Educare "criticamente" alla finanza: uno scopo "critico" per Fondazione Finanza Etica

Fondazione Finanza Etica è la naturale evoluzione dell’esperienza di 'Fondazione Culturale e Responsabilità Etica' nata nel 2004 per promuovere 'Terra Futura', una manifestazione dedicata alle buone pratiche di sostenibilità tenutasi a seguito dell'European Social Forum svoltosi a Firenze nel 2002. Fondazione Finanza Etica è la nuova fondazione culturale rilanciata nel 2017 da Banca Etica e da Etica Sgr con lo scopo di promuovere, diffondere e approfondire i principi, le buone pratiche e gli sviluppi della finanza etica e della nuova economia.
A due anni dal rilancio della Fondazione abbiamo voluto incontrare uno dei suoi protagonisti: il suo Direttore, Simone Siliani.
Simone Siliani ha 56 anni, è laureato in Lettere e Filosofia, e proviene da una lunga esperienza nella amministrazione pubblica, iniziata nel 1990 prima come consigliere regionale della Toscana e poi come presidente del Consiglio Regionale della Toscana. Dal 1995 al 2000 ha ricoperto il ruolo di assessore regionale alle riforme istituzionali, politiche sociali e sport, cooperazione allo sviluppo. In questo periodo ha portato la Regione Toscana ad aderire, in qualità di socio, a Banca Etica. Dal 2000 al 2006 è nominato assessore alla cultura del Comune di Firenze per poi approdare nel 2016 alla direzione della Fondazione Finanza Etica.
Lo incontriamo nella sede della Fondazione Finanza Etica, nel pieno centro della città di Firenze, in via dei Calzaiuoli 7. L'obiettivo è quello di farsi raccontare dalla viva voce di chi lavora sul campo cosa è la finanza etica e qual è, oggi, il ruolo svolto da Fondazione Finanza Etica.
Partiamo da Fondazione Finanza Etica, ci puoi illustrare la funzione che si propone di svolgere?
La fondazione svolge essenzialmente una funzione di tipo culturale. Questo, si concretizza in studi e ricerche, ma anche nella promozione di una "educazione critica alla finanza". Ciò che in particolare noi crediamo è che su tutte le cose ci voglia un approccio critico, nel senso filosofico e tecnico del termine. E questo vale, in particolar modo, per il tema della finanza poichè riteniamo che abbia mostrato, negli ultimi anni, tutti i suoi lati deboli e le sue incongruenze interne e, per questo crediamo che un approccio critico alla finanza possa servire per far tornare la finanza al suo Genius loci che è il luogo dove si incontra chi ha un bisogno di risorse e chi ne ha la disponibilità, ovvero il luogo attraverso il quale l’economia si attiva, in cui domanda e offerta di credito si incontrano. Secondo noi, la finanza al giorno d’oggi è diventata, purtroppo, in gran parte un'altra cosa. Per questo facciamo "educazione critica alla finanza" sia attraverso attività di engagement e di azionariato critico verso le imprese cercando di favorirne comportamenti più coerenti sotto il profilo sociale ed ambientale sia e soprattutto verso gli azionisti. Il nostro obiettivo è di far loro comprendere quali sono i significati ambientali e sociali delle scelte di bilancio e delle scelte finanziarie di una grande azienda e di cercare di mettere in evidenza che l'interesse dell'azionista non è solo il dividendo a fine anno ma piuttosto come questo dividendo si genera rendendoli anche consapevoli delle scelte delle aziende in settori decisivi nella vita delle comunità quali appunto quelli sociali, ambientali e culturali.
Concretamente ci puoi spiegare come si realizza la vostra attività di ‘azionariato critico’?
