Impresa Progetto 20 anni dopo. Ripensare le imprese e l'aziendalismo
Venerdì 28 febbraio 2025 Impresa Progetto ha festeggiato i suoi 20 anni con un Workshop dedicato a “Ripensare le imprese e l’aziendalismo di fronte alle sfide vecchie e nuove del cambiamento” (per il programma del Workshop si veda qui).
Dopo l’Introduzione (P.M. Ferrando, “Impresa Progetto: 20 anni di storia ed un’agenda per il futuro”) pubblicata in questo stesso numero, in cui sono stati richiamati il DNA, la vocazione scientifica e culturale della Rivista, il suo impegno per una comprensione non formale ed una conoscenza critica dell’impresa concepita come bene comune e strumento del bene comune, il Workshop si è articolato su due sessioni: la prima dedicata al ruolo ed alle prospettive dell’aziendalismo e la seconda alla presentazione di esperienze aziendali di superamento del paradigma tradizionale di impresa.
Attraverso le voci che lo hanno animato il Workshop ha volato alto, misurandosi con la natura ed i fini dell’impresa, con la capacità trasformativa delle organizzazioni, con le mutazioni del lavoro, ma rimanendo al tempo stesso saldamente ancorato alla realtà grazie al puntuale riferimento alle esperienze, ai successi ed alle criticità, alle luci ed alle ombre dei percorsi di cambiamento.
Il giro di tavolo iniziale (“L’impresa tra realtà e immagine: com’è e come la vogliamo”) è stato animato da Lorenzo Caselli, Teresina Torre e Gianfranco Rebora, che con i loro interventi (anch’essi pubblicati in questo numero) hanno definito i termini di un aggiornamento scientifico e culturale di fondo dell’aziendalismo intorno ai temi delle organizzazioni, dell’impresa e del lavoro
Lorenzo Caselli ha ricordato che l’impresa è tante cose (un agente economico, un sistema sociale, una realtà organizzativa, una forma giuridica, e così via) e che di imprese ce ne sono tante, ma con un denominatore comune: l’impresa è un attore sociale che produce non solo beni e servizi ma anche relazioni. Da qui discende una responsabilità sociale che, attraverso comportamenti guidati dall’etica verso il buono ed il giusto, deve esprimere una tensione al bene comune. Tuttavia, le logiche dell’inclusione e della sostenibilità non possono essere considerate come dati acquisiti una volta per tutte e vanno difese dalle possibili spinte regressive, e la cultura aziendale e la governance sono leve indispensabili per impedire che inclusione e sostenibilità diventino questioni di mera compliance.
Teresina Torre ha presentato un excursus sul lavoro che cambia, e che cambia il rapporto tra le persone e le imprese. Anche per il lavoro si può dire che sia tante cose e che di lavori ce ne sono tanti: c’è il lavoro “brutto” (quello non dignitoso, privo di senso, che spersonalizza, che impoverisce) e c’è il lavoro che dà senso e valore alla vita delle persone, c’è un lavoro che assorbe la vita delle persone ed un lavoro che è un momento della loro vita. Torre ha parlato del lavoro nelle imprese che ci sono e di quello che potrebbe esserci nelle imprese che invece non ci sono, delle imprese che credono nel lavoro e investono nelle persone (ma quante lo fanno?) e di un sistema paese che dovrebbe ripartire dall’educazione e dalla formazione (e che invece troppo spesso se ne dimentica).
Gianfranco Rebora ha richiamato i corsi e ricorsi degli studi sulle organizzazioni tra concezioni tecniche ed umanistiche. Queste dinamiche oggi ritornano attraverso le versioni tecniche della management science da un lato ed i temi del purpose, della sostenibilità e dei criteri ESG dall’altro. Le organizzazioni non sono un fatto tecnico ma un fenomeno centrale della vita collettiva, frutto della interazione di dimensioni economiche, sociali e culturali e la loro rigenerazione, come osservava Federico Butera, rappresenta una grande questione nazionale alla cui soluzione gli aziendalisti, superando derive legate a problemi di valutazione della ricerca e di gestione delle carriere, dovrebbero concorrere attraverso una rinnovata capacità di pensiero critico.
Senza voler presentare un “verbale dei lavori” e al netto di inevitabili omissioni, vale però la pena di richiamare alcuni “fili rossi” emersi nel Workshop, particolarmente significativi dal punto di vista dell’agenda futura di Impresa Progetto.
A proposito di impresa (e di imprese)
L’immagine corrente dell’impresa è quella dello strumento di un capitalismo di rapina (e spesso lo è): delocalizzazioni che impoveriscono occupazione e territori, bonus e buonuscite principeschi per i top managers, retribuzioni non dignitose e licenziamenti via WhatsApp per persone ridotte a manovalanza (magari intellettuale, ma pur sempre manovalanza). Eppure non è tutto così: Giorgio Donna intervenendo nel dibattito conclusivo ha richiamato l’elaborazione scientifica e culturale che ha accreditato la prospettiva della purpose organization, e non mancano esperienze che convalidano la praticabilità della prospettiva di un’“altra impresa”.
