordine del giorno l’esigenza della transizione, nei processi di produzione e di consumo, da un orizzonte di valorizzazione del capitale, secondo la logica della creazione di valore per gli shareholder imposta dai mercati finanziari, ad un orizzonte di valorizzazione delle risorse naturali ed ambientali a beneficio delle aree “periferiche” del pianeta e delle generazioni future. La salvaguardia delle risorse e la  sostenibilità dello sviluppo diventano oggetto di Responsabilità Sociale a carico dell’insieme degli attori individuali (produttori e consumatori)  e collettivi (governi, istituzioni sovranazionali).

 

A partire dal rapporto Bruntland, che nel 1987 ha fondato il concetto di sostenibilità dello sviluppo sulla salvaguardia delle risorse per la soddisfazione dei bisogni delle generazioni future, il tema ha continuato ad essere al centro dell’attenzione e delle indicazioni delle Istituzioni sovranazionali (ONU, OCSE, UE, World Bank) che vedono nella Green Economy un driver di cambiamento di lungo periodo.

Non ci si trova tuttavia di fronte ad una sensibilità etica e sociale che cresce senza incrociarsi con i problemi della produzione di valore economico.

Le imprese più attente alle sfide del futuro sempre più spesso hanno riconosciuto la validità del modello della triple bottom line, che rileva l’impatto dei comportamenti aziendali sul piano non solo economico ma anche sociale e ambientale, e, in sintonia con  le indicazioni di Michel Porter, si  misurano con le logiche della creazione di “valore condiviso”. Molti dei problemi sociali di portata globale (dalla ricerca e dall’utilizzo di fonti alternative in campo energetico, all’eliminazione degli sprechi ed alla ricerca di corretti valori nutrizionali in campo agro-alimentare) rappresentano tanto sfide tecnologiche quanto opportunità di mercato, e chiamano le imprese ad utilizzare le nuove tecnologie per progettare risposte innovative capaci di risolvere problemi sociali e creare valore economico.

 

La valenza sistemica del tema è evidente. La transizione verso la Green Economy richiede sforzi coerenti e convergenti a livello nazionale ed internazionale, da parte dei governi e delle imprese; implica cambiamenti culturali ed innovazioni nei modelli di produzione e di consumo; richiede finanziamenti e investimenti; comporta la messa in opera di politiche, di strumenti, di capacità di misurazione dei fenomeni di nuovo tipo.

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La rilevanza e l’attualità di questi problemi ha suggerito di dedicare alla Green Economy uno Special Issue di Impresa Progetto. Al tema sono dedicati cinque contributi che lo affrontano nei livelli macro e micro, nelle dimensioni pubbliche e private, con riferimento ad esperienze emblematiche. Essi delineano con chiarezza l’evoluzione del paradigma economico dominante e le determinanti di questa evoluzione; i problemi della scarsità delle risorse e della sostenibilità dello sviluppo; il carattere pervasivo delle  manifestazioni ed implicazioni di questi problemi; il ruolo che tanto gli attori pubblici quanto quelli privati sono chiamati a giocare.

 

Marco Frey, Direttore dell’Istituto di Management della Scuola Sant’Anna di Pisa, nel suo saggio introduttivo fornisce il quadro di riferimento e le chiavi di lettura utili per misurarsi consapevolmente col tema della Green Economy. Si rilevano, coerentemente con recenti prese di posizione delle principali istituzioni internazionali, l’insostenibilità della hard economy e la iniquità degli squilibri generati dalla appropriazione di risorse che caratterizza il modello di sviluppo dominante, e che sono all’origine di ricorrenti fenomeni di crisi. Occorre quindi perseguire sistematicamente un uso efficiente delle risorse, secondo una logica “circolare” di uso e riuso, ed assumendo un concetto olistico e sistemico di Green Economy che implica uno sforzo di integrazione tra dimensioni e momenti diversi: sviluppo economico ed ecosistema, sviluppo locale e sviluppo globale, attese e comportamenti di una pluralità di stakeholder. Si sottolinea infine che la transizione verso la Green Economy sconta alcune condizioni abilitanti: azioni di regolazione, politiche ed incentivi a livello nazionale, creazione di mercati e infrastrutture legali a livello internazionale, esplicitazione dei costi associati agli emergenti fenomeni di scarsità che non trovano normalmente espressione sul mercato.