In pratica acquistiamo dei piccoli pacchetti di azioni in alcune aziende target. Grazie a queste azioni acquisiamo i diritti di ogni azionista, ovvero quello di conoscere la documentazione, votare in assemblea, parlare in assemblea, ingaggiare più in generale il management durante il corso dell’anno. Le aziende verso cui svolgere questo tipo di azione vengono individuate in base ai temi che vogliamo mettere in rilievo basandoci sulle segnalazioni di associazioni non governative o di organizzazioni del territorio che ci evidenziano una serie di problematiche, e propongono una serie di temi. Attualmente svogliamo la nostra attività di azionariato critico con sette grandi aziende attive in vari comparti dell’economia per noi ad alto interesse. In particolare menziono due aziende 'storiche', in cui ormai da dieci anni svolgiamo azionariato critico. Si tratta di due grandi imprese produttrici di Energia. In questi casi il nostro impegno si è orientato e si orienta a porre continuamente all’attenzione del management tematiche inerenti la diversificazione delle fonti energetiche, temi che riguardano le energie rinnovabili, e quindi il passaggio da approvvigionamenti energetici provenienti da fonti fossili a quelle rinnovabili. Anche là dove si realizzino nuovi impianti, ci impegniamo a vigilare sulle problematiche ambientali e sociali che la costruzione di nuovi impianti può generare. Sul tema dell’azionariato critico mi sento di dire che non si può realisticamente pensare che con queste poche azioni si possa cambiare una politica aziendale. Però, per effetto moltiplicatore, comunque si solleva l'attenzione pubblica e si obbligano gli altri azionisti e il management a riflettere.
Quale quota di azioni vi occorre per fare 'azionariato critico'?
Noi in realtà lo facciamo con poche azioni, una, due, a volte dieci azioni, e contando sul fatto che gli azionisti in genere non partecipano alla vita dell'azienda oppure qualora lo facciano avviene solo in occasione dell’assemblea generale annuale in cui si discute dei dividendi. Questo vale soprattutto per i piccoli azionisti che spesso sono speso interessati solo ai dividendi e a cui noi invece cerchiamo di spiegare che invece dovrebbero essere interessati anche ad altri aspetti.
Ci hai parlato di 'educazione critica alla finanza', quali sono le attività svolte in questo ambito dalla Fondazione?
Il nostro obiettivo più generale e principale è quello di promuovere la cultura di finanza etica, e quindi l’educazione critica alla finanza, e per far questo andiamo nelle scuole o anche nelle università. In genere, per queste iniziative di formazione usiamo i gruppi di iniziativa territoriale (GIT) della banca. Se ne contano una settantina in tutt'Italia, e sono i soci, singole persone che vengono spesso chiamati nelle scuole a parlare di finanza etica. Non è necessario che siano degli esperti, pur tuttavia noi abbiamo predisposto per loro un corso per formare i formatori, fatto di 21 moduli e vario materiale, fra cui video, giochi e attività, da usare in aula. Quindi le persone che fanno parte dei GIT ma anche tutti coloro che volessero utilizzarli per questa finalità possono accedere gratuitamente al corso e quindi avere degli strumenti per andare in aula e fare una lezione sui nostri temi.
Sempre nell’ambito della educazione critica alla finanza facciamo anche studi e ricerche, e nel 2017 abbiamo pubblicato il primo rapporto della finanza etica e sostenibile in Europa. Inoltre, una nostra nuova iniziativa, nata ad Aprile 2018, è valori.it. La banca aveva una rivista mensile cartacea che si chiamava Valori che noi abbiamo trasformato in un hub editoriale, che si chiama Valori.it appunto, su cui si trovano informazioni, commenti, blog, video, strumenti di educazione critica alla finanza e rappresenta lo strumento di comunicazione del gruppo, che ha avuto anche risultati notevoli nonostante i pochi mesi di vita.
Chi sono i destinatari di questa comunicazione e della vostra attività più in generale?
