Innovazione e imprenditorialità, un binomio vincente

La società, fondata nel 1976 da Pierino Persico come modelleria del legno, ha conosciuto un importante percorso di crescita estendendo la propria attività alla produzione di stampi in alluminio ed acciaio per i rivestimenti interni, gli isolamenti acustici e termici delle vetture e dei veicoli industriali mediante l'Automotive Division e con la costruzione di stampi rotazionali in alluminio mediante la Rotational Division, acquisendo in entrambi i settori una posizione di leadership.
Nel corso degli anni un crescente sviluppo nell'ottica del servizio completo da fornire al cliente ha portato alla nascita dell'Engineering Division, con l'obiettivo di creare automazioni complete, inizialmente per soddisfare il settore automobilistico, estesa poi anche al settore dello stampaggio rotazionale. La Nautical Division nasce infine con la stessa filosofia del servizio completo ed è in grado di affiancare, seguire e realizzare progetti del settore nautico, partendo dal design fino alla realizzazione del prototipo.
La Persico S.p.A. ha i propri stabilimenti nella zona industriale di Nembro (Bergamo) su una superficie di circa 24.000 mq; attualmente occupa circa 200 dipendenti, si avvale di molte collaborazione esterne, creando opportunità di lavoro ed un importante indotto per tutto il territorio.
Quali sono stati i fattori scatenanti che l’hanno indotta a diventare imprenditore e che hanno portato alla costituzione della società?
Il DNA non è quello di una famiglia di imprenditori, i nonni facevano i contadini, mio padre ha lavorato in fonderia. L'inizio della storia si può collocare quando a 14 anni iniziai a lavorare come modellista meccanico, frequentando contemporaneamente le scuole serali. A quell'epoca, inizio anni '60, uno bravo a fare il modellista era sicuro di "avere il pane in vita" perché fino all'avvento delle "stregonerie" del CAD/CAM (inizio anni '90) qualsiasi oggetto aveva bisogno, prima di essere costruito, di un modello. Avevo sempre in testa che volevo imparare, qualcosa di nuovo da imparare è il denominatore comune della mia attività.
Avevo in testa un ideale, una meta, come tanti miei compagni. Il nostro sogno era quello di diventare bravi operai, volevamo diventare dei validi tornitori e fresatori. Essere l'operaio specializzato più bravo dell'officina. E il lavoro in officina era ben più ambito da noi ragazzi rispetto al muratore, al falegname, all'idraulico. Ci sembrava più importante, più prestigioso. Ho avuto la fortuna di incontrare un professore che mi ha fatto innamorare dell'officina. Mi appassionai. Del resto, sono fatto così, mi appassiono alle cose che faccio. Come si può investire sul proprio futuro se non si ha, nel profondo dell'essere, un sogno proprio e non qualcosa instillato da altre persone, una passione da concretizzare e fiducia nel futuro?
Inseguendo sempre cose nuove da imparare, per quasi 15 anni operai sotto padrone; fino al 1976 quando a poco meno di trent'anni fondai l'impresa Modelleria di Persico supportato da mia moglie. Io ero sempre al bancone a fare modelli e mia moglie faceva tutto il resto, dai conti alle consegne. La sede era una scantinato dell'Acerbis di Albino e le prime produzione erano costituite da stampi destinati alle fonderie.
Nel 1979 alla chiusura di una modelleria a Colognola di 30 dipendenti, grazie al supporto finanziario della mia famiglia, ne rilevammo i materiali e i migliori dipendenti. Con le nuove dimensioni e l'ingresso sul mercato dell'automotive l'azienda, che nel frattempo aveva lasciato lo scantinato per un primo stabilimento ad Albino, necessitava di maggiori spazi. C'era un'area interessante ad Albino, ma c'erano intoppi burocratici, allora ci siamo spostati a Nembro, nei locali della Cartiera Pesenti, chiusa anni prima.
L'innovazione appare una delle parole chiave del successo dell'azienda. Come è riuscito a portarla in un settore tutto sommato tradizionale quale quello delle modellerie? Quali resistenze e difficoltà ha dovuto affrontare?
