Spirit of Imagro: al centro delle relazioni

In occasione dei festeggiamenti per i 20 anni di Imagro SpA, abbiamo nuovamente incontrato il suo fondatore e amministratore delegato, il dott. Massimo Pollio. La collaborazione tra lui e l’Università degli Studi di Genova è iniziata qualche anno fa e ha reso possibile la realizzazione di alcune tesi di laurea magistrale aventi ad oggetto proprio la sua impresa e il suo business model. L’occasione richiamata ha però reso evidente la ricchezza e originalità del percorso fatto da Imagro e, soprattutto, la capacità di tessere relazioni con partner di tutto il mondo, spinta da quello che il suo fondatore ha definito “Spirit of Imagro”. Per questo abbiamo voluto proporre ai lettori di Impresa Progetto i tratti salienti del suo business e capirne i fattori di successo.
Imagro è leader nella distribuzione e nella logistica globali in diversi settori industriali. In che cosa consiste il suo business e come si è evoluto?
Ogni business ha la sua storia. La nostra è iniziata come semplice trader, specializzato nella componentistica per il settore degli elettrodomestici. Personalmente, finiti gli studi universitari in Economia, nel 1991, e approcciando il mondo del lavoro, mi sono reso conto che il contesto non era favorevole ma, nonostante ciò, vidi delle opportunità: l’Italia era un mercato per piccole e medie imprese e i punti di criticità delle PMI erano sostanzialmente la carenza di competenze sul fronte dell’export (il mercato italiano era forte e quindi guardare al mercato internazionale non era una priorità) e la finanza.
Ho pensato allora ad un approccio che definisco da “mediatore culturale a costo variabile” avviando l’attività, come detto, nel “settore del bianco” in cui, a quel tempo, l’Italia era leader mondiale con una importante base di subfornitura.
Nel 1997, dopo una breve esperienza in una piccola azienda import export di Genova, ho fondato Imagro (Italian Manufacturing Group) e, con il supporto di un gruppo di fornitori italiani, ho cominciato ad instaurare relazioni commerciali, soprattutto nel mercato asiatico(la Cina, all’epoca, non era ancora così forte come oggi in questo settore). Le grandi imprese hanno cominciato a conoscerci e con loro abbiamo iniziato a scambiare informazioni. La vera funzione di un trader è quella di acquisire dati, contatti, e di trasformare queste informazioni in opportunità.
Abbiamo iniziato a lavorare in Asia con le grandi multinazionali: LG Electronics, Samsung, Panasonic, Toshiba, Sharp, Sanyo e Concepcion Industries (Carrier); poi negli USA, con General Electric, Whirpool, e Bosch; in Sud America, con il gruppo Mabe, e in Africa, con i gruppi Olympic (oggi Electrolux) ed El Araby.
Eravamo piccoli ma globali offrendo componentistica italiana di alta qualità in tutto il mondo.
I rapporti con queste multinazionali si sono consolidati con il tempo, avviando vere e proprie partnership a livello globale.
Il mercato internazionale inizia però a diventare più difficile con l’emergere di Paesi come Brasile, India, Cina, Russia e Messico, che assumono un ruolo sempre più rilevante proponendosi come fornitori globali a prezzi estremamente competitivi; contestualmente l’Italia inizia a perdere competitività (anche in conseguenza dell’introduzione dell’euro). Per questo, pur continuando ad esportare i nostri prodotti, abbiamo cominciato ad importare: prima alcuni componenti e poi materie prime.
Nel 2007, Imagro entra nel settore delle materie plastiche avviando una partnership con LG Chemicals, una delle più importanti aziende chimiche mondiali, che ancora oggi è uno dei business più strategici della nostra azienda.
E’ a questo punto che il modello di business Imagro si trasforma: la società si specializza, con il tempo, in una azienda di “End-to-End Supply Chain Management”, cominciando a farsi carico delle attività “non-core” dei clienti, offrendo loro alcuni servizi quali gli acquisti, la logistica, il magazzino e, in molti casi, la ridistribuzione alla loro rete di subfornitori.
