La trasformazione digitale e il non profit
È un piacere poter condividere con i lettori di IPEJM l’intervista a Fabio Fraticelli. Lo è per il rapporto di amicizia che mi lega a lui, rapporto nato negli anni in cui ha frequentato i contesti accademici - Fabio ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Economia Aziendale presso l'Università di Pisa sotto la supervisione del collega Enrico Cori, componente del Comitato di Direzione di questa rivista-, e lo è per il contenuto dell’esperienza che racconta. Fabio è Chief Operating Officer di TechSoup Italia, interessante realtà che lavora a supporto del mondo del non profit, come ci racconta meglio lui stesso.
Specializzato nei processi di trasformazione digitale nel settore non profit, Fabio è considerato come uno dei massimi esperti in materia. Ha lavorato con UNICEF, ActionAid, Fondazione Banco Alimentare, Assifero, AVSI e molte altre organizzazioni non profit. Oltre all’impegno manageriale, attualmente insegna Organizzazione delle aziende pubbliche e non profit presso l'Università Politecnica delle Marche, ed i suoi contributi appaiono regolarmente su Corriere della Sera, Il Sole 24 Ore e TEDx.
Cosa è e cosa fa TechSoup?
TechSoup è un programma fondato nel 1987 a San Francisco con lo scopo di supportare la trasformazione digitale delle organizzazioni non profit. Opera oggi attraverso una rete globale di 61 partner non profit che aiutano oltre 1,5 milioni di organizzazioni in 236 paesi nel mondo (in Italia oltre 22.000 organizzazioni sono già state accreditate a TechSoup).
In Italia, il progetto TechSoup è gestito da SocialTechno Impresa Sociale S.r.l., fondata nel 2014 da quattro imprenditori impegnati da anni nel campo della tecnologia e della società civile. SocialTechno ha la sua sede operativa a Milano in Cariplo Factory, l’hub dedicato all’innovazione creato da Fondazione Cariplo.
Coerentemente con questo contesto, la missione di TechSoup nel ns. paese è quella di accompagnare le organizzazioni non profit in un percorso consapevole di trasformazione digitale, una delle sfide più impegnative ed entusiasmanti che la nostra società sta attraversando, poiché costituisce un mezzo concreto attraverso il quale è possibile ridurre le disuguaglianze aumentando l’inclusione e potenziando intere comunità.
Quali sono gli ambiti di lavoro di TechSoup?
Accompagniamo gli operatori delle organizzazioni Non Profit nel proprio percorso di trasformazione digitale, allo scopo di far aumentare le loro competenze e conoscenze, lavorando su tre fronti principali.
Software Donation: ovvero la possibilità per le organizzazioni non profit di accedere ad un catalogo dei migliori software a condizioni fortemente agevolate o in totale donazione. Tale attività è resa possibile da un’ampia serie di partnership che abbiamo con i maggiori player dell’ICT mondiale (da Microsoft a Google, da Facebook ad Adobe e a tantissime altre aziende). Il nostro ruolo è quello di validare le organizzazioni richiedenti per conto di tali partner, verificando che effettivamente sussistano i requisiti di impatto sociale che sono necessari per accedere al programma.
Hardware Refurbishing: ovvero un catalogo di device (computer fissi e portatili, videoproiettori, stampanti, etc.) che vengono ricondizionati impiegando esclusivamente personale di refurbisher non profit. Tali device arrivano da organizzazioni profit che scelgono TechSoup come partner per le proprie iniziative di CSR e che destinano parte del proprio parco macchine al nostro programma di ricondizionamento.
Training & Consulting: ovvero la possibilità di accedere ad una miriade di iniziative (online ed in presenza) di formazione ed accompagnamento sui principali temi della trasformazione digitale per il terzo settore (con un focus particolare sull’impiego della tecnologia per il miglioramento dei processi, sulla business intelligence e sul knowledge management).
Quale strategia la guida?
Come già chiarito, il nostro obiettivo è potenziare l’impatto sociale delle organizzazioni non profit attraverso un uso consapevole e maturo della tecnologia e del digitale. Per questo, in questi anni ci siamo focalizzati nel creare le migliori condizioni affinché l’accesso alla tecnologia sia effettivamente possibile per le organizzazioni che entrano in contatto con TechSoup. Dal nostro punto di vista, tali condizioni si creano quando la trasformazione digitale avviene in modalità sostenibile (ovvero commisurata alle risorse dell’organizzazione richiedente) e sensata (ovvero oggettivamente capace di amplificare l’impatto dell’organizzazione stessa).
