L’azienda che ha cambiato il mondo del calcio

È sempre un piacere incontrare Matteo Campodonico, oggi amministratore delegato di Wyscout – azienda leader mondiale nei servizi per il mondo del calcio (sulla homepage del sito compare la scritta The professional platform for people working in the football world: videos, data, statistics and tools) – un tempo studente della Facoltà di Economia di Genova. Lo incontriamo una mattina di primavera, a Chiavari, nel suo ufficio all’ultimo piano di un palazzo d’epoca che accoglie la sede aziendale. Seduti attorno ad una scrivania – che diventa per lui una lavagna su cui annotare, con un pennarello rosso, date e numeri, su cui rappresentare le tappe di una storia non semplice e non lineare, che è quella di questa strana realtà, che sovente finisce sulle pagine della stampa come uno dei “successi made in Italy” – il tempo corre veloce, la sua narrazione è avvincente. Lo stile è informale, e non solo perché la reciproca conoscenza aiuta, ma perché così è Matteo, semplice, diretto, intelligente, ma soprattutto appassionato (e non solo perché la sua azienda vive del e nel mondo del calcio, sua grande passione), ma perché questo è uno dei suoi tratti caratteristici. Ed è la passione di chi ha imparato dalla realtà a fare impresa.
Da dove iniziamo? Partiamo da un dato di fatto, il successo di Wyscout. Da dove nasce?
Il successo di Wyscout è il risultato di belle intuizioni ma, soprattutto, di tanta determinazione e di tanta capacità manageriale. Per gestire un’azienda servono tante competenze perché tutti i giorni si devono affrontare i problemi più disparati… bisogna saper leggere il business e il mercato, capire i numeri e saperli interpretare, saper gestire le persone, trattare con avvocati e stipulare contratti con tantissime clausole, aver chiaro come oggi la tecnologia può aiutare tutti i processi... cose che si studiano all’Università, ma anche questo non basta. Perché poi ci sono gli “altri” fattori – meno “accademici” e più relativi alla persona: la serietà, l’umiltà, l’intensità, la capacità di adattamento e la determinazione… Quando studiavo non mi rendevo conto di quanto poi ogni singolo corso mi avrebbe aiutato a completare la mia professionalità… l’ho scoperto dopo, quando mi sono ritrovato dietro a una scrivania pronto per iniziare il mio primo lavoro e me ne sono reso sempre di più conto, a mano a mano che le mie responsabilità in azienda crescevano. E figuriamoci poi in questa avventura…
Forse potremmo chiarire cosa è Wyscout oggi. Quale è il suo business?
Wyscout è una piattaforma online che offre servizi al mondo del calcio a tutto tondo. Disponendo di un database davvero imponente – ed alimentato con regolarità – consente ai diversi professionisti che operano in questo mondo (allenatori, direttori sportivi, arbitri, giocatori, giornalisti…) di analizzare squadre, incontri e giocatori; di scoprire nuovi talenti; promuovere i propri calciatori e di imparare il meglio dal meglio. E di fare tutto questo dal proprio device preferito, nella maniera più comoda, acquistando pacchetti di servizi personalizzabili.
Proviamo a ripercorrere, sia pure per sommi capi, la storia di questa avventura?
Nei 15 anni scarsi di vita, tutto è cambiato, anche profondamente.
Direi che si possono identificare quattro fasi. La prima è quella dell’hobby. Nel 2004, dopo avere acquisito la laurea in economia e commercio, lavoravo in una grande azienda e giocavo a calcio per passione. L’allenatore ci faceva vedere i video per insegnarci a giocare. È lì che mi è venuta l’idea che ci potesse essere uno spazio per vendere le riprese delle partite delle squadre locali a chi doveva poi analizzarle per preparare la propria squadra. Ho cercato qualcuno che sviluppasse questa idea con me, ma gli amici del mio anno non avevano tempo. Allora sono andato da mia sorella, che all’epoca studiava ancora, e le ho chiesto se qualche suo amico potesse essere interessato. Ho trovato Simone Falzetti. Io ci ho messo i pochi soldi, lui doveva fare il lavoro. Abbiamo fatto vedere il dvd di prova ad un mister, gli è piaciuto. Il primo cliente è stato il Rapallo Calcio, poi la Sestrese… Ad un certo punto un presidente ci ha detto “Voi chi siete?... Se voi tornate da me che siete una società, allora vi faccio un bel contratto”. Allora fondammo la società denominata Sport Video Service ed avemmo il primo contratto. È stato il momento in cui tutto diventò serio. Questo per me è stato un passaggio fondamentale.