Il pubblico indifferenziato. Per noi l'obiettivo è parlare ad un pubblico ampio non solo di tecnici esperti addetti ai lavori, anzi, il leit motive di fondo è che tutti noi dovremmo occuparci di finanza perché la finanzia ci riguarda, che lo si voglia o no. Noi pensiamo che tutti noi dovremmo porci delle domande essenziali sulla finanza a partire dalle cose più banali, ad esempio, noi mettiamo soldi nel nostro conto corrente bancario e non ci domandiamo per quali fini vengono utilizzati. La finanza etica sostanzialmente parte da questo, e dà delle risposte non solo di trasparenza ma dà risposte di senso. I soldi che tu mi affidi in quanto risparmiatore o in quanto investitore, nel caso si parli di una Sgr, da me puoi stare tranquillo che non saranno utilizzati in nessuno di quelli che noi consideriamo come settori di esclusione ovvero quelli della produzione di armi, del gioco di azzardo etc. In più ti dico che li utilizzo per fare credito o investire in fondi che abbiano alcune caratteristiche di sostenibilità sociale e ambientale, seguendo i criteri ESG (Environmental, social and governance), che vengono utilizzati per valutare ogni richiesta di credito e ogni investimento di risparmio. Quindi in sostanza occorre porsi domande sul senso dei soldi, che fine fanno, come vengono utilizzati e dare alcune risposte di senso. La cosa più paradossale è che noi siamo molto attenti a come spendiamo i nostri soldi, ma nel momento in cui prendiamo tutti i nostri soldi e li affidiamo ad una banca non domandiamo come li utilizzerà.
Facciamo un passo indietro, ci hai parlato del Primo Rapporto sulla Finanza Etica e Sostenibile in Europa pubblicato da Fondazione Finanza Etica, quali sono in sintesi i risultati più interessanti che emergono?
Il rapporto riporta dei dati molto interessanti. Primo punto è che si stima che la somma delle attività di finanza etica e stendibile in Europa si aggiri intorno al 5% del Prodotto Interno Lordo dell’Unione Europea. Nel rapporto abbiamo messo a confronto 21 banche etiche europee con 15 banche sistemiche europee e abbiamo provato a vedere i fondamentali di queste, e come si comportano. Per esempio, il dato interessante è che le banche etiche fanno il doppio di impieghi, in termini percentuali, nell'economia reale di quanto non facciano le banche sistemiche che invece sono molto più impegnate nei settori speculativi in senso tecnico. Quindi la domanda che poniamo è: chi fa veramente banca, se la banca è un acceleratore di economia dei territori? Al contempo se andiamo a vedere i dati relativi alle 'sofferenze', Banca Etica ha circa un quarto delle sofferenze medie bancarie italiane. I motivi sono tanti, non ultimo il fatto che la valutazione di un credito (37) viene fatta non soltanto sulla capacità di restituzione del credito ma anche sulla base dell’impronta sociale e ambientale del progetto; cerchiamo di capire quali sono i suoi punti di debolezza e i suoi punti di forza dal punto di vista della sostenibilità e questo porta, secondo me, a selezionare progetti finanziabili che hanno bisogno di "capitali pazienti", non di capitali per speculare, che danno maggiore stabilità al progetto.(38) Nel rapporto si vede anche che il tasso di redditività degli investimenti e dei risparmi nelle Banche Etiche registra una crescita continua durante gli anni, e anche in quelli della crisi, mentre le banche sistemiche hanno avuto grandi risultati prima della crisi ma anche perdite molto elevante durante tutto il periodo della crisi e a tutt’ora hanno ripreso ma con una maggiore volatilità e quindi con maggiori rischi per risparmiatori ed investitori.
In quali altri ambiti si muovono le attività della Fondazione?
