Il modello associativo nell’esperienza di coworking: il caso Lab121

A diversi anni dalla sua nascita, il fenomeno del coworking continua a diffondersi, in Italia e all’estero. “Lab121” è una delle più significative realtà di coworking presenti sul territorio nazionale. Nasce nel 2010 ad Alessandria e, con oltre 700 soci, è uno dei primi laboratori di coworking a condividere un modello associativo. Abbiamo avuto modo di intervistare Mico Rao, cofondatore di “Lab121”, del quale è stato presidente e membro del Comitato Direttivo per diversi anni. Partecipa attualmente alle attività di gestione e amministrazione del coworking ed è fondatore di una società di nome “Proteina”, operante nel settore della consulenza a privati e pubbliche amministrazione in ambito di sharing economy.
Gli abbiamo chiesto di illustrarci gli aspetti che caratterizzano questa iniziativa nel quadro delle esperienze di coworking.
Può raccontarci in primo luogo in cosa consiste il modello del coworking e quali sono le specificità di Lab 121 rispetto ai modelli correnti di coworking?
Il coworking offre l’opportunità di condividere spazi professionali per chi svolge lavori intellettuali o ha necessità principalmente del proprio computer per lavorare, e si sostanzia in uno spazio di lavoro comune nel quale sono favorite la relazione tra le persone e la potenziale nascita di collaborazioni.
In questo contesto i professionisti sono supportati con un insieme di servizi: dagli spazi dedicati o in condivisione, agli strumenti d’ufficio (connettività, stampanti, accessori per lavorare, ecc.) fino ad aree relax o luoghi dedicati alla formazione piuttosto che al networking.
Il modello negli Stati Uniti nasce come idea di condivisione dei costi e anche in Italia è arrivato come soluzione utile per far fronte ai problemi determinati dalla crisi.
Pur essendo la condivisione dei costi una caratteristica assai importante del coworking, non è certo l’unico beneficio che caratterizza questo nuovo modello di lavoro.
La possibilità di condividere informazioni e conoscenza, di potersi contaminare con competenze importanti per la propria attività, di poter trovare supporto per le proprie idee costituiscono aspetti rilevanti che connotano un coworking.
Dunque, il coworking è potenzialmente utile per professionisti con poca esperienza, nuovi imprenditori o persone in cerca di occupazione.
Per chi ha intenzione di avviare un’attività di impresa la possibilità di essere circondati ad esempio da avvocati, commercialisti, piuttosto che di tecnici di altra natura come ad esempio esperti di comunicazione, ecc. può rivelarsi estremamente utile per avviare e consolidare un’attività imprenditoriale.
Anche chi ha già un’importante esperienza professionale può utilizzare il contesto relazionale e le conoscenze disponili in un coworking per reinventarsi, rimettersi in discussione o lavorare assieme ad altri professionisti e ampliare i confini del proprio lavoro.
Infine, per coloro che cercano lavoro la relazione che si viene a creare con le altre persone si traduce in una disponibilità di informazioni e di competenze che possono diventare preziose.
L’esperienza insegna che un clima informale o comunque un luogo di condivisione permette di stabilire relazioni personali, prima ancora che professionali, e nel momento in cui ci si confronta con persone pronte ad appoggiare, a dare fiducia e a sostenere permette di compiere scelte non solo più consapevoli, ma anche più coraggiose.
“Lab121” si è costituita nel 2010 attraverso l’iniziativa di 5 soci fondatori. Nasce come associazione di promozione sociale (siamo un’organizzazione no-profit) e si sviluppa con l’intenzione di valorizzare e sostenere le persone e il territorio in termini di formazione, di network e conoscenza di altri professionisti: un luogo dove lavorare, uno strumento per accelerare le proprie attività.
Mettiamo a disposizione un open-space con 14 postazioni, una sala riunioni, una piccola cucina e un ufficio chiuso per 4 persone. Da quest’anno abbiamo in gestione il FabLab di Alessandria, realizzato all'interno di “Porto Idee", un community center", ovvero uno spazio di condivisione reso pubblico e gestito da organizzazioni private del terzo e del quarto settore che è dedicato alla manualità Ci sono una falegnameria, una sartoria, un laboratorio di elettronica, uno spazio attrezzato con stampanti 3d e altro ancora.
Da quando ci siamo costituiti abbiamo organizzato oltre 200 eventi, oltre 100 corsi di formazione, abbiamo istituito una rete territoriale notevole con organizzazioni del terzo e del quarto settore, cooperative, associazioni, attori ed esponenti del mondo industriale.
Ad oggi gli associati sono arrivati ad essere complessivamente 700, molti dei quali rinnovano annualmente. La media di età è di 40 anni e sono rappresentati diversi ambiti di attività: dallo studente, al libero professionista, al tecnico intellettuale, fino ad arrivare all’imprenditore o al manager della multinazionale. Tutte persone che nel coworking trovano risposte alle loro esigenze e che mettono a disposizione il loro know-how e la loro disponibilità. Questo è una caratteristica molto importante di Lab121, che non ha bisogno di avere dipendenti ma valorizza concetto di baratto: molti soci mettono a disposizione il proprio tempo per gestire le diverse attività formative, di amministrazione e di gestione, ricevendo in cambio la possibilità di usufruire di servizi quali la partecipazione a corsi di formazione, l’uso delle postazioni, ecc. Da 6 anni in questo modo siamo sostenibili, abbracciando uno spirito mutualistico, di autosostegno.
Su quali aspetti avete dovuto lavorare di più? Quali sono i vostri punti di forza?
Gli aspetti sui quali abbiamo preferito impegnarci in misura maggiore sono legati alla creazione della community. Infatti, ci siamo costituiti a dicembre 2010 e lo spazio di coworking lo abbiamo inaugurato a dicembre 2011. A quel punto avevamo già consolidato una rete di 300 associati che hanno offerto indicazioni preziose per lo sviluppo del coworking.