Antonio Gozzi, nel panel guidato da Giorgio Donna su “Imprese e aziendalismo: un nuovo mindset di fronte alle sfide del cambiamento?” ha parlato del capitalismo famigliare italiano e della professional ownership che spesso lo innerva assicurando alle imprese competitività e continuità, di una capacità di adattamento che rende la nostra manifattura tra le più vitali e produttive in Europa, di una siderurgia all’avanguardia nei processi di decarbonizzazione.
Dialogando con Stefano Zambon e con Andrea Piccaluga, Stefania Brancaccio (Coelmo spa) e Maria Luisa Parmigiani (Gruppo Unipol) hanno spiegato come una cultura aziendale improntata alla sostenibilità ed all’inclusione, capace di dare ascolto alle persone e di farle partecipare ai progetti ed ai programmi aziendali, sia alla portata di realtà aziendali anche molto diverse per dimensioni, business e modelli proprietari: in questi due casi di una impresa manifatturiera a guida famigliare (dove tale cultura va veicolata da una consapevole azione imprenditoriale) e di un gruppo assicurativo grande e strutturato (dove va incorporata, attraverso le politiche ed i sistemi aziendali, nei valori perseguiti dai managers).
Paolo Gubitta (Università di Padova) ha richiamato la diffusione delle imprese for benefit documentandone i risultati in termini sia di produzione e distribuzione di Valore Aggiunto che di sperimentazione di finalità di beneficio comune.
A proposito di interdisciplinarietà
Come ha ricordato Gianfranco Rebora le Organizzazioni, in quanto “mondi di mezzo” che connettono le persone al macrosistema economico e sociale, sono oggi chiamate a rispondere a problemi nuovi in cui si giocano la qualità del lavoro e della vita delle persone.
Nel panel dedicato a “L’interdisciplinarietà al servizio delle imprese e delle istituzioni” Marco Frey, facendo riferimento ad attività di ricerca, docenza e terza missione dell’Istituto di Management della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, ha guidato il ragionamento mettendo in evidenza come in questi “mondi di mezzo” l’interdisciplinarietà sia la chiave di una capacità trasformativa necessaria per rispondere a problemi economici e sociali complessi.
Lo hanno esplicitato Sabina Nuti con riferimento ad un progetto di screening oncologico in Garfagnana, Gianluca Gramegna con riferimento all’approccio alla sostenibilità adottato da ERG nella transizione alla produzione di energia attraverso fonti rinnovabili e Guido Conforti con riferimento alle iniziative di Confindustria Genova per diffondere presso le imprese associate i temi dei criteri ESG, della qualità, dell’Intelligenza Artificiale.
In tutti questi casi l’interdisciplinarietà ha operato come metodo di lavoro (comunicare e dialogare, parlarsi e confrontarsi) e come progettualità di sistema, ha significato contaminazione tra conoscenze e competenze e interazione nelle organizzazioni e tra le organizzazioni, ha comportato trasversalità e superamento dei silos disciplinari.
A proposito di aziendalismo
Se l’immagine corrente delle imprese non è buona, quella dell’aziendalismo e degli aziendalisti non è migliore.
Nel suo intervento nel Workshop Gianfranco Rebora ha detto che oggi gli aziendalisti “avrebbero cose da dire” ma “hanno poco spazio” (ma forse è dicendo le cose che dovrebbero, che potrebbero conquistare audience).
L’immagine degli aziendalisti è associata di volta in volta a quella di contabili e di manager attenti solo ai numeri ed alle performance. E così di fronte a problemi rilevanti nel discorso pubblico vengono chiamati a dire la loro economisti, giuristi, sociologi, tecnologi, filosofi ma non gli aziendalisti.
D’alta parte quanto ci siamo dedicati, come docenti e consulenti, a trasmettere ai manager di oggi e di domani i tecnicismi della finanza, del controllo, della pianificazione strategica e quanto ad addestrarne la visione critica, la capacità di ascolto all’interno ed all’esterno dell’impresa, la voglia guardare al futuro e di contribuire a risolvere i problemi dell’economia e della società? E quanto, chiamati a riflettere sull’Economia Aziendale e la sua rilevanza, abbiamo finito per fare confusione tra Economia Aziendale come disciplina scientifica ed Economia Aziendale come settore scientifico-disciplinare?