Ecco perché lavoriamo ogni giorno per erogare servizi di alta qualità a costi accessibili: la nostra specificità sta proprio nel cercare di sviluppare progetti tech-based ad alto impatto ma a condizioni più vantaggiose di quelle che mediamente si formano sul mercato, senza per questo rinunciare ad una redditività adeguata a garantire la sostenibilità della nostra impresa. La nostra specificità sta proprio nel trovare modelli organizzativi che consentano alle organizzazioni di accedere al meglio della tecnologia pur in condizioni di alta scarsità di risorse (es. impiegando personale volontario, oppure individuando partner pubblici o privati interessati a finanziare i progetti).
Quali benefici per il terzo settore?
Il primo beneficio è il fund-saving, ovvero la possibilità di liberare risorse che possono essere destinate alle attività chiave dell’organizzazione come effetto della riduzione dei costi per l’accesso alla tecnologia.
Solo nel 2020 abbiamo distribuito prodotti software il cui valore commerciale ha superato i 6 milioni di euro, ma che sono stati acquistati dalle organizzazioni non profit ad un decimo di tale importo.
Il fund-saving è inoltre un mezzo attraverso il quale è possibile investire in progetti di trasformazione digitale che in primo luogo ottimizzano i processi organizzativi, e che in secondo luogo consentono alle organizzazioni non profit di sperimentare nuovi modelli di business.
Un esempio di questa evoluzione è fornito dalle tante cooperative sociali che durante il lockdown imposto dalla pandemia sono riuscite - attraverso la collaborazione con TechSoup - a ripensare alle loro attività ad altissimo contenuto relazionale, come l’assistenza a distanza a persone disabili. Questi progetti “pilota” sono poi divenuti parte integrante dell’approccio di tali organizzazioni, che oggi possono esplorare nuovi orizzonti di lavoro e un impatto ancora più grande.
E tu? Come sei arrivato in TechSoup e di cosa ti occupi?
Galeotto fu un progetto di ricerca… Al tempo (nel 2016) lavoravo come ricercatore post-doc presso l’Università Politecnica delle Marche, e mi stavo già concentrando da diverso tempo sui processi di trasformazione digitale nel terzo settore. Il board di TechSoup ha notato alcuni miei lavori e mi ha proposto di estendere la ricerca. A quel punto ho iniziato a conoscere meglio questa fantastica realtà e a comprenderne di più il grande valore ed il potenziale. Così, quando nel 2019 il CEO mi ha proposto di ricoprire il ruolo di Direttore Operativo ho deciso di accettare.
Alla base della mia scelta ci sono stati due fattori fondamentali: innanzitutto la possibilità di trovare un equilibrio tra vita personale e lavorativa, raggiungendo una stabilità che mi consentiva di costruire l’altra grande impresa della mia vita, ovvero costruire una famiglia con Luisa, mia moglie. In secondo luogo la percezione di poter davvero sperimentare cose troppo spesso studiate solo sui libri, ma mai messe in pratica fino in fondo. Di fatto sentivo il desiderio di costruire una mia teoria dell’agire organizzativo, una grounded theory basata sull’esperienza concreta. Infine quel grande desiderio di “make a dent in the universe”, che mi sembrava potesse trovare maggiore espressione nella grande famiglia di TechSoup.
Da 3 anni il mio obiettivo è uno solo: costruire una cornice di senso all’interno della quale sia più semplice, per i miei colleghi, dare un contributo alla crescita di TechSoup. Questa cornice è fatta di una visione capace di orientare l’iniziativa dei singoli, di un modello organizzativo capace di scalare e di un’attenzione maniacale al miglioramento continuo dei processi.
La tua storia ti consente di usare lenti accademiche nel mestiere che stai facendo ora, quali in particolare?
La prima è il tentativo di trattare la realtà per quello che è, ovvero molto complessa e fluida.
Complessità significa, dal mio punto di vista, non completa determinatezza dei mezzi rispetto ai fini (non sempre raggiungo uno scopo esclusivamente per via di una “buona” strategia) e rilevanza di una certa componente emergente della quotidianità che deve necessariamente informare la strategia e più in generale il modello organizzativo.
Più vado avanti in questo ruolo, e più mi rendo conto di quanto gli anni spesi nell’accademia (facendo ricerca, insegnando, partecipando al dibattito della grande famiglia organizzativa italiana) siano stati determinanti nel sostenere lo sviluppo di una naturale attitudine a rinunciare a cliché organizzativi dettati dalle mode o poco problematizzati e, al contrario, ad affinare la conoscenza dei tratti salienti di un modello organizzativo, il nostro, che per definizione non può che essere unico.