Anche la partecipazione è stata fondamentale. Sono stati accolti e valorizzati i bisogni e le indicazioni progettuali che gli associati hanno condiviso con noi. Il coworking riflette oggi quello che è stato il contributo di tutte queste persone.
Infine è indispensabile creare un clima attivo e vivace, in cui siano chiari i valori di condivisione e di collaborazione che ispirano e mantengono vivo un luogo alimentato da relazioni personali e professionali.
In che modo il tessuto socio-economico può favorire la nascita del coworking e quale può essere il ruolo di un coworking all’interno del modello di città e di economia in profonda evoluzione?
Sicuramente la sensibilità politica ha un ruolo importante. Ci sono territori che mettono a disposizione spazi pubblici per accogliere queste iniziative, come è stato nel nostro caso. Ci sono comuni come Milano e altri presenti in Toscana nei quali sono offerti dei veri e propri incentivi ai coworkers.
I coworking a loro volta possono svolgere un ruolo importante per il territorio.
Ad esempio noi nel 2012 abbiamo dato vita ad un progetto di nome “River Garden” di riqualificazione sociale di una corte di pertinenza pubblica, una piazza cittadina che versava in una condizione di degrado. Da subito abbiamo coinvolto l’Istituto Europeo di Design (IED) – sede di Roma – e un gruppo di studenti ha lavorato a delle soluzioni progettuali che sono state successivamente sottoposte e condivise con la cittadinanza. Abbiamo raccolto alcuni fondi, sia attraverso il sostegno di fondazioni, sia con delle azioni di crowfunding civico che ci stanno consentendo proprio in questi giorni di fare importanti lavori di riqualificazione.
Terminati i lavori l’area abbellita verrà regalata alla municipalità.
Insomma, per la vocazione associativa e di sostegno alla comunità, ci siamo sempre prodigati per avere un forte impatto sul territorio. Abbiamo cercato di fare rete con le altre organizzazioni del territorio. Si tratta di una rete spontanea che coinvolge associazioni e cooperative che si occupano di cultura, innovazione sociale, accoglienza e lavoro, con le quali collaboriamo anche partecipando a bandi pubblici e privati.
Come si evolverà il coworking e quali sono le prospettive di Lab121 rispetto alle tendenze evolutive generali del fenomeno?
Secondo me sono ci sono tre possibili filoni attraverso i quali il fenomeno del coworking si svilupperà.
Il primo riguarda le possibili sinergie con le grandi aziende. Queste tenderanno a valorizzare i benefici che possono derivare dal farsi attraversare da energie creative quali sono gli spazi di coworking. Immagino la strutturazione di spazi di lavoro attrezzati nei quali liberi porofessionisti e/o collaboratori esterni dell’impresa possano ritrovarsi e beneficiare di strutture di servizio messe a loro disposizione, alimentando dinamiche di scambio fondamentali per la creazione di nuove idee e di innovazione.
Altri spazi possono aprirsi grazie a possibili processi legati al welfare collaborativo. Qui l’idea è immaginare un insieme di servizi di welfare la cui responsabilità progettuale, di realizzazione e di conduzione sia demandata direttamente ai lavoratori, con una logica di offerta tra pari. Uno spazio di coworking, assieme a specifiche politiche aziendali di formazione, e gestione flessibile di spazi e tempi di lavoro, potrebbe essere strumentale ad attivare, alimentare e gestire tali dinamiche.
Il secondo è relativo allo sviluppo di vere e proprie filiere di liberi professionisti e di piccole imprese, messi in condizioni di dialogare sia tra loro, sia con il territorio. Al di là dell’autonomia o dell’essere affiliati a una rete o a un network, i vari coworking dialogheranno tra di loro, offrendo maggiori opportunità per iniziative di smart working e di cooperazione.
Infine credo che un’ultima possibilità di sviluppo verterà su un’idea di ridefinizione di politiche attive del lavoro, proponendo nuovi modelli. Un po’ in linea con quello che noi già facciamo qui.
Noi negli anni abbiamo visto persone bussare alla nostra porta con un curriculum in mano ancora prima di passare dai centri dell’impiego. Ci hanno sempre visto come un luogo di opportunità e un centro di riferimento. Dunque i luoghi istituzionali di politiche attive per il lavoro potrebbero sempre più considerare l’opportunità di creare o sostenere degli spazi di collaborazione che siano in grado di avere un impatto anche verso il mondo dei disoccupati o in relazione ai processi di incontro tra professionisti e aziende.
Venendo a Lab121, noi stiamo lavorando da un lato per sviluppare un modello di gestione che consenta e che garantisca la completa sostenibilità (anche economica) dell’associazione sul territorio, dall’altro per migliorare gli standard qualitativi di tutte le attività che promuoviamo (dalla formazione, ad iniziative rivolte verso il territorio, ecc.). Per questo motivo stiamo cercando poco alla volta di definire un modello di cogestione e ci stiamo rivolgendo in particolar modo agli studenti universitari perché crediamo che siano proprio loro la forza per lo sviluppo di un modello di coworking come lo intendiamo noi, cioè rivolto anche al sostegno di chi vuole inserirsi nel mondo del lavoro. Ci auguriamo che il coworking possa diventare un luogo ponte tra gli studenti universitari e il mondo delle imprese.
Chiaramente sappiamo bene che la nostra iniziativa, il nostro modello, la logica del baratto, l’attenzione al territori, ecc. nono sono rappresentative di quello che è il fenomeno italiano del coworking, ma preferiamo siano queste le logiche sulle quali continuare a investire.
Luglio 2016