Noi facciamo anche per una piccola parte microcredito attraverso un piccolo fondo di garanzia. Ad esempio al momento stiamo in fase di conclusione di alcuni bandi di finanziamento per alcune tipologie di iniziative legate ai nostri temi che si avvalgono di risorse provenienti da Etica Sgr. Uno dei bandi è rivolto a centri di ricerca universitari e non universitari che si occupano dei temi della finanza etica, abbiamo poi dei bandi per gli strumenti di educazione di comunicazione multimediale sui temi della finanza etica e, infine, abbiamo un altro bando per finanziamenti in conto capitale ad imprese sociali, rivolto a quelle imprese sociali che investono nel settore ambientale, nel settore dell’energia, nel workers buyout, nella legalità e nell’inserimento lavorativo dei migranti. Il valore complessivo di questi bandi si aggira sui 500.000 euro. Ovviamente le ricerche finanziate saranno rese pubbliche, perché l’aspetto della trasparenza è un elemento importante nella finanza etica che si applica anche al rendere noto chi finanzi e cosa finanzi; tutte queste informazioni sono pubbliche. Questo purtroppo non viene invece fatto molto spesso dalle banche tradizionali. Inoltre, noi stessi partecipiamo a bandi. Ad esempio abbiamo in corso un grosso progetto europeo che si chiama 'New Business for Goods' la cui capofila è Mani Tese, dove il tema sono gli stili di vita e in cui il nostro contributo sarà nell’analisi di 'come si utilizza il denaro' mentre gli altri partner si occuperanno degli aspetti dell’ambiente, dei rifiuti e così via. Con questo progetto in particolare ci occuperemo dell’educazione finanziaria rivota alle scuole superiori e all’università. Non ultimo promuoviamo il mondo della finanza etica anche attraverso bandi per tesi di laurea promossi a livello nazionale. Sul bando per tesi di laurea dello scorso anno abbiamo ricevuto 13 tesi di laurea. Penso che il tema della finanza etica meriti di essere ulteriormente approfondito nelle università tanto più che notiamo che ci sono sempre più giovani interessati alle nostre tematiche.
Ci puoi descrivere lo stato dell’arte della Finanza Etica in Italia?
Lo stato italiano ha definito alcune caratteristiche fondamentali per essere operatori di finanza etica racchiuse nell’articolo 111 bis del TUB, Testo Unico Bancario introdotto nel Dicembre 2016. Oggi in Italia purtroppo l’unica banca che incontra completamente quei criteri è Banca Etica. Ma noi vorremmo sperare che sempre più banche si orientassero verso questi criteri. In altri paesi Europei come la Germania, l’Inghilterra, l’Austria, la Francia, ci sono più banche etiche e noi vorremmo ce ne fossero di più anche in Italia. Però, questo lo vorrei sottolineare, la Finanza Etica in giro per il mondo e in Italia in particolare va bene, Banca Etica ha 42.000 soci, ha tassi di crescita di risparmio e di impieghi che vanno a due cifre ormai da tanti anni, è solida e non ci sono crisi nè alla vista né precedenti, quindi va anche bene. Però è vero che i rendimenti degli investimenti sono inferiori ad una banca tradizionale, ma come diciamo sempre l’interesse più alto è quello della comunità e quindi di tutti e non solo quello personale. Quindi questo per dire che la Finanza Etica non è una meravigliosa utopia, se qualcuno la volesse considerare tale, ma è una discreta realtà. Quest'anno faremo 20 anni di Banca Etica. In questi anni, abbiamo assistito progressivamente ad un avvicinamento alla finanza etica anche da parte delle banche sistemiche, le banche tradizionali, che hanno aperto, e continuano ad aprire, conti etici, fondi etici, fondi green sia perché un po' è ormai questa la tendenza del mercato ma anche perché probabilmente comprendono che questo è un settore di mercato in forte crescita. In fondo la crisi ha indotto anche questo, non solo ha fatto perdere credibilità e fiducia nel sistema delle banche, il ché non è un fatto positivo per una economia, ma al contempo, sembra anche aver solleticato l’attenzione delle persone che sempre più si orientano a investire i propri risparmi con cautela.
Parlando di futuro, quali saranno i prossimi passi della Fondazione?
