Dialogo sulle 'organizzazioni positive' come nuovo modello culturale possibile.
Daniela e Veruscka gestiscono dal 2015 la 2BHappy Agency, un'agenzia di consulenza organizzativa in grande crescita che ha l'obiettivo ambizioso di diffondere il pensiero positivo in azienda e formare figure di Chief Happiness Officer in Italia. "Dani" e "Veru" – incontrandole, emerge subito come l'informalità sia una delle chiavi della loro filosofia d'azienda e dell'idea imprenditoriale stessa – sono due studiose-imprenditrici: Daniela è una sociologa dell'organizzazione, Veruscka una filosofa, accomunate dall’interesse per gli stati psicologici positivi delle persone al lavoro. Studiano e si aggiornano continuamente, fanno formazione e consulenza, scrivono libri, intervengono a conferenze, fanno opera di divulgazione con sincera generosità e passione.
L'idea di business delle due imprenditrici affonda le proprie radici nella "scienza delle organizzazioni positive", filone di studi nato nell'alveo di un animato dibattito che già da decenni coinvolge molti studiosi in diversi ambiti disciplinari ora ampiamente accreditati: dall'economia della felicità alla psicologia positiva, al filone noto come Positive Organizational Scholarship, portato avanti da eminenti studiose e studiosi di comportamento organizzativo come Jane E. Dutton e il team della University of Michigan. In particolare, le due imprenditrici si ispirano al celebre testo di Laloux, Reinventare le organizzazioni. Come creare organizzazioni ispirate al prossimo stadio della consapevolezza umana (2016), in cui l'autore ripercorre diversi stadi di sviluppo nel modo in cui le organizzazioni sono costruite, fino ai giorni nostri in cui vengono richiesti luoghi di lavoro che abbiano un'anima, rapporti più autentici, un senso di comunità più radicato e uno scopo significativo da perseguire.
A partire dai risultati delle ricerche sviluppate in tali ambiti, che dimostrano come la soddisfazione sul lavoro (job satisfaction) e il benessere lavorativo (wellbeing) rappresentino leve di primaria importanza per il benessere personale, per il successo delle aziende, e per il benessere della società, l'obiettivo di 2BHappy Agency è quello di diffondere nelle organizzazioni una cultura della felicità e della positività che stimoli, a cascata, i citati effetti positivi sul clima organizzativo e i risultati delle aziende clienti. L’istituzione del Chief Happiness Officer e la crescente consapevolezza nel portare avanti una cultura delle organizzazioni positive rappresentano oggi una occasione altamente interessante per le aziende, che consente di dare concretezza all’interpretazione delle organizzazioni non solo come “sistemi meccanici” ma anche come sistemi sociali, consentendo ai manager di agire direttamente sulle dinamiche della progettazione organizzativa in grado di promuovere il benessere delle persone, inteso sia come obiettivo in sé, sia come mezzo per ottimizzare le performance aziendali.
Da queste premesse nasce l’idea di coinvolgerle in questa doppia intervista, per condividere con i lettori di Impresa Progetto la loro idea di scienza delle organizzazioni positive e di felicità in azienda.
Quali radici ha la passione che vi accomuna e che vi ha spinto a creare 2BHappy Agency? Ci raccontate la vostra storia?
Daniela:
Ho conosciuto Veruscka nel 2006. Mi occupavo di Sviluppo organizzativo e gestione delle Risorse Umane in una multinazionale farmaceutica e avevo organizzato un corso di formazione per lo sviluppo della leadership per i supervisori di produzione. Lei lavorava per il più grande network mondiale di sviluppo dell’Intelligenza Emotiva e mi sembrava un ottimo strumento per arginare una situazione organizzativa che era diventata “tossica”. Era la mia prima esperienza lavorativa, dopo una laurea in Sociologia delle Organizzazioni e un Master in Risorse Umane che mi avevano appassionato molto in merito alla possibilità di contribuire a creare luoghi di lavoro in grado di far esprimere i potenziali delle persone, crescere in competenze e autorealizzazione e ciò che ho sperimentato è stato esattamente il manuale di tutto ciò che non andrebbe fatto per far guadagnare all’azienda engagement, retention, produttività, profitti. Credo non sia stato affatto un caso che qualche anno dopo che sono andata via quello stabilimento di produzione sia stato venduto: nel punto più basso della mia determinazione a provare a cambiare le cose da dentro ho avuto la fortuna di incontrare Veruscka, che mi ha offerto la possibilità di lavorare per la sua azienda e nel 2007 è iniziata la prima fase della nostra avventura insieme. Sono stati anni molto belli e diversi per me dai precedenti: divulgavamo l’Intelligenza Emotiva attraverso la formazione, il coaching e progetti di sviluppo organizzativo in piccole, medie e grandi aziende. Siamo cresciute molto in competenze e profonda conoscenza della realtà organizzativa italiana, il nostro lavoro ci piaceva molto, aveva un forte senso, uno scopo, eppure, osservando da vicino cosa accadeva trasversalmente nelle aziende che supportavamo, ci sembrava ancora che i nostri sforzi non fossero sufficienti a cambiare la situazione: nonostante la formazione e il coaching che facevamo a fronte delle analisi di clima per comprendere la situazione, sembrava sempre che mancasse qualcosa… Così, abbiamo deciso di "scollocarci": io nel 2012 e Veruscka nel 2013, senza avere un altro lavoro in cui impegnarci ma con il fortissimo richiamo a ricercare un allineamento più profondo con le nostre vocazioni, i nostri valori e il nostro scopo, abbiamo deciso di volgere lo sguardo altrove.