 

Domenico Sturabotti, Direttore della Fondazione Symbola, fornisce informazioni di grande interesse sulle performance di eco-compatibilità del sistema italiano e sugli eco-investimenti delle nostre imprese, anche in comparazione a livello europeo, da cui emerge un quadro in movimento e capace di risultati confortanti. Le imprese più attive nella dimensione green sono quelle che assumono di più, con particolare riguardo ai più giovani, che esportano di più, che innovano di più i propri beni e servizi; i green jobs coprono inoltre la maggior parte delle assunzioni 2013 in ambito di ricerca e sviluppo. Si propongono flash su esperienze di imprese italiane appartenenti a diversi settori produttivi.

 

Vittorio Biondi, Direttore Competitività Territoriale, Ambiente ed Energia di Assolombarda, osserva che nel corso degli anni la problematica green è stata oggetto di  politiche pubbliche basate su logiche di command and control e sul ricorso a strumenti economici (tasse e incentivi), ma anche di iniziative volontarie delle imprese e delle loro associazioni. L’ipotesi che gli eco-investimenti vengano sempre più spesso considerati come chiave della competitività trova conferma viene proposta nell’esperienza del Green Economy Network, promosso da imprese dell’area metropolitana milanese operanti nelle filiere della Green Economy con l’obiettivo di valorizzare l’attrattività del territorio e sviluppare la propria capacità competitiva.

 

Clara Benevolo e Paola Dameri, del Dipartimento di Economia dell’Università di Genova, facendo riferimento all’esperienza genovese mettono in relazione le strategie Smart City, finalizzate al miglioramento della qualità della vita nelle grandi aree urbane attraverso l’impiego delle tecnologie avanzate, con le strategie Green City. In particolare vengono messe in luce la coerenza dell’approccio europeo alla Smart City con le problematiche green, e la conseguente sovrapposizione di finalità: basso impatto ambientale, riduzione dello spreco di risorse naturali, miglioramento della qualità dell’acqua e dell’aria. La verifica delle sinergie realizzabili perseguendo in modo integrato le due strategie è supportata  da un lato dall’esame del portafoglio di iniziative smart della città di Genova e dall’altro da una utile presentazione di un set di indicatori riconosciuti internazionalmente per il monitoraggio delle performance delle Green Cities.

 

Infine Giovanni Lombardo,  ricercatore dell’Università di Genova, presenta un caso emblematico come quello di ERG: un’impresa che ha seguito un percorso evolutivo che l’ha portata a spostarsi dal business oil al business energetico con particolare focalizzazione sulle energie rinnovabili, perseguendo una strategia di innovazione e di sostenibilità della catena del valore come fattori chiave della competitività. L’esame viene svolto alla luce dell’evoluzione di lungo periodo delle attività oil a livello internazionale e nazionale, e mettendo in luce come ai fini di uno sviluppo equilibrato del mercato elettrico da un lato e della produzione di energia da fonti rinnovabili dall’altro sia necessaria una appropriata combinazione di politiche pubbliche coerenti e di strategie aziendali finalizzate.

 

Come si vede si tratta di contributi di taglio e contenuto differenziato, che tuttavia nel loro insieme contribuiscono a fornirne una rappresentazione completa del tema ed a coglierne le tante e differenziate sfaccettature. Soprattutto emerge un concetto di Green Economy che riflette reali esigenze di cambiamento e privilegia un approccio di carattere sistemico e proiettato nel lungo termine.