Questo è un tratto che molto spesso, invece, non riscontro in chi fa consulenza direzionale.
Troppo spesso incontro manager o consulenti che cedono alla tentazione di “fare le cose semplici”, riducendo tale complessità e proponendo ricette e modelli “standard” la cui efficacia nello specifico contesto è tutta da dimostrare.
Per quanto a parole si riconosca l’unicità della nostra (e di tutte le altre) azienda, concretamente molto di rado si fa uno sforzo in più nell’adattamento di modelli generali allo specifico contesto (e questo è il motivo per il quale raramente i nostri consulenti sono riusciti a dirci qualcosa che non sapessimo già).
Gestire un’azienda come TechSoup mi ha reso evidente quanto sia improprio attingere sia alle best practices relative alle aziende che operano nel mercato ICT, sia ai criteri gestionali di una tipica non profit. Credo che con TechSoup abbiamo creato una categoria del tutto nuova che richiede l’ibridazione di vari approcci e lo sviluppo di un modello organizzativo inedito.
Puoi farci qualche esempio?
Sicuramente i processi chiave hanno delle peculiarità che in gran parte li distinguono da ciò che siamo abituati a leggere nei manuali o a insegnare in aula.
Innanzitutto perché l’azienda è suddivisa in quattro business unit - che corrispondono ai 4 ambiti citati prima e che hanno modalità di svolgimento piuttosto differenti fra loro. Alcune (software ed hardware) richiedono la massima efficienza nelle operazioni mentre altre (formazione ed accompagnamento) sono a più alto valore aggiunto e knowledge-intensive. È un po’ come dover armonizzare 4 diversi approcci all’interno di una unica organizzazione, che non può permettersi di adottare una forma divisionale.
In secondo luogo perché il tipo di clienti serviti (le organizzazioni non profit) sono quasi sempre prive di figure di riferimento con le quali sviluppare una strategia di trasformazione digitale. Per questo motivo spesso ci troviamo ad affiancare le organizzazioni nelle decisioni più critiche relative al proprio sviluppo (e questo richiede una grande capacità di comprendere a fondo la business logic del cliente), in condizioni di scarsità di risorse più stringente.
E con riferimento alla gestione del personale?
Specifici vincoli normativi all’utilizzo dei premi di produttività e all’incremento degli stipendi (in misura non superiore al 40% del minimo fissato dal CCNL) ci impongono di utilizzare leve non monetarie. Per questo ogni giorno ci sforziamo tantissimo di salvaguardare un clima organizzativo unico nel suo genere.
Fin dal principio, TechSoup si è caratterizzata per un reale empowerment delle persone, le cui mansioni vengono progressivamente rimodellate per raggiungere il migliore fit tra caratteristiche individuali, aspirazioni personali e bisogno aziendale.
Un aspetto al quale teniamo molto riguarda la concessione di reali margini di discrezionalità (e non soltanto di autonomia) alle persone con cui lavoriamo: vogliamo che giochino un ruolo attivo nel definire le strategie e non soltanto declinare le modalità attuative di piani definiti “altrove”.
Per le ragioni sopra indicate, abbiamo scelto di non adottare il MBO per la gestione del personale, ma piuttosto abbiamo adottato la metodologia OKR per orientare gli sforzi dei vari gruppi di lavoro. La lettura di “The only rule is no rule” (una descrizione della cultura di Netflix) ha fortemente influenzato l’implementazione di sistemi di feedback peer-to-peer sistematici semestrali.
Sul piano operativo, infine, facciamo un largo uso dell’agile project management nella gestione quotidiana del lavoro.
C’è un pensiero conclusivo che vuoi condividere?
Negli ultimi 2 anni ho già sperimentato la possibilità di collaborare con efficacia con alcuni amici e colleghi di diverse Università italiane. Insieme abbiamo dato vita a progetti di ricerca che hanno anche coinvolto alcuni studenti nella realizzazione delle loro tesi. Mi piacerebbe incrementare questo tipo di attività, rendendola se possibile anche più sistematica. In questo modo penso che potrò capitalizzare entrambe le mie esperienze professionali (quella accademica prima, e quella manageriale poi), creando quel tanto ricercato dialogo fra università e mondo del lavoro.
La nostra porta è aperta: vi andrebbe di conoscerci meglio?
May 2022