Le performance dell’università dal punto di vista degli aziendalisti - I temi e i contributi del workshop su "Le performance dell’Università nell’evoluzione delle norme e delle regole"

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Il 23 giugno 2017 si è svolto a Novara il workshop su “L’Università: quali performance, come misurarle, come monitorarle, come rendicontarle”, organizzato dal Journal con la collaborazione dell’Università del Piemonte Orientale, che ha rappresentato la terza tappa (la prima era stata dedicata alle performance delle aziende sanitarie pubbliche e la seconda a quelle delle imprese) del percorso promosso per approfondire le tendenze evolutive in atto nelle performance dei sistemi organizzati ed i problemi legati alla loro valutazione[1]. Nel workshop sono stati affrontati i temi delle performance delle Università in due sessioni di lavoro: la prima, coordinata da Giorgio Donna, ha avuto come oggetto “Le proposte dall’alto. Le performance dell’Università nell’evoluzione delle norme e delle regole” e la seconda, coordinata da Lorenzo Caselli, ha avuto come oggetto “Le esperienze dal basso. Le performance delle Università attraverso i loro Bilanci Sociali.”

Nella prima sessione Daniele Livon e Sandro Momigliano hanno ricostruito il quadro delle regole, delle norme, delle procedure in tema di programmazione e di valutazione dell’attività degli Atenei introdotte negli ultimi anni da MIUR e da ANVUR, Emma Varasio ha riferito dell’esperienza dell’Università di Pavia in tema di performance management e Matteo Turri ha messo in evidenza le “trappole”, in termini di conseguenze inattese, di cui è disseminato, come tutti i processi di programmazione e valutazione complessi e non ancora adeguatamente filtrati dall’esperienza, anche quello posto in essere dall’Università italiana.

Nella seconda sessione Chiara Mio ha fornito il quadro della diffusione della rendicontazione sociale negli Atenei italiani, mentre Fabio Amatucci e Angelo Paletta hanno presentato le esperienze delle Università del Sannio e di Bologna (Maurizio Cisi a causa di un imprevisto non ha potuto esser presente ma ha successivamente trasmesso un contributo sull’esperienza dell’Università di Torino). In questa sessione Alberto Cassone ha inoltre presentato una comunicazione in cui ha svolto una valutazione critica delle relazioni tra governance e rendicontazione sociale negli Atenei.

Tutti questi contributi vengono presentati in questo numero del Journal, con note di presentazione e di commento di Giorgio Donna e di Lorenzo Caselli. Si tratta di contributi di formato e taglio anche molto diversi: in alcuni casi sono i files di ppt utilizzati nel workshop, in altri casi le slides sono anticipate da brevi “guide alla lettura”, in altri casi ancora le presentazioni al workshop sono state rielaborate o trasformate in papers, alcuni firmati a più mani. Il taglio è analitico quando si tratta descrivere fenomeni e comportamenti nuovi, ma diventa critico se non apertamente dissacrante quando vengono evidenziato i punti deboli dei percorsi evolutivi oggetto di esame.

Nonostante tali differenze tuttavia nell’insieme questi contributi, come viene evidenziato nelle note di Donna e di Caselli, restituiscono un quadro coerente delle luci ed ombre di un sistema universitario che dopo tanti anni non è ancora riuscito a trovare una efficace via d’uscita dal vecchio modello elitario, a posizionarsi con successo nel cambiamento dei processi di produzione e diffusione della conoscenza, ad interagire efficacemente col contesto economico e sociale (si vedano le note di Caselli e di Donna ed il contributo di Mio e Granati).

Il workshop di Novara ha affrontato i problemi dell’Università utilizzando come chiave di lettura le performance e la loro valutazione, alla luce di concetti e modelli sviluppati nell’ambito dell’Economia Aziendale tanto trascurati nel dibattito sui problemi dell’Università (ancora nel corso del 2017 Il Sole 24 Ore si è occupato di questi problemi con una serie di interventi rilevanti nel loro specifico ma, tranne qualche spunto occasionale, distanti dai temi del workshop), quanto potenzialmente utili per segnalare problemi ed indicare percorsi per il cambiamento (si veda la nota di Donna).

L’introduzione della programmazione e della valutazione, al netto dei problemi riscontrabili nell’esperienza di questi anni (probabilmente inevitabili anche alla luce del ruolo di first comer che l’Università ha avuto su questo terreno rispetto alla Pubblica Amministrazione), rappresenta invece una condizione necessaria, anche se da sola non sufficiente, per sviluppare un sistema di governo dell’Università più consapevole e coerente, tanto al centro quanto alla periferia.

Da questo punto di vista va infatti sottolineato che gli strumenti di guida di un sistema organizzato (pianificazione strategica e controllo di gestione; programmazione e valutazione; in sintesi quanto gli aziendalisti riconducono sinteticamente al termine “sistemi di controllo”) non possono essere considerati come un mero fatto tecnico (si veda la nota di Caselli) e nel caso specifico dell’Università non possono certo da soli compensare i limiti “politici” di guida del sistema: le scelte o le mancate scelte in tema di ruolo, di risorse, di legittimazione che rinviano alle responsabilità dei governi e delle istituzioni.