Nel 2005 accade un altro fatto importante. Dissi a Simone “fai una copia del lavoro più bello che abbiamo fatto e lo diamo a Cosmi”. Cosmi era all’epoca allenatore del Genoa. Non lo conoscevamo. Simone l’ha aspettato all’uscita dell’allenamento e gli ha consegnato una busta con il dvd e una lettera di accompagnamento. Il giorno dopo mi chiama il Genoa: “Il mister vuole che veniate a fare una prova a Marassi”, il campo di casa del Genoa. E così abbiamo iniziato ad avere i primi clienti importanti. A poco a poco le loro richieste hanno iniziato a crescere (prima solo analisi della loro squadra, poi analisi dell’avversario, poi dei giocatori, poi di quelli cui erano interessatati).
A quel punto Pier (Piermaria Saltamacchia, il terzo amico che si coinvolse in questa avventura) si mette su Skype a cercare italiani in giro per il mondo, chiedendo loro che ci registrassero le partite locali e ci mandassero i dvd. Erano sconosciuti completi, che pagavamo come prestazione occasionale.
L’idea iniziale stava cominciando a cambiare. Avevamo due business. Uno era fornire servizi ai mister – che peraltro cambiavano spesso, rischiando di farci perdere un cliente, che richiedeva molto lavoro (sostanzialmente un ragazzo per squadra). L’altro era l’analisi dei calciatori, su cui eravamo però molto indietro. C’erano altre aziende con più tecnologia di noi. Ad esempio, la Panini, che aveva però un approccio complesso, produceva software fatti da ingegneri, cioè da persone che avevano l’amore per l’analisi del dettaglio, difficili da usare. Noi avevamo un approccio più semplice, meno tecnico, volevamo far risparmiare tempo al mister.
Siamo entrati nella seconda fase?
Si. Fatturavamo all’incirca 100/150.000 euro l’anno, avevamo una decina di clienti della serie A (su cui ci eravamo concentrati) ed un ufficio. Io intanto ero andato a lavorare in banca e, nel tempo libero, seguivo il nostro business.
È in quel periodo che inizia a maturare la consapevolezza di quanto sia importante il versante dello scouting nel mondo del calcio. Troppo spesso accadeva che direttori comprassero giocatori senza vederli: per via dei tempi troppo stretti tra l’avvio del campionato e la chiusura del mercato, spesso le decisioni dovevano essere prese in fretta senza adeguate informazioni. Eppure parliamo dell’asset più importante di una squadra…
Spiega...
Un giocatore è come un titolo. Niente di diverso. Questa è stata l’intuizione che ci ha fatto svoltare. Occorreva cambiare modello. Ci serviva un database dai calciatori, registrare le loro partite dove giocavano. E avevamo bisogno di tecnologia per lavorarci sopra, che voleva dire soldi e altre competenze. Ho iniziato a cercare un socio ed ho trovato Antonio Gozzi, che a fiuto ha deciso di scommettere su di noi.
Qui inizia la nostra terza fase: ho lasciato la banca, abbiamo spostato la sede a Chiavari. Per costruire il database dei giocatori abbiamo iniziato a guardare in giro per il mondo e a mappare talenti, analizzando ogni dato che li riguardasse All’inizio bastava la serie A dei principali campionati al mondo per dare una risposta al cliente (oggi in Brasile il nostro database copre serie A, B, C e anche le regionali, per dire come il business si è allargato). Il nostro primo livello di risposta è stato: “il tal giocatore ha giocato questi minuti in queste partite e io ti do il video intero”, la fase evolutiva è stata “ti dico ogni tocco di palla, ogni azione, quanti minuti e così via…”.
L’idea però non ha funzionato subito. Il primo nostro database era in Access, io andavo a vendere il nostro prodotto e i miei interlocutori non capivano. La svolta vera arriva con lo streaming.
Cosa cambia a questo punto?
Bisogna tenere presente che noi lavoravamo con i direttori sportivi, che chiedevano il dvd del tal giocatore per guardarlo ed altro non volevano fare. Il cambiamento è stato quando in Svizzera abbiamo visto una tecnologia di Smart tv – la Tvsurf. Io andavo sempre al calcio mercato a cercare di vendere il nostro database e l’anno che sono andato con una postazione tv con attaccato questo “scatolotto” (era il 2009) tutto è cambiato: con il telecomando si poteva selezionare il nome del giocatore, uscivano le partite che lo riguardavano, le si poteva vedere e lavorarci sopra, cercando le informazioni che interessavano. E lì sono impazziti. Capivano tutti, non dovevi spiegare niente. Insomma, siamo riusciti a trovare la tecnologia più facile per il tipo di cliente. Abbiamo iniziato a vendere (anche se spedire e installare non era tanto semplice... ma insomma).