Cosa avete quindi fatto per dare la luce alla vostra idea di impresa?
Veruscka:
Né io né Dani avevamo accesso a fondi che ci dessero ossigeno per affrontare un periodo di incertezza e avviare la nostra impresa: da dove partire quindi? Oggi possiamo dire che la risposta l’abbiamo trovata quando abbiamo capito che l’energia per far accadere le cose può nascondersi in tante pieghe della vita che spesso (se non sempre) si trovano "nell’energia che ci accende" che ti accorgi di aver trascurato per lungo tempo. Ad entrambe è sempre piaciuto studiare, leggere, fare ricerca, modellizzare e ordinare la complessità e rendere poi quella complessità pret-à-porter, così siamo semplicemente ripartite da questo, da quello che ci piaceva e ci incuriosiva. Avevamo intercettato già da alcuni mesi linee di ricerca nuove, studi e testi che esploravano il costrutto della scienza della felicità e per un anno e mezzo non abbiamo fatto altro che studiare, modellizzare, frequentare "i grandi", lasciarci ispirare e tradurre il loro lavoro nel nostro progetto emergente. È stato un grande anno dove abbiamo esplorato e attraversato ogni sfumatura emotiva, gioia, entusiasmo per quello che stavamo facendo e le prospettive che si iniziavano a delineare, ma anche un anno in cui abbiamo dovuto affrontare frustrazione e senso di impotenza di fronte alle tante porte chiuse e allo scetticismo di molti. Io personalmente attraversavo anche un immenso momento di cambiamento perché nel 2013 sono diventata mamma, ho lasciato un lavoro "sicuro" per lanciarmi nell’apparente vuoto, sentivo la terra sgretolarsi sotto i miei piedi ad ogni passo! Studiare era meraviglioso ma anche molto faticoso con una bimba appena nata e anche lì ho imparato una grande lezione: stare nell’incertezza, abitarla con CURAggio (cura e coraggio). Mentre mi lasciavo andare ho visto l’unica certezza che avevo: l’amore. L’amore per me che desideravo essere una mamma che potesse raccontare un giorno a sua figlia una storia di cui essere sinceramente orgogliosa; l’amore per il mio compagno che mi ha detto l’unica cosa che volevo sentirmi dire: ce la faremo insieme; l’amore per la mia famiglia che c’è sempre stata e ci sarebbe stata anche questa volta. Per tenere a bada il mio "cervello rettiliano" che mi chiedeva come mi sarei sostenuta ho iniziato ad alleggerirmi di tutto quello che non mi serviva veramente dalle piccole cose come svuotare gli armadi e traslocare in una casa più economica, a grandi cose accettando per alcuni mesi di seguire progetti di lavoro faticosi e poco motivanti ma sicuri.
Per me e Dani è stato tutto utilissimo, abbiamo fatto tesoro di tutto, dal più piccolo errore (e ne abbiamo commessi tantissimi) ai più piccoli successi (quelli che all’inizio vedi solo tu e ti chiedi se esistano davvero). Il primo grande momento in cui abbiamo preso consapevolezza di quello che stava accadendo è stato quando abbiamo scelto definitivamente, dopo un lungo processo di pensiero e confronto, il nome di 2BHappy Agency. Anche qui ci sarebbero grandi aneddoti da raccontare ma ci vorrebbe troppo, quello che posso dire è che il nome di 2BHappy Agency contiene distillate le essenze di quell’anno e mezzo di studi: per essere felici bisogna essere disposti a compiere un movimento generativo. Il movimento è racchiuso nel termine agenzia che vuol dire appunto essere in grado di agire producendo un mutamento nella realