Innovazione strategica e operativa nella gestione dei Marina: l'esempio di Marina di Portisco

L'European Maritime Day 2016 è una iniziativa nata nel 2008 dalle volontà congiunte di Consiglio Europeo, Parlamento Europeo e Commissione Europea, al fine di consolidare la consapevolezza dei cittadini europei sull'importanza del mare come risorsa. L'edizione 2016 è stata celebrata anche a Cagliari con il convegno "L'economia del mare e il turismo costiero e marittimo: segmenti emergenti, prospettive e opportunità di crescita in Sardegna", organizzato dall'Associazione Alturego.
In tale occasione, abbiamo conosciuto il Capitano Vasco De Cet che, dal 2005, è Marina manager di una delle più prestigiose marine del Mediterraneo, quella di Portisco in Costa Smeralda.
Vasco De Cet è nato a Roma nel 1965 e si definisce un Marinaio. Diplomato Capitano, è stato Ufficiale della Marina Militare, skipper di barche e comandante di navi da diporto, capo-base di una delle prime compagnie italiane di locazione di unità da diporto, yacht agent, consulente di organizzazione per imprese private e pubblica amministrazione e formatore tecnico-professionale.
A lui abbiamo chiesto di affrontare alcuni nodi del turismo nautico internazionale e della gestione della portualità turistica italiana.
Come valuta la situazione attuale e le prospettive di sviluppo del turismo nautico in Italia?
La crisi degli ultimi anni ha accelerato la mutazione già in atto nelle abitudini di consumo ed acquisto dei diportisti, sempre più sensibili al rapporto qualità/prezzo. Ci si accontenta sempre meno del solo "bel mare" – che resta, però, un fattore primario della scelta – ma si seleziona sempre più l'approdo in base allo standard dei servizi.
Come risponde la portualità turistica italiana alle sfide della concorrenza internazionale?
Ancora timidamente, nonostante che, dal 2015, grazie alla equiparazione dei porti turistici alle strutture ricettive all'aria aperta (campeggi) sia possibile applicare l'IVA al 10% agli ormeggi che durano meno di un anno (anziché al 22%, com'era sino al 2014), agevolando concretamente la competitività dei nostri approdi e l'appetibilità dell'accosto in Italia per la clientela internazionale.
L'approccio più diffuso è ancora quello adeguato al modello di sviluppo turistico della seconda metà del XX secolo. L'impostazione dell'impresa portuale soffre ancora della centralità della "costruzione del porto" e della susseguente cessione dei D.O.L.T. (Diritti di Ormeggio a Lungo Termine). La prospettiva turistica è ancora troppo marginale. Spesso le società temono il turn-over di clientela anziché agirlo con modernità, considerandolo un fattore di crescita economica, stabilità finanziaria e riduzione del rischio imprenditoriale.
Le imprese che si attrezzano per intercettare i radi e timidi segnali di ripresa, sviluppando modelli di gestione efficienti e percependo il proprio orizzonte competitivo su scala mediterranea e non locale, però, hanno grandi opportunità.
Ci può dire come si colloca Marina di Portisco in questo contesto e raccontarci perché sta diventando un caso di successo?
Per i nostri 589 posti barca, di cui 21 per yachts da 35 ad oltre 90 metri di lunghezza, dal 2013 abbiamo un diverso sistema di pricing giornaliero per l'ormeggio; è simile a quello utilizzato dai vettori aerei low-cost, dagli hotel, dalle flotte di rent-a-car e dalle compagnie armatrici di navi da crociera. E' basato su un algoritmo che correla il prezzo basato sul costo-industriale/mq della porzione di specchio acqueo portuale produttivo (quello destinato all'ormeggio effettivo) con l'intenzione di guadagno "socialmente ponderata", cioè rapportata alla capacità di spesa dei clienti desunta in base alla dimensione della loro barca. L'algoritmo, poi, rettifica il prezzo per compensare l'invenduto col venduto, allo scopo di miscelare al meglio e costantemente l'equilibrio tra costi e ricavi con la competitività. Il prezzo varia anche in base al rapporto domanda/offerta di ormeggi.
Ad una soglia di occupazione predeterminata, il prezzo dell'ormeggio torna ad essere il "primo prezzo" (last minute).