In parallelo abbiamo iniziato il percorso di internazionalizzazione. Un procuratore che mi disse “ti porto a Londra a farlo vedere ai miei soci e vedrai che piacerà”. E quindi andai…
Nel frattempo avevate cambiato nome, giusto?
Si, anche il nome è stato un percorso. Eravamo agli inizi del wi-fi ed avevamo deciso per Wi-Fi-sport (lavoravamo anche con altri sport, ad esempio la pallanuoto). In quel periodo la Nintendo ha fatto uscire la console per videogiochi wii: noi avevamo gli uffici al piano terra e la gente veniva a chiederci la consolle, confondendoci. Allora decidemmo di mettere la “Y”. Anche Wy sport faceva fatica ad affermarsi. E tutto questo mentre stavamo cercando di capire quale fosse il nostro mercato vero. All’epoca facevamo anche progetti di web tv – abbiamo sviluppato il canale tematico dell’Udinese, per esempio – e produzioni video on demand (congressi medici…). Solo che io andavo in giro con Wysport e mi chiedevano “cosa c’entri?”. Allora decidemmo di togliere “sport” e diventammo Wy s.r.l.. Intanto, nel mondo, le squadre di calcio hanno iniziato a chiamarci come uno dei prodotti che offrivamo, che era “Wyscout”, quello per lo scouting dei giovani talenti. Quella era la nostra strada. Iniziammo a fare solo quello.
Nel 2010 esce l’iPad. Abbiamo realizzato subito la versione adatta, ne abbiamo comprati 100 e li abbiamo spediti a 100 club. È lì che inizia a girare e che capiamo che eravamo finalmente arrivati al punto di partenza giusto.
Insomma, siamo alla quarta fase...
Con Wyscout S.p.A. inizia una nuova fase. In realtà abbiamo faticato ancora. Quando avevamo introdotto l’iPad avevamo scommesso su 100 clienti. Non c’era una storia in questo ambito, eravamo i primi. Che prezzo praticare? Decidemmo per un prezzo abbordabile, così da non avere problemi se avessimo perso un cliente, e lo fissammo a 10.000 euro all’anno. Nel 2011 il nostro fatturato arriva al milione.
Da allora tutto è andato veloce. Abbiamo iniziato a crescere molto anche all’estero. Nel 2013 arriva uno che ci conosceva e che vuole comprarci. “Quanto fatturate?” eravamo all’incirca sui 3 milioni, avevamo 1 milione di ebitda. Abbiamo fatto la trattativa, ma è andata male. Però da lì abbiamo preso coscienza del valore che avevamo tra le mani ed abbiamo percepito quanto potesse diventare interessante, quanto il business potesse crescere e dovesse essere accompagnato in questo percorso in maniera adeguata. Ad esempio ci siamo accorti che occorreva fare ordine, darci un assetto più strutturato, utilizzare dei tools. Ad esempio abbiamo assunto una responsabile per le risorse umane…
E da lì questo processo non si è mai interrotto. Ora abbiamo un assetto abbastanza definito, anche se leggero, abbiamo procedure, sistemi operativi strutturati.
Quale ruolo ha avuto ed ha la tecnologia?
Fondamentale. Innanzitutto abbiamo introdotto la tecnologia dove non era usata. Questo è in fondo il nostro business e l’elemento di continuità della nostra storia. Le società di calcio non hanno la testa per stare sul passo tecnologico, è altro il loro interesse – ma poi capiscono quanto il supporto è utile per migliorare il loro business e quindi apprezzano.
All’inizio avevamo un pc ed una telecamera e basta. L’attività era di montaggio video puro, semplicissimo, tipo da post produzione; consegnavamo delle videocassette. Il primo passo è stato iniziare ad usare il dvd, perché il dvd consente la precisione dell’analisi (se vuoi vedere un certo calcio d’angolo, clicchi e hai la possibilità di vederlo). Successivamente, al comparire delle nuove tecnologie (streaming, iPad, iPhone) le abbiamo sempre proposte alle società e ci sono venute dietro.
Il nostro processo parte sempre dalla raccolta dei video (e li raccogliamo da tantissime fonti). Oggi siamo sul cloud (per questo spendiamo circa 700.000 euro all’anno) e per gestire usiamo software prodotti da noi (per la parte tecnica siamo autonomi, acquistiamo sul mercato quelli di supporto, ad esempio Zuora per gestire i pagamenti online – tieni presente che vendiamo abbonamenti).