Dopo la contrattazione diretta di prezzi e volumi tra il cliente finale e i fornitori, Imagro acquista i materiali agendo da “buffer” sia finanziario che gestionale, occupandosi dei flussi relativi al processo di acquisto, di stoccaggio e di consegna al cliente applicando, in una logica di “cost plus”, una management fee per il servizio offerto.
Questo processo, consacratosi con la nascita della società LOGITAL SRL (società interamente del gruppo Imagro) che gestisce i processi e i flussi di un nostro primario cliente internazionale, ha permesso al gruppo di diventare in breve tempo un attore strategico nella gestione della supply chain dei suoi clienti.
Il modello si è evoluto attraverso attività di sourcing strategico e procurement da parte di Imagro.
L'azienda e il gruppo si fondano su una stretta collaborazione con clienti, fornitori, banche e organismi istituzionali come Sace e Cassa Depositi e Prestiti. Come si instaura, secondo lei, una buona relazione con tutti questi attori e come si fa ad alimentarla e mantenerla viva nel tempo?
Le rispondo sempre portando ad esempio la storia di Imagro. Il nostro è un mestiere molto flessibile, si impara con il tempo, per questo c’è stata una continua evoluzione fino ad arrivare al 2015-2016. Abbiamo capito che la supply chain italiana era molto debole anche in altri settori: ad esempio, nell’ambito degli appalti internazionali, in particolare quelli delle infrastrutture. Da qui nasce Imagro Construction Srl, joint venture con il gruppo egiziano Orascom Construction, vincitore di una gara di appalto per la realizzazione di due nuove centrali elettriche in Egitto e la conversione di altre due da ciclo unico a ciclo combinato.
Ansaldo Energia aveva partecipato alla gara ma aveva perso la commessa e questo avrebbe messo fuori gioco anche tutta la filiera italiana dell’indotto. Imagro è stata scelta da Orascom come partner per gestire il processo di procurement, relativo a questi progetti, che coinvolge ad oggi oltre 80 fornitori italiani di componentistica ad alto contenuto tecnologico.
Il ruolo di Imagro non è limitato solo alla gestione della supply chain ma è anche finanziario, di selezione, supporto logistico, legale e consulenza. Infatti, la nostra società è riuscita a fare garantire da Sace un ammontare di 700 milioni di Euro totalmente dedicato all’export di contenuto italiano.
Il valore aggiunto consiste nel fatto che Sace non avrebbe garantito i crediti di ogni singolo fornitore: era necessario coordinare le attività attraverso un veicolo unico. Per questo motivo, è stata creata Imagro Construction: un EPC (Engineering, Procurement, and Construction) Contractor. Il nostro intervento, con questo modello, ha consentito di recuperare tutti i contratti di fornitura della filiera italiana che ha “vinto” anche senza avere come capocommessa una grande azienda italiana.
In questo modo, tra l’altro, le aziende possono continuare a migliorare il proprio know-how già riconosciuto a livello internazionale.
Oggi, queste 80 aziende hanno anche l’opportunità di farsi conoscere per altri appalti internazionali. Inoltre, la struttura finanziaria che è stata creata ha permesso a queste aziende di ottenere garanzie dalle proprie banche, grazie alla garanzia sovrana offerta dal governo egiziano, contro garantita da Sace.
Il vero vantaggio competitivo di Imagro è quello di essere mediatore di business e mediatore culturale consentendo alle PMI italiane di arrivare dove non potrebbero arrivare da sole. Questo è stato possibile proprio grazie ad una stretta collaborazione con clienti, fornitori, banche e organismi come Sace.
Come si differenzia il business di Imagro dalle figure tradizionali del mercato (trader puro, 3/4PL ovvero terze e quarte parti logistiche...)?
Come abbiamo detto Imagro struttura un rapporto in cui è lo stesso cliente a selezionare il fornitore e a negoziare autonomamente il prezzo della fornitura nonché i relativi termini contrattuali. Imagro interviene occupandosi invece di tutto il processo di acquisto e di consegna. Noi aggiungiamo il nostro servizio che va dalla fabbrica del fornitore alla fabbrica del cliente finale, quindi “variabilizziamo” i costi fissi di entrambi, diventando attore strategico della supply chain. Questo è il punto di partenza che ha portato a rafforzare il rapporto di partnership con i clienti, espresso nell’aumento dei prodotti da gestire, nel servizio di stock presso magazzini di proprietà o di terzi e nella copertura finanziaria.