Questo modello è strutturalmente incrementale e dinamico, contrariamente a quello classico, basato su un listino rigido, predeterminato ed associato a sconti promozionali.
E' possibile prenotare e pagare l'ormeggio on-line. Dopo soli due anni, oltre il 15% delle prenotazioni arriva ormai direttamente dal web. Le formule di ormeggio stagionali (quasi-annuali, wet&dry, invernali ed estive lunghe e brevi), settimanali, week-end e open sono vantaggiose perché collegate e dipendenti dal pricing giornaliero.
Il "programma fedeltà" consente ai clienti di accedere gratuitamente o a prezzi agevolati ai servizi di incoming turistico (voli, passaggi in traghetto, transfer, pernottamenti in hotel, ristorazione, ecc.), agli acquisti presso esercizi locali convenzionati ed alla assistenza tecnica in base ad un punteggio proporzionato alla spesa in porto.
Offriamo il check-in/out in banchina, i servizi ambientali (ritiro rifiuti e pump-out direttamente a bordo, gestioni di rifiuti speciali e pericolosi, pulizia dello specchio acqueo, ecc.), ogni tipo di assistenza subacquea alle barche ormeggiate, assistenze speciali in mare in caso di avaria, il rifornimento di carburante anche senza accise, un cantiere nautico.
Tutto il personale (compreso quello in banchina) è in grado di comunicare in inglese con la clientela, ormai internazionale per oltre il 55%.
Associato ad una energica azione di comunicazione (indicizzazione del portale sui motori di ricerca, pubblicità diretta ed indiretta su web magazine italiani e stranieri, fiere internazionali), il nuovo modello di business ha prodotto l'aumento medio annuo di ricavi e presenze di circa il 15% dal 2014, con prezzo medio dell'ormeggio più basso di ca. il 30%. In particolare abbiamo molta nuova clientela, armatrice anche di unità lunghe tra 8 e 20 metri.
La chiave del successo di Portisco è stata quindi, innanzitutto, la mutazione culturale che ci siamo imposti; abbiamo smesso di consideraci portuali ingentiliti dall'utenza diportistica, per assumere l'identità di albergatori… un po' impolverati dalla salsedine per non perdere identità marittima: operatori dell'accoglienza turistico-nautica, quindi.
Crede che un approccio maggiormente sistemico tra i porti italiani potrebbe rappresentare uno strumento per riacquistare competitività come sistema-Paese in questo contesto?
Le reti di porti, sul modello inglese, croato o turco, sono senz'altro interessanti, ma l'Italia è in ritardo. Un approccio più sistemico ed una percezione politica meno afflitta da pregiudizi e/o scarsa conoscenza del segmento industriale potrebbero aprire la via ad una moderna declinazione italiana della portualità turistica.
Il presupposto dev'essere, però, l'identificabilità di standard del prodotto offerto in un quadro nazionale sinergico e competitivo allo stesso tempo. Il cliente dovrebbe percepire interlocutori diversi ma non dissimili ed una gamma omogenea di standard di servizio, professionali e non approssimativi.
L'eccessivo individualismo di molti porti italiani penalizza le potenzialità delle "catene" di Marina. Qualche esperienza significativa in quest'ambito va affermandosi positivamente anche da noi, ma è il sistema nel suo complesso che sconta un ritardo ed un residuo "provincialismo", in un mercato ormai internazionalizzato.
Creare sinergie tra porti è redditizio se il profilo identitario condiviso è marcato. La "catena" ha un'efficacia economicamente significativa se unifica il modello gestionale dei Marina, come le catene per gli alberghi.
Le "reti" sono un'altra cosa.
Oltre alle economie di scala ed alla sinergia commerciale tra porti, diventano davvero efficaci solo se istituiscono relazioni produttive tra aziende della filiera turistico-nautica diverse tra loro (cantieri di produzione, cantieri di rimessaggio e refitting, bareboat e charter companies, agenzie di servizi, yacht management e mediazione, suppliers di carburanti, attrezzature e servizi ambientali – rifiuti liquidi, solidi e speciali –, finanza, trasporti, incoming, servizi al turista, sicurezza, ecc.) accrescendo la massa critica con la quale ciascuna compete sul suo mercato.