Abbiamo un software per assegnare le partite agli analisti, che lavorano con altri software ad identificare ogni dettaglio che serve, in modo da taggarlo e renderlo leggibile quando si interroga il database che gira su nostri software. Il nostro Dipartimento ricerca e sviluppo sta studiando come fare per automatizzare il lavoro di analisi e ci arriveremo, ma non per tutte le partite. Quelle di alto livello richiedono attenzione alle sfumature che il computer non riesce a vedere. Stiamo testando il riconoscimento automatico, dove basta tirar fuori 30-50 elementi (ma in quelle importanti si arriva ad oltre 2.000). E qui ci vuole l’occhio attento di un operatore appassionato.
La vera complicazione è il video dal quale partire. A noi serve lavorare bene su una partita, ad esempio, under 17, categoria dilettantistica, in Brasile. Perché è lì che si trovano i talenti ed è lì che dobbiamo raccogliere tutte le informazioni utili. E lì, la qualità dell’immagine di solito non è al meglio, ma nonostante questo occorre tirare fuori molto. Infatti l’altro versante tecnologico su cui ci stiamo impegnando è quello della ripresa: l’obiettivo è posizionare telecamere, da far partire con il cellulare, che sparino direttamente sul cloud.
Come dicevo, vendiamo abbonamenti che danno accesso a diverse tipologie di servizio. Il prezzo base è di 19 euro al mese e si va sino ai 50.000 pagati da società come Juventus, Arsenal... che hanno staff di 60 persone che usano Wyscout. Di fatto, preparare una partita senza di noi è oggi impossibile.
Tieni conto che coloro che commentano le partite di calcio su sky utilizzano Wyscout, si preparano lì, studiano… i commenti sono sempre più professionali…
La nostra è una piattaforma che dispone di una mole infinta di dati, costantemente alimentata: come dicevo prima, dai diversi campionati delle serie inferiori in giro per il mondo dove abbiamo contatti che lavorano per noi; da fonti più ufficiali, tipo UEFA cui paghiamo diritti per usare i video a fini di scouting.
Se tu dovessi definire qual è la vostra value proposition?
Noi semplifichiamo tutti i processi legati all’analisi della partita e dei giocatori. Direi dare intelligenza. Paradossalmente siamo tornati indietro al primo tipo di lavoro che facevamo per i mister. Forniamo uno strumento di lavoro a chi è nel calcio, che è ed era l’obiettivo. Ed ora, come le tecnologie che usiamo, è nuovamente semplice, intuitivo. E se sei un utente avanzato – competente, con le domande giuste quindi – tiri fuori tanto valore.
Competitors?
Il nostro primo competitor è un’impresa russa che ci ha copiato (e che ha il modello più simile al nostro), sono cresciuti tantissimo anche loro. Ci hanno seguito come modello, ma sono andati subito nei Paesi dove non eravamo presente, ha tanti clienti in Paesi in cui facciamo fatica per la lingua, tutto il mercato in cui si parla russo...
Queste cose ora fanno parte della cultura calcistica che si è globalizzata. L’analisi di una partita in questo modo la fanno tutti. Guarda ad esempio questo video di una partita under 17 in Burundi. Il mercato c’è, siamo in una fase che se oggi qualcuno provasse a comprarci per 10 milioni non ascolterei nemmeno l’offerta.
In realtà nel nostro ambito ci sono tanti aspetti. Oggi noi facciamo tutta la parte di match analysis, scouting e football development. Poi la parte di dati. Sono quattro aree su cui operano in maniera parziale molte aziende. La società russa è molto simile a noi. Poi ce n’è una inglese che è specializzata con gli americani nei dati. Poi ci sono quelli specializzati solo in match analysis, quelli in sviluppo. Sui dati, i concorrenti grossi sono molto avvantaggiati perchè sono nati per vendere dati: li analizzano in tempo reale, quando durante una partita compaiono delle statistiche arrivano da queste aziende. Loro lo fanno in real time. Sky te le compra, società di betting pure. E lavorano multisport. Sono specialiste dei dati. Noi ci stiamo posizionando su un altro tipo di offerta, molto più profonda. Io ti dò tutto il calcio italiano, te lo posso dare solo io. Non in tempo reale, ma con un’analisi di profondità.
Oggi qualcuno direbbe che Wyscout è una startup di successo…
Non condivido tanto questo approccio… l’approccio cioè che oggi va per la maggiore – più o meno “hai un’idea e quell’idea diventa azienda”. C’è un percorso infinito da fare…
Quando noi abbiamo iniziato, la cosa che facciamo oggi non era minimante ciò che ci aspettavamo, non era nemmeno immaginabile. C’è stata un’intuizione cui abbiamo dato spazio e tempo, per passione. E poi è stata la realtà, il desiderio di capire e fare meglio ad indicarci la rotta.
July 2018