Il grande cambiamento è avvenuto alla fine degli anni '80; fino ad allora, anche la mia azienda era, tutto sommato, una modelleria di tipo tradizionale. Mi ero messo in proprio, eravamo cresciuti, ma, in fondo, non c'era grande differenza con il modo di lavorare degli anni '60. A proposito, credo che poche persone fuori dal nostro mondo si rendessero conto che un'automobile veniva realizzata prima di tutto a mano. I modelli in legno riguardavano ogni singolo oggetto, dal volante allo specchietto retrovisore passando per le portiere, le maniglie, i pedali dei freni e i motori... Tutto veniva creato in legno e da quel modello, fatto incollando pezzetto per pezzetto, si realizzavano, poi, gli stampi in acciaio che rendevano possibile la produzione in serie. Il designer ci passava i disegni e noi modellisti li trasformavamo in modelli. Un bravo modellista garantiva una precisione di un decimo di millimetro.
Il grande cambiamento è la conversione decisa e massiccia "alle stregonerie" del CAD/CAM ed agli altri strumenti informatici. Era il 1989, i miei clienti italiani mi dicevano che ero matto, che l'investimento in computer più macchine collegate era altissimo, che non valeva la pena. Ma io mi rendevo conto che quella era la nuova frontiera. Anche la FIAT non lavorava in questa direzione, ancora si accontentava della modelleria a mano. Ma io sapevo che aziende automobilistiche tedesche andavano avanti, eccome. Non volevo restare indietro.
Ho visto modellisti bravissimi, veri maestri, i modellisti "coi baffi", che guardavano con sufficienza l'innovazione venire scavalcati, restare indietro, perdersi. Io ho cercato di cavalcare il cambiamento, qualche volta anche di anticiparlo. Vede a che cosa porta il progresso? Ma già si intuiva la portata dell'innovazione, l'introduzione del computer abbinato alla fresa riusciva a garantire una precisione al centesimo di millimetro. Tedeschi e giapponesi già si stavano muovendo in questa direzione. Non è stato sempre facile, per niente, ma per ora è andata bene.
Con l'avvento delle "stregonerie informatiche", fare il modello è diventato facile, il mondo dei "modellisti" sembrava finito. Anche lo stampo è diventato stretto, con le tecnologie attuali (internet, CAD/CAM, …) è facile realizzarlo in Cina e con quei costi di manodopera non si può competere. Il nostro futuro è diventare un'impresa tecnologica: non vendere prodotti, ma vendere tecnologia. Prima di mettermi in proprio ho lavorato in cinque aziende: hanno tutte chiuso. Pensavano di avere le capacità, ma non hanno investito in uomini. E si può anche essere una bella azienda che funziona bene, ma se ci si ferma, si viene raggiunti e superati.
Sono un gran curioso, l'innovazione non te la viene a chiedere il cliente. Da sempre siamo alla ricerca di cose più complesse. Bisogna sempre anticipare, dare di più al cliente, eliminando i suoi problemi.
I cambiamenti che inevitabilmente hanno interessato il mondo del lavoro, con l'avvento di tecnologie sempre più innovative, li abbiamo sempre affrontati nell'ottica di poter sviluppare un progetto completo, partendo cioè dalla materia prima fino al prodotto finito. Se ci fossimo fermati alla tecnologia degli anni '80 oggi avremmo già chiuso l'azienda. L'aver fatto fronte ad un mercato sempre più complesso ed esigente come quello di oggi, proponendo progetti di engineering e non solo stampi, ci ha invece consentito di diventare una realtà altamente competitiva.
La nostra azienda si muove in questa direzione. Basti pensare ai cambiamenti che ha subito nel corso del tempo: da realtà manuale quale eravamo, oggi più del cinquanta per cento si concentra sulla parte tecnica con l’impiego di alte professionalità. Dal 2007 la Persico ha creato l'area Research & Development capace di soddisfare in maniera trasversale ogni sua divisione con innovazioni tecnologiche utilizzate per migliorare i propri prodotti, crearne di nuovi, o migliorare i processi di produzione.
L'azienda ha conosciuto un importante percorso di crescita con un forte orientamento all'estero. Quali sono i caratteri specifici della strategia di internazionalizzazione perseguita?
La Persico, da piccola azienda bergamasca è riuscita ad affermarsi sul territorio nazionale e a portare i suoi prodotti innovativi un po' in tutto il mondo: dalla Finlandia all'Australia, dalla Turchia alla Russia, con una percentuale vicina al settanta per cento del fatturato complessivo in export.