Eppure, come si è detto nella Introduzione al Workshop riconfermando la vocazione scientifica e culturale di Impresa Progetto, c’è una funzione civile che gli aziendalisti potrebbero e dovrebbero giocare, recuperando le migliori tradizioni dell’aziendalismo italiano. Una funzione legata all’idea che sia possibile “un’altra impresa”, capace di misurarsi con i bisogni individuali e collettivi attraverso risposte innovative, economicamente convenienti e socialmente utili, concorrendo ad “un’altra economia” e ad una società più buona più giusta: in altri termini un’organizzazione impegnata a ridurre il disordine sistemico raccordandosi alle altre organizzazioni ed al macrosistema economico e sociale, e capace di restituire senso e finalità ai propri comportamenti.
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Il core content di questo numero di Impresa Progetto è rappresentato dalla presentazione di alcuni documenti del Workshop “Impresa Progetto 20 anni dopo. Ripensare le imprese e l'aziendalismo di fronte alle sfide vecchie e nuove del cambiamento”, svoltosi venerdì 28 febbraio 2025 presso il Dipartimento di Economia dell’Università di Genova e reso accessibile in streaming.
Al Workshop innanzitutto è dedicato l’Editoriale (Ripensare le imprese e l’aziendalismo), che ne riprende i momenti principali. Nella Sezione dei Contributi sono poi resi disponibili i testi dei saluti, istituzionali ma non formali perché hanno ripreso elementi importanti della storia e del ruolo della Rivista, del Rettore, del Preside della Scuola di Scienze Sociali e della Direttrice del Dipartimento di Economia dell’Università di Genova, e degli interventi svolti nel Workshop da Pier Maria Ferrando (Impresa Progetto: una storia di 20 anni ed un’agenda per il futuro), da Lorenzo Caselli (L’impresa tra realtà e immagine. Com’è, come la vogliamo), da Teresina Torre (Impresa, luogo del lavoro) e da Gianfranco Rebora (Ripensare l’aziendalismo. Vogliamo essere solo dei tecnici?). I passaggi principali di questi interventi sono segnalati nell’Editoriale, a cui si fa quindi rinvio.
La Sezione dei Contributi è completata da Lino Cinquini e da Emiliano De Carlo, che riprendono questioni sollevate dal Manifesto “L’impresa che vogliamo” (cfr. Impresa Progetto, n.1/2024) con interventi di forte rilevanza teorica.
Lino Cinquini (Finalità e performance d’impresa: il contributo del costruttivismo pragmatico), dopo aver richiamato l’inadeguatezza del paradigma della massimizzazione del profitto di fronte alle sfide ambientali, tecnologiche e sociali ed averne ricordato i principali approcci alternativi (quelli della stakeholder theory, del corporate purpose, dell’istituzionalismo italiano, dei paradigmi post-crescita), propone una radicale riconcettualizzazione dell’impresa alla luce del costruttivismo pragmatico: un framework teorico ed epistemologico imperniato sulle persone, sulle loro capacità creative e sul loro ruolo attivo nella costruzione della realtà organizzativa. Di questo framework vengono illustrati i fondamenti concettuali: il rapporto tra le dimensioni che caratterizzano l’azione umana (fatti, possibilità, valori e comunicazione) e la concezione dell’impresa come attore trasformativo in cui si svolgono processi di apprendimento collettivo, di costruzione di significato, di restituzione di senso al lavoro e di co-creazione di valore con e per la società.
Emiliano Di Carlo (A quali condizioni ripensare le idee di homo oeconomicus, libertà e felicità per superare le criticità del capitalismo neoliberista e della teoria degli shareholder) presenta un’approfondita disamina delle idee alla base del pensiero neoliberista in tema di impresa: quelle dell’homo oeconomicus, della libertà degli individui di cooperare volontariamente, della felicità come risultato della ricerca di beni estrinseci. La shareholder view mira a evitare che la condotta dell’impresa sia deviata dal perseguimento del profitto inteso come condizione dell’efficienza economica, e da questo punto di vista ritiene che gli obiettivi di sostenibilità siano per l’impresa e per l’economia. Secondo Di Carlo un corretto bilanciamento tra economicità e socialità può essere raggiunto considerando l’impresa come una “persona reale”, portatrice tanto di “un interesse particolare” a sopravvivere e svilupparsi quanto di ”un interesse primario di sintesi”, conforme alle regole etiche e giuridiche.
La Sezione dei Saggi referati ospita quattro paper.
Esli Spahiu, Maleki Vishkaei e Alberto Grando (The Impact of Account-Based Marketing Approach in Shaping Impactful Narratives on Sustainability and Resilience) valutano la capacità dell’ABM, che prevede la focalizzazione delle azioni di marketing su insiemi selezionati di clienti anziché su categorie ampie di consumatori, di migliorare la comunicazione dei programmi e delle iniziative in tema di sostenibilità e resilienza. Il campo di indagine è rappresentato da una value chain articolata su di una core company e quattro stakeholder. I risultati dell’esperimento segnalano come l’ABM migliori le capacità degli stakeholder in tema di benchmarking, di innovazione, di condivisione della conoscenza, di pianificazione strategica e di collaborazione nell’ambito del network.