Quali sono i competitor di Imagro a livello nazionale ed internazionale?
Potrei dire che non sono molti o, addirittura, che non ci sono competitor diretti di Imagro perché il rapporto di fiducia che si crea col cliente non è “imitabile”, è “unico”, il cliente ti sceglie perché ti conosce, conosce il tuo business e la tua storia. Noi aggiungiamo servizi, anche collaborando con altri fornitori di servizi del cliente che potrebbero essere in concorrenza con noi per certi tipi di servizi (ad esempio, collaborando con l’operatore logistico che il nostro cliente ha scelto o che ha come fornitore stabile), perché la logistica non è “core” per noi. Le strategie perseguite dal gruppo mirano, oggi, a creare soluzioni ad hoc per ogni cliente così da poter essere partner strategico nei vari mercati, a seconda dei prodotti, dei clienti e dei settori considerati.
Abbiamo ovviamente dei concorrenti sul vecchio modello di business della distribuzione, che per noi non è particolarmente strategico.
Il nostro business ha come vincolo la finanza. Le soluzioni offerte da Imagro possono comportare una esposizione finanziaria molto elevata, data dalle dilazioni di pagamento concesse, al fine di permettere ai nostri clienti ed ai loro fornitori massima flessibilità nel loro rapporto. Per sopportare tale situazione è necessario un ingente capitale circolante, che si può ottenere ricorrendo a finanziamenti esterni da parte di istituti di credito. In verità le banche italiane non comprendono appieno il nostro modello operativo che non può basarsi solo sul patrimonio bensì sulle competenze e le relazioni di Imagro nonché sul merito creditizio dei clienti finali; per questo, a volte, ci fanno perdere ottime opportunità di business.
Perché allora non andare all’estero?
Il vincolo alla crescita dovuto alla finanza e al contesto italiano ci porta spesso a pensare di spostare la sede di Imagro ma questo avrebbe un prezzo da pagare… e per me l’Italia è limite territoriale di vita nel senso che vorrei continuare a vivere in Italia, avere le mie società in Italia e dare lavoro qui. E’ logico che con il passare del tempo e crescendo, si tende ad andare all’estero e oggi abbiamo già molte sedi e uffici all’estero (Regno Unito, Polonia, USA, Messico, Egitto, Giappone, Cina e Australia) funzionali al business che abbiamo in Italia.
Considerando questi 20 anni, l'evoluzione e lo sviluppo del gruppo si può considerare lineare, perché incline ad assecondare i cambiamenti del mercato, o non lineare, perché i cambiamenti sono dettati dalle occasioni che il suo fondatore ha ritenuto interessanti?
Penso che non ci sia risposta diretta a questa domanda nel senso che, purtroppo, nel business bisogna innanzi tutto adeguarsi continuamente ad un mondo che cambia e noi lo abbiamo fatto. Il nostro business non è cambiato (continuiamo a comprare e a vendere, anche con gli stessi clienti e fornitori), ci siamo solo dovuti adeguare ad un mondo sempre più competitivo e interconnesso.
Oggi. Imagro si occupa di minimizzare i tempi e i costi di clienti e fornitori per i quali funge da mediatore perché i costi generali delle imprese sono elevatissimi rispetto a quelli della piccola Imagro. Il mercato è diventato così difficile e costoso che le grandi aziende decidono di terziarizzare una parte del lavoro a qualcuno che è più flessibile e veloce..
E’ vero certamente che, come in tutte le aziende padronali, l’intuitus personae del fondatore è centrale e io cerco di trasmetterlo ai miei dipendenti e collaboratori dicendo che, purché si resti nella legalità, nulla è impossibile e possiamo cercare di farlo trovando, in ogni difficoltà, una opportunità.
Imagro mette in connessione clienti e fornitori e individua opportunità di nuovi business sempre all'interno della cornice B2B. Lei auspica un ruolo di Imagro anche nel G2G: cosa significa e quali prevede possano essere le potenzialità e le difficoltà?
La visione G2G fa parte del mio DNA. Ci sono cose che un’azienda privata come la mia può fare per le PMI creando eccellenza, perché molte PMI non hanno management e finanza adeguati; nel campo G2G si potrebbe preparare un piano governativo che aiuti le aziende attraverso accordi di settore e permettere alla filiera italiana, specializzata, di emergere.