Tale strategia si basa, in maniera crescente, su processi di acquisizione, volti da una parte all’ingresso su mercati geograficamente lontani (vedi USA) e nei quali non è possibile operare senza una presenza stabile in loco. D'altra parte questa strategia è volta a soddisfare il fabbisogno tecnologico aziendale rimanendo costantemente allineati sulla frontiera tecnologica. A quest'ultima finalità sono riconducibili l'acquisizione di un importante partecipazione della Future Fibres, un'azienda spagnola specializzata in composit rigging per imbarcazioni da regata e per superyacht, insieme alla quale è stata costituita la joint-venture Future Spars con sede a Valencia, azienda specializzata nella produzione di alberi in carbonio per barche da regata.
Emblematico dell'orientamento internazionale della Persico è il caso degli Stati Uniti, da dove è stata importata una ventina di anni fa un'importante licenza know how all'epoca inesistente in Europa, e dove sulla base dei rapporti pregressi la società ha intenzione di esportare le sue macchine e di costituire una controllata nell'Ohio.
Gli Stati Uniti hanno particolare rilevanza relativamente ai comparti rotational e auto motive. Con riferimento al primo la società ha recentemente siglato (2009) un accordo di partnership con la società statunitense Ferry Industries Inc. specializzata nella costruzione di impianti rotazionali tradizionali al fine di insediarsi in USA per introdurre una tipologia di stampi e impianti attualmente non presenti sul mercato USA. Avviare un'attività in partnership con l’America permetterà infatti di mantenere il know how italiano e di produrre negli Stati Uniti, in modo tale da poter offrire risposte più immediate alle esigenze del consumatore straniero. Infine la Persico ha siglato negli USA un accordo di collaborazione anche con riferimento al comparto automotive, per essere maggiormente efficace nei confronti della clientela statunitense. Si tratta della CS Tool Egineering Inc, un'azienda specializzata nella progettazione e costruzione di stampi a iniezione per materie plastiche.
In azienda sono attivamente coinvolti tre dei suoi figli. Il loro approccio imprenditoriale si pone in continuità con il suo?
Un'azienda che ha intenzione di crescere e di svilupparsi ulteriormente ha bisogno della spinta di nuove competenze e professionalità. Credo molto nel ricambio generazionale in atto e nella ventata di novità che giovani validi possono portare all’interno di una realtà lavorativa quale è la Persico. Per quanto riguarda i miei figli, sono entrati in azienda gradualmente ed hanno imparato a conoscerne ed amarne i vari aspetti. Nonostante la giovane età, la loro mentalità è tendenzialmente più razionale della mia e il loro approccio al business più prudente. Guardano forse con un mix di affetto e sospetto alcune iniziative del loro "vulcanico" padre, sempre in giro per i capannoni a toccare con mano il lavoro o in giro per il mondo a cogliere idee e sfide in tutto ciò che vede. Tuttavia sono sempre pronti a riconoscere la bontà di certi comportamenti o di certe decisioni, sia per fiducia sia per esperienza. Quale che sarà il loro stile di conduzione dell’azienda in futuro, credo di essere comunque riuscito a trasmettere loro i valori che mi spingono e che dovrebbero essere alla base di qualsiasi attività: la dedizione all'azienda e alle persone che vi lavorano, la curiosità, l'umiltà, il perseguimento di obiettivi sempre nuovi e stimolanti. Senza tutto questo anche le migliori competenze tecniche non sono una garanzia di successo e anche il lavoro più interessante rischia diventare noioso.
Ha menzionato l'umiltà. A questo proposito, la vostra azienda può essere sicuramente definita un'azienda familiare ma non per questo autoreferenziale. Come è possibile gestire un importante e delicato passaggio generazionale mantenendo un forte spirito di apertura e di autocritica?
Vi faccio un paio di esempi. C'è stato un periodo in cui non sapevamo fare bene le fusioni di alluminio. Nonostante le perplessità dei miei figli, ho deciso di farle fare ad un nostro concorrente, ho spiegato loro che nell'immediato questo non era nel nostro interesse, ma che avrebbe prodotto dei risultati nel lungo termine. E in effetti così è stato, i nostri uomini hanno sentito la sfida e il problema è stato superato.
Un'altra situazione: recentemente ho affidato un incarico di consulenza al nostro principale concorrente tedesco – la cui azienda era appena stata assorbita da una multinazionale. Questa persona ha accettato l’incarico e ha proposto un processo di totale riorganizzazione dell'azienda. Ci mette in crisi, ma ci fidiamo del suo parere di esperto e della sua professionalità e seguiamo la via che lui ci indica sicuri che il cambiamento sarà salutare.