A livello di approccio gestionale e di marketing nei porti turistici, quali sono a suo modo di vedere gli ambiti di innovazione che potrebbero maggiormente aiutare gli scali italiani?
E' necessaria anzitutto modernizzazione culturale di imprenditori e lavoratori. E' necessario traghettare i Marina dal mondo della portualità verso quello della ricettività turistica, innovare radicalmente le policies di prezzo e non necessariamente praticare sconti. Lo sconto è un boomerang, perché dice al cliente – lì per lì tutto contento per averlo ottenuto – che in realtà il primo prezzo propostogli era più alto di quello che era possibile praticare sin dall'inizio: non è una buona immagine!
Bisogna migliorare il posizionamento dei porti estendendone l'orizzonte competitivo su scala internazionale, accrescere il portafoglio di prodotti offerti al diportista, investire in qualità, formazione e quindi professionalità e sicurezza.
I nostri porti sono troppo spesso "parcheggi" o mete stagionali.
Lancio una provocazione: il diportista che investe ingenti somme per comprarsi la barca e ne spende di cospicue per mantenerla ed usarla solo una manciata di giorni all'anno vuole navigare, godersi le rade, veleggiare o correre sulle onde, fare regate, impiegare in mare il tempo libero, ecc.; vorrà uscire in mare ogni volta che può, per dare un senso al suo investimento. E' per questo che il Marina non riesce ad essere un "serbatoio di clientela" esaustivo per il territorio retrostante, che può aspettarsi da esso solo un marginale, anche se non residuale contributo se non propone autonomamente un'offerta turistica attrattiva, di qualità, varia e densa. Il Marina, invece, riesce ad alimentare il suo retroterra se può avvantaggiarsi della ricchezza e varietà dell'offerta dei territori, perché è un formidabile moltiplicatore economico per le altre imprese della filiera e del settore.
E' indispensabile, last but not least, sfruttare tutte le enormi opportunità offerte dal web, i costi delle quali, in rapporto alla porzione di mercato contattabile e captabile, sono risibili.
Da questo punto di vista, ci sono esperienze di Marina di Portisco che secondo lei potrebbero avere valenza di best practice a livello nazionale?
Senz'altro il modello di pricing. Poi l'integrazione produttiva con numerose imprese del territorio, del sistema turistico e dei trasporti, attraverso il nostro programma di fidelizzazione; la varietà dell'offerta di servizi al diportista; la policy di comunicazione commerciale, intercettazione dei flussi e captazione della domanda che scommette decisamente sul web; l'orizzonte competitivo; l'assillo per lo standard di accoglienza, per la sicurezza (safety e security) e per l'ambiente.
Il ricorso alla banca-ore per gestire il tempo di lavoro in un quadro di stabilità occupazionale riduce la necessità di ingaggi stagionali meno professionalizzati, quindi negativamente incidenti sulla qualità e, pertanto, sulla competitività; la formazione, sensata solo sul personale stabilizzato, si riverbera positivamente sulla qualità e quindi sulla competitività, accrescendo, tra l'altro, l'autonomia dell'impresa; gli investimenti in sicurezza – safety e security – ed in up-grade dell'azienda, in questo contesto storico-economico, sono più profittevoli, perché il sistema delle imprese fornitrici è più selezionato e più incline alla competitività; le relazioni produttive con altre imprese determinano un "effetto-rete" oggettivo e destrutturato, ma non per questo meno positivo.
Si tratta di acquisire una più matura consapevolezza della trasformazione "genetica" del mercato turistico ed in esso di quello nautico, scaturita dalla crisi economica e dalla globalizzazione, dalla potenzialità dei mercati emergenti e dalle mutazioni strutturali nelle abitudini di consumo e acquisto dei diportisti. In fondo basta adeguarsi ad essa. Il resto viene da sé e genera spontaneamente "le buone pratiche".
Churchill sosteneva che "il pessimista vede il pericolo in ogni opportunità; l'ottimista vede l'opportunità in ogni pericolo". Lui, con questo spirito, vinse la Battaglia d'Inghilterra; noi, più modestamente, possiamo tener testa alla crisi trasformandola in opportunità per diventare così più competitivi.
Luglio 2016