I sistemi di controllo (anche per quanto riguarda l’Università) sono parte di un più ampio sistema organizzato, il quale a sua volta opera in un più ampio sistema economico e sociale; questi sistemi interagiscono, si condizionano reciprocamente, devono trovare un equilibrio evolutivo di volta in volta soddisfacente (si vedano in proposito per esempio i contributi forniti nel tempo da Airoldi, Brunetti, Brusa). I sistemi di controllo non vivono solo di strumenti, ma esprimono cultura e valori e veicolano cultura e valori (si vedano in proposito i contributi di Bergamin Barbato e di Riccaboni). Ad essi sono connaturate le logiche della delega, della responsabilizzazione, del merito, del miglioramento continuo; essi dovrebbero incorporare e ritrasmettere, nel caso dell’Università, la mission dell’istituzione in termini di obiettivi di formazione, di ricerca, di risposte alle esigenze dei territori e delle collettività.

D’altra parte le esperienze di rendicontazione sociale presentate nel workshop dimostrano che esiste una capacità degli Atenei di essere attori capaci di giocare nel loro contesto una funzione consapevole e proattiva, individuando obiettivi capaci di legittimarne il ruolo a partire dai temi di volta in volta più appropriati rispetto alle loro risorse e vocazioni ed al profilo di bisogni ed esigenze dei loro territori: dal tema della promozione dello sviluppo territoriale nel caso dell’Università del Sannio (si veda Amatucci), a quello della sostenibilità nel caso di Torino (si veda Cisi), a quello dei 17 SDGs delle Nazioni Unite nel caso di Bologna (si vedano Paletta-Siboni-Bonoli-Gallina Toschi). Su questo piano c’è tuttavia un evidente problema di diffusione di queste esperienze, ancora numericamente troppo limitate, facendo della rendicontazione sociale non una scadenza formale e burocratica ma un momento di riflessione e di progettazione cui dare coerente seguito operativo (si veda la nota di Caselli).

Date queste premesse, non è sorprendente che i riscontri forniti dal caso dell’Università all’approfondimento del tema delle performance e della loro valutazione secondo le coordinate definite nel programma di Impresa Progetto (si veda in proposito l’Editoriale del n.1/2015) più che in positivo, come indicazione di nuove frontiere, di best practices, di esperienze emblematiche, valgano in negativo, come individuazione di criticità, di “trappole”, di percorsi e comportamenti fuorvianti.

Si propongono in questo senso alcune considerazioni, che non pretendono di essere né esaurienti né definitive.

È difficile programmare performance utili ai fini della guida di un sistema complesso come quello universitario:

  • se la mission del sistema non è chiaramente esplicitata (si pensi alla “opacità” della “terza missione”) e se a livello periferico le sedi non possono (o non sanno) declinarla in rapporto alle loro risorse e vocazioni ed ai bisogni ed attese provenienti dal loro contesto;
  • se non sono definiti con chiarezza compiti ed obiettivi del centro e della periferia; se il decentramento è in realtà un falso decentramento; se le sedi non possono progettare/negoziare la loro strategie, salvo poi rendicontarne i risultati;
  • se la governance del sistema, ai diversi livelli, continua ad essere inquinata da logiche autoreferenziali e poco aperta al contributo degli stakeholder (e se gli stakeholder non sono in grado di giocare il loro ruolo in positivo).

 

E’ difficile programmare performance coerenti con il ruolo del sistema universitario:

  • senza la consapevolezza del valore che può essere creato dal sistema universitario in termini di capitale umano, di capitale intellettuale, di capitale sociale, di capitale relazionale e la capacità di monitorare questi outcome;
  • senza la consapevolezza della permeabilità del sistema universitario rispetto al sistema economico, al sistema sociale, ai sistemi territoriali di riferimento e dell’esigenza di valorizzare i punti e le attività di interfaccia con questi sistemi.

 

E’ difficile valutare le performance del sistema universitario:

  • se gli indicatori sono troppi e gli adempimenti macchinosi;
  • se la valutazione è affidata solo a misure quantitative, di per sé inadatti a catturare fenomeni spesso qualitativi, valoriali, evolutivi, rinunciando ad integrarli con elementi di story telling capaci attraverso “forme narrative” di dare senso alle misure quantitative e di trovare in esse al contempo occasione di riscontro e di verifica.

 

E’ difficile far ruotare intorno alle performance l’evoluzione del sistema universitario le performance:

  • se manca, tra tutti gli attori, una cultura diffusa e condivisa legata al ruolo ed alla mission del sistema;
  • se mancano responsabilizzazione ed incentivazione per tutti gli attori e per tutti i processi del sistema;
  • se la rendicontazione è praticata come un adempimento formale e non come un processo fondamentale per “mantenere la rotta” e non è adeguatamente legittimata e supportata dalla governance;
  • se la valutazione è vissuta come un passaggio burocratico e non come uno stimolo al cambiamento ed al miglioramento.

 

Come è facile vedere, i motivi dei riflessione e di impegno non sono pochi e non sono neppure di poco peso. Impresa Progetto si augura di aver in qualche misura contribuito, organizzando il workshop, non solo all’approfondimento dei problemi delle performance e della loro valutazione nei sistemi organizzati, ma anche ad una migliore conoscenza delle criticità del sistema universitario come premessa per la loro soluzione.

Un ringraziamento caloroso va agli amici ed ai colleghi che con la partecipazione al workshop e con loro contributi hanno reso possibile questo risultato.

 

[1] Per chi fosse interessato ad un approfondimento dei problemi e delle prospettive del sistema universitario, indichiamo nella sezione “Segnalazioni” alcuni recenti contributi che li affrontano da una pluralità di angolazioni.