Quando le capacità e le risorse interne sono carenti, è normale andare a cercarle all'esterno, per evitare, appunto, ogni rischio di autoreferenzialità e di immobilismo. D'altra parte non bisogna nemmeno cadere nel difetto opposto e avere timori o peccare di eccessiva umiltà.
Vi faccio un altro esempio. Nel 1984 sono andato negli Stati Uniti con l'idea di acquisire la licenza per il sistema rotazionale. Vedendo gli stampi che Acerbis comprava da un'azienda americana che utilizzava questa tecnologia, mi sono reso conto che il livello qualitativo non aveva uguali in Italia. L'idea di essere il primo ad importarla in Europa mi entusiasmava. Quel viaggio ha avuto come risultato il contratto di licenza con la Kelch. Dopo qualche anno però, mi sono reso conto che la loro tecnologia cominciava ad invecchiare e che sembravano non fare niente per migliorarla. Alle mie lamentele hanno risposto di essere fermamente convinti che il loro prodotto andasse bene così com'era e pertanto non andasse modificato. Risultato, ho chiuso il contratto. Noi ormai avevamo imparato e la nostra voglia di migliorare e di crescere era più forte della loro, potevamo camminare da soli.
La Persico ha nel tempo aumentato la percentuale dei propri dipendenti con formazione universitaria. Quali sono le caratteristiche più importanti che a suo parere deve possedere un giovane laureato oggi?
La competenza, certo, ma unita a spirito di sacrificio e entusiasmo. Questo lavoro è una battaglia continua se si vuole stare a galla, e purtroppo mi pare che ci manchi l’esercito con la mentalità giusta.
Nel nostro lavoro occorrono periti ed ingegneri meccanici che abbiano passione, che non si spaventino se c’è da sudare, che desiderino costruire qualcosa. Ma se ne trovano sempre di meno, vogliono fare tutti il dirigente il giorno dopo. In officina non ci vuole andare più nessuno, chi ci va è considerato uno "mezzo fallito" dai suoi coetanei. Cerchiamo talenti con voglia di sudare, in azienda è come andare in montagna, per prendersi delle belle soddisfazioni bisogna sudare e saper soffrire.
E poi l'entusiasmo, per il lavoro, per le novità, per il gruppo. Forse è utopia pensare che duecento dipendenti possano avere tutti il mio entusiasmo per il lavoro. Io sono sempre dell'idea che si debba soffrire oppure fare festa tutti insieme. Tutti. E mi arrabbio quando vedo che qualcuno coltiva soltanto il suo orticello e svolge solo il suo compitino.
Noi cerchiamo di seguire i giovani che vengono in stage, ma non è facile trovare il tempo e il modo di "coltivarli" adeguatamente. In questo posso fare un po' di autocritica, forse su questo punto potremmo fare di più. Ma per il resto è la mentalità dei giovani che deve cambiare.
Nel futuro avremo sempre meno bisogno di braccia e sempre più di testa, di capacità intellettuali, intuitive. L'operaio che schiaccia il bottone sparirà. Bisognerà essere più creativi per stare a galla perché le lavorazioni semplici andranno tutte verso i Paesi meno sviluppati. Dal punto di vista del lavoro, la partecipazione e il coinvolgimento dei lavoratori saranno sempre più importanti.
Io penso che ciascun operaio e tecnico nel futuro dovrà avere grande preparazione, essere disposto a mettersi in discussione, ad aggiornarsi, e che dovrà essere nel contempo molto motivato. Credo molto nella partecipazione, nel coinvolgimento anche emotivo di ciascun lavoratore. Il lavoratore deve abbandonare definitivamente la mentalità del cartellino timbrato allo scadere del turno, i responsabili dell'azienda, d'altra parte non devono mai perdere di vista l'aspetto umano, l'importanza del riconoscere alle persone i proprio meriti, devono essere esigenti prima con se stessi e poi con gli altri.
Sapete perché la nostra macchina per lo stampaggio rotazionale completamente automatizzata si chiama Leonardo? Perché mentre stavamo chiudendo il progetto il giovane ingegnere responsabile è diventato papà di un bambino, Leonardo.
Ottobre 2011