In realtà c'è da tener conto che la Fondazione ha avuto una fase di rilancio proprio nell’ultimo biennio, 2017-2018, grazie a Banca Etica e Etica Sgr che hanno deciso di rilanciare questo strumento che ha visto un grosso sviluppo in questi due anni. Pertanto, tutti i progetti avviati devono essere consolidati. Ovviamente continueremo l’opera di azionariato critico accrescendola con un altro paio di ulteriori interventi oltre ai sette già in essere. Ci muoveremo sicuramente con una grande realtà del settore dell’abbigliamento e probabilmente anche con una del settore agricoltura e chimica. Sempre nell’ambito dell’azionariato critico abbiamo costruito, un progetto per noi molto importante e impegnativo per i prossimi anni. Abbiamo deciso di costruire una rete europea di investitori etici che si chiama "shareholder for change" mettendo insieme sette soggetti fra cui un’altra fondazione come noi, ma spagnola, e alcuni investitori. A questo punto diventa più interessante, perché quando ti muovi con una rete di investitori hai la possibilità di confrontarti in Assemblea riportando non solo il peso delle tue tre azioni ma anche il peso più consistente del pacchetto azionario della Sgr socia della rete. E lì puoi influire con un peso maggiore sulle votazioni stimolando al contempo altri azionisti a dire la propria. La rete di "shareholder for change" è per noi una cosa importante anche per il prossimo futuro, poiché pensiamo che non solo possa crescere come adesioni ma soprattutto questo ci consenta di fare più azionariato critico. Solo nel primo anno, se contiamo solo le nostre azioni, abbiamo fatto sette attività di azionariato critico, ma se mettiamo anche quelle della rete diventa un movimento più grosso che arriva a quattordici attività di azionariato critico su grandi multinazionali. Ovviamente poi continueremo a lavorare su valori.it che dà segni di crescita continui e quindi spingeremo ancora su questo e continueremo con le attività di ricerca. Il 6 Febbraio esce il secondo rapporto sulla finanza etica e sostenibile in Europa e questa volta oltre ad aggiornare i dati rifletteremo anche su alcuni focus particolari, uno dei quali è il decennale della crisi, che cosa è cambiato nel sistema finanziario in questi 10 anni e ci concentreremo anche sulla questione della finanza sostenibile poiché il parlamento europeo è in procinto di approvare una parte di normativa sulla finanza sostenibile, su proposta della commissione. In questa occasione e grazie alle nostre reti europee abbiamo fatto un’azione di lobbying. La commissione europea riconduce il termine di 'finanza sostenibile' in una ottica prevalente di finanza green, e quindi ambientale. Noi però pensiamo che la finanza sostenibile debba comprendere anche la componente sociale, incontrando quindi tutta una serie di criteri di carattere sociale come ad esempio le giuste remunerazioni dei dipendenti. In questo caso, di nuovo grazie alle reti europee facciamo anche questa attività e penso che anche questa crescerà un po' nei prossimi anni.
Tanto lavoro per i prossimi anni, ma qual è per te la sfida principale?
Faccio difficoltà a ragionare per sfide… per noi è già una sfida questa: la finanza etica. La finanza etica ha una carica eversiva, va detto! La prima cosa che ti dicono quando parli di "finanza etica", è che è un ossimoro, una contraddizione, perché ci hanno inculcato in testa che l’unica finanza possibile è quella che scommette nel grande casinò della finanza. Quindi la sfida non è solo sopravvivere come banca, questo lo abbiamo già dimostrato, ma far capire che è possibile un altro modo di fare banca e finanza e che anche se non si ha una preparazione tecnica si ha comunque diritto di sapere cosa succede ai propri soldi ed è possibile determinarne l'uso, anche quando sono in mano di una banca o di una Sgr. Ciò vuole anche dire contribuire a ricostruire un patto di fiducia fra il mondo del credito e i cittadini che con la crisi si era perso.
Per concludere, quali temi di ricerca ti piacerebbe proporre all'Università?
Abbiamo di recente chiuso un bando volto a dare dei contributi finanziari a ricerche open promosse dalle università. In particolare i temi che in questa tornata abbiamo deciso di affrontare erano i seguenti: la metodologia ESG di analisi e valutazione di imprese quotate in borsa; le metriche di remunerazione del management delle imprese; i paradisi fiscali, elusione e evasione fiscale globale, valutazione ESG nel settore finanziario-assicurativo internazionale, e infine, su indici e sistemi di misurazione di performance non finanziarie degli istituti bancari. Sono temi importanti che ci piacerebbe fossero approfonditi di più dalle Università anche se devo dire onestamente che stiamo vedendo alcuni corsi di laurea che già affrontano questi temi. Questo è il genere di ricerca che noi vorremmo che l’università facesse sempre di più.
Gennaio 2019