Il governo potrebbe certamente fare molto di più di quanto non faccia.
Facciamo un esempio: nel settore dell’automotive. marchi come Volkswagen o Audi hanno spesso oltre il 30% di componentistica italiana nelle loro vetture. Quando una di queste società va all’estero, in Paesi come l’Egitto, il Sudamerica oppure l’India, incontra delle difficoltà perché in questi Paesi mancano i fornitori e sono deboli proprio nella supply chain. Se il governo italiano facesse degli accordi con i governi dei vari Paesi, si potrebbe esportare prodotti di eccellenza italiana con una serie di facilitazioni (ad esempio, sdoganamento just in time, free zone, cambio della valuta, ecc.), creando partnership importanti tra Paesi.
Quanto i valori e le caratteristiche del suo fondatore hanno inciso e incidono tuttora sulle performance e i successi di Imagro?
Tanto, purtroppo, nel bene e nel male. In Imagro è presente un gruppo coeso di lavoratori; i dipendenti amano quello che fanno e il 90% del personale assunto rimane in Imagro, ognuno si è ritagliato un ruolo all’interno della società, sentendosi parte della realtà aziendale e, credo, condividendo spesso i miei sogni. Come capita nelle aziende piccole, io, come fondatore, molto creativo e sempre in azione, sono molto presente, molto coinvolto su tutto e questo può generare problemi organizzativi.
Il mio obiettivo come presidente, in un’ottica di medio lungo periodo, è quella di diventare inutile per l’azienda…. si tratta di un percorso difficile da raggiungere. Al momento vedo questo forse più facile per le nostre aziende del gruppo, dove sicuramente è già in atto un importante processo di delega al management locale. Le tre aziende del gruppo (Italia Consult, Logital, Imagro Uk) sono, infatti, gestite principalmente da manager esterni. Si tratta di aziende che si occupano della parte del business più strutturato e, quindi, quelle in cui più agevolmente ho potuto cedere la gestione. Personalmente mi dedico principalmente ad Imagro che è ormai anche la holding, e la mia presenza è ancora difficile da sostituire, ma stiamo lavorando anche su questo.
Un’ultima domanda su un’altra sua creatura, Flying Angels Foundation. Che cosa è e perché l’ha fondata?
Tutto è nato dalla tragica morte di un piccolo bambino romeno che, appena nato, aveva bisogno di un intervento al cuore. In Romania non c’era un medico in grado di operarlo ma era stata trovata una soluzione qui in Italia. Purtroppo, nel tempo perso a cercare fondi per pagare i biglietti aerei, il bimbo non ce l’ha fatta. Da allora ho capito che si doveva fare qualcosa per evitare che questa terribile storia si ripetesse.
Il sogno è diventato realtà nel 2012: con un gruppo di imprenditori liguri abbiamo fondato Flying Angels. Flying Angels è una organizzazione no-profit (onp) che aiuta le altre onp inserendosi come anello mancante nella catena della solidarietà attraverso una mission unica al mondo: fa volare bambini in emergenza sanitaria che hanno urgenza di ricevere cure salvavita in una struttura sanitaria adeguata oppure paga i biglietti aerei all’equipe medica che si reca sul posto per effettuare l’intervento. Noi interveniamo solo su un aspetto specifico: il viaggio aereo.
Normalmente si tratta di interventi mirati, dedicati al salvataggio di un bambino di cui si conosce la storia: si sa esattamente chi è che viene salvato. In un mondo che è sempre più impersonale, in cui tante persone senza volto soffrono, Flying Angels opera per salvare un bambino, un bambino con un nome e un cognome, un volto, una storia,.
Dal 2012 ad oggi, abbiamo salvato 1.200 bambini in oltre 60 Paesi nel mondo è questo è un risultato meraviglioso che ci dà la forza di continuare tra mille difficoltà.
Un po’ come Imagro si basa sulle relazioni, così Flying Angels mira a creare un legame tra chi dona e il beneficiario. Possiamo dire che anche questo è frutto di quello che abbiamo chiamato Spirit of Imagro!
Gennaio 2018