Buono, pulito e giusto. Valore economico e valori sociali nella visione di Slow Food

Slow Food è una associazione internazionale non profit impegnata a ridare valore al cibo, nel rispetto di chi produce, in armonia con ambiente ed ecosistemi, grazie ai saperi di cui sono custodi territori e tradizioni locali. Slow Food è però anche un network di iniziative che si sono sviluppate nel tempo, animate da una forte carica di progettualità e di imprenditorialità. “Deus ex machina” di queste iniziative è Carlo Petrini, che qui apre una finestra su questa dimensione nascosta, imprenditoriale e manageriale, dei suoi progetti.
Carlo Petrini è un’icona della sostenibilità, alimentata nel tempo da un tratto comune: la passione per la difesa del buon cibo e delle piccole produzioni agricole che tutelano la conservazione del territorio e dell¹ambiente. Da cosa è nato tutto ciò?
La passione per la difesa del buon cibo è nata come difesa del piacere sensoriale ad esso legato. All’inizio la nostra associazione era particolarmente concentrata sulla difesa del diritto al piacere e alla convivialità, in contrapposizione all’avanzare, negli anni ’80, dei fast food, dei cibi industriali pronti, e dell’omologazione del gusto che escludeva i prodotti tradizionali, spesso dai sapori forti, considerati poco chic.
L’impegno per la conservazione dell’ambiente e del tessuto sociale agricolo ne è poi stata diretta conseguenza: il naturale proseguimento di quel cammino. Nell’indagare infatti le cause che stavano portando alla perdita dei prodotti e sapori che amavamo, abbiamo imparato a conoscere le diverse realtà agricole, sia in Italia che nel resto del mondo, e scoperto le numerose difficoltà che chi produce il nostro cibo quotidiano si trova ad affrontare schiacciato economicamente da produzioni di larga scala che possono reggere la sfida economica senza curarsi degli effetti sociali che inducono. Continuare a occuparsi della piacevolezza del cibo senza considerare le ricadute sociali e ambientali non sarebbe in alcun modo etico, né sensato.
Carlo Petrini è un leader che ha dimostrato indubbie qualità di manager e di imprenditore “sociale”. Nello specifico, quali sono state le condizioni che hanno consentito la realizzazione di tanti progetti di successo?
Credo che quello che ha permesso a me e all’associazione Slow Food di portare avanti progetti sempre più ambiziosi e complessi sia il fatto che si è trattato di un percorso graduale, e che le sfide che abbiamo lanciato o che ci siamo trovati ad affrontare sono cresciute con noi. Certo, in alcuni casi abbiamo dovuto “forzare un po’ la mano” e credere ad obiettivi più grandi di noi, come nel caso di Terra Madre o dell’Università di Scienze Gastronomiche. Si tratta di progetti che hanno segnato veri e propri momenti di svolta politica per l’associazione. In questi casi, il successo è dovuto sicuramente alla squadra di collaboratori che a tutti i livelli si impegnano per la riuscita dei progetti. Credo che questo sia valido per ogni “leader”: costituire un gruppo che sia in grado non solo di risolvere problemi organizzativi, ma di credere in un progetto comune trovando le risorse e le energie per superare le sicure difficoltà che si presentano lungo il percorso, è l’unico modo di riuscire.
Come è nato lo slogan “buono, pulito e giusto” che, sul piano aziendale, integra la creazione del valore economico con la difesa di valori sociali?
“Buono, Pulito e Giusto” è il titolo di un mio libro uscito nel 2005 nel quale si teorizzava proprio l’interazione tra questi tre fattori, ma è anche uno slogan che permette di riassumere in modo esaustivo quello che la nostra associazione propone come concetto di qualità: secondo il nostro pensiero infatti, per essere di qualità il cibo deve essere buono, ovvero organoletticamente soddisfacente; inoltre deve essere pulito, ovvero prodotto nel rispetto dell’ambiente, della biodiversità dei luoghi e delle stagioni, del concetto di sostenibilità. Inoltre il cibo deve essere giusto per chi lo produce, che deve vedersi riconosciuto il giusto prezzo per il proprio prodotto, ma anche per chi lo consuma e deve essere informato circa la scelta alimentare che sta per compiere.
E’ proprio l’interazione tra questi fattori che crea la qualità. La qualità organolettica non è così difficile da ottenere, ma trascurando gli aspetti etici e ambientali si rischia di non dare il giusto apprezzamento a chi con il proprio lavoro non difende solo un alimento, ma la comunità che dall’indotto di una tale produzione dipende e l’ambiente che ne è il substrato, senza il quale nulla sarebbe possibile.
Se non si tengono in considerazione questi valori, il cibo rimane solo una commodity, una merce soggetta alle leggi del mercato per il quale la sostenibilità ambientale, sociale ed etica del prodotto non sono aspetti necessariamente da remunerare, mentre noi crediamo che siano alla base di una ritrovata valorialità del cibo.
Sono individuabili, nella visione di Carlo Petrini, temi di ricerca in ambito aziendale su cui investire per contribuire alla visione olistica della gastronomia?
Sono convinto che la ricerca economica dovrebbe ragionare nella direzione di dare più possibilità ai giovani che decidono di occuparsi nel settore primario o nell’artigianato del cibo. In particolare mi riferisco alle difficoltà di chi non abbia già alle spalle una famiglia contadina, ad accedere alla terra ed a linee di credito che permettano di investire, anche se in un settore difficile.
Un maggiore accesso dei giovani a questo settore porterebbe infatti senza dubbio nuove energie e nuove idee per innovare con crescente sensibilità questi temi, ed il contributo dei ricercatori delle discipline aziendali potrebbe proprio dimostrare sul piano scientifico la sostenibilità dei modelli d’impresa che integrano i patrimoni della comunità, come oramai è diventata la terra, con i patrimoni individuali del sapere manuale dato dalle “tradizioni” e con quello intellettuale: il risultato potrebbero essere imprese che riescono a posizionare i loro prodotti su livelli di prezzo che consentono di remunerare in modo congruo il “lavoro” e custodire la terra per le future generazioni senza lo sfruttamento selvaggio a cui stiamo assistendo.
Nel salutare e ringraziare Carlo Petrini per la disponibilità a rilasciarci questa intervista, nonostante gli innumerevoli impegni in giro per il mondo, gli sono anche particolarmente grato per gli spunti che ha proposto per alimentare i nostri specifici ambiti di ricerca. Confido che presto arriveranno altre idee e progetti che come al solito stupiranno per la carica dirompente di innovazione coniugata con la semplicità ed il pragmatismo che di Carlo Petrini è una cifra distintiva.
Luglio 2015