L’industria tessile, che tradizionalmente ha giocato un ruolo importante nel panorama dell’industria italiana, è oggi investita da cambiamenti e da criticità, tra cui quelle relative al reclutamento ed alla retention del personale. Viviana Meschitti e Marcello Oggionni (Gestire le risorse umane nel tessile in Italia: fra tradizione e necessità di innovazione) hanno condotto un’indagine per rilevare come questi problemi vengono affrontati nell’ambito di un campione di 39 imprese. I risultati segnalano come in queste imprese, per lo più di dimensione piccola e media e a conduzione famigliare, la gestione delle Risorse Umane abbia un carattere conservativo e difetti della necessaria visione di lungo temine.
Gli impatti di eventi imprevisti quali pandemie, disastri naturali, guerre possono introdurre elementi di distorsione della capacità informativa dei documenti contabili. Nel loro saggio (The impact of the adoption of Covid-19 financial statements’ exemptions by Italian firms: an empirical analysis) Fabio Rizzato, Alberto Tonelli e Alain Devalle prendono in esame l’applicazione delle modifiche alle regole di bilancio che il governo italiano ha introdotto nel 2020 a fronte della pandemia Covid-19 per far fronte a problemi di questo. Sono stati considerati i bilanci delle società italiane di capitale che hanno fatto ricorso alla norma relativa alla possibilità di rivalutare i capitali fissi e di quelle che invece hanno sospeso svalutazioni e ammortamenti. Attraverso analisi di regressione multivariata sono stati individuate motivazioni, determinati ed effetti del ricorso a tali norme.
Le ARPA (Agenzie Regionali per la Protezione Ambientale) si occupano di monitorare, elaborare e diffondere dati in tema di ambiente, con l’obiettivo di migliorare la comunicazione e di rafforzare la consapevolezza intorno a questi temi. Frutto della collaborazione con una ARPA, il saggio di Chiara Vassillo, Nora Annesi, Massimo Battaglia e Marco Frey (Communicate the environment and improve satisfaction and awareness in public stakeholders, the case study of a public environmental regional agency in Italy) si muove tra temi di comunicazione ambientale e di stakeholder engagement. Esso presenta i risultati di una indagine di customer satisfaction condotta presso gli stakeholder di questa agenzia attraverso tecniche di analisi sia quantitativa che qualitativa, con l’obiettivo di identificare soluzioni gestionali ed organizzative per il miglioramento del sistema di comunicazione e predisporre le conseguenti attività di pianificazione.
Per la Sezione dedicata all’Ospite Nicoletta Buratti ha dialogato con Carlo Luzzatto, Amministratore Delegato e Direttore Generale di RINA S.p.A.: un manager con una solida esperienza maturata in settori complessi, oggi alla guida di una organizzazione capace di evolvere al passo con le trasformazioni dell’ambiente di riferimento e di traguardare le opportunità future con un solido bagaglio di competenze distintive. Dopo aver ripercorso le tappe fondamentali della storia di RINA e averne richiamato le prospettive delineate nel piano strategico 2030, l’intervista ne ha messo a fuoco il carattere di knowledge company, la capacità di innovare a partire dalla versatilità del know-how tecnico, la declinazione strategica ed operativa del concetto di open innovation, l’approccio alla twin transition ed alle sfide dell’Intelligenza Artificiale.
Per la Sezione dedicata alle Recensioni e Riflessioni Simona Alfiero presenta “Accounting e intelligenza artificiale. Profili applicativi e nuove tendenze”, di Davide Calandra (Giappichelli, 2023). Gli interrogativi ed i dilemmi in tema di Intelligenza Artificiale come veicolo di trasformazione della contabilità e della revisione contabile non sono pochi: l’IA porterà alla sostituzione di figure professionali come i contabili, i dottori commercialisti e i revisori o si risolverà in uno strumento per migliorare l'efficienza e permettere ai professionisti di concentrarsi su attività a più alto valore aggiunto? fino a che punto la trasformazione ha carattere tecnico e fino a che punto carattere organizzativo e culturale? quale sarà il futuro della professione contabile, come cambieranno le competenze necessarie, e che problemi si pongono sul piano della formazione? L’interesse del lavoro è aumentato dalla presentazione di una analisi bibliometrica della letteratura e da significativi casi di studio.
Nella Sezione dedicata a Segnalazioni ed Aggiornamenti vengono suggerite la lettura di una illuminante indagine sull’innovazione nelle imprese italiane (Luca Di Biase, Eppur si innova) e la visione in rete di due webinar dell’OIBR (Organismo Italiano Business Reporting) dedicati a luci ed ombre nelle prospettive del reporting e dei piani strategici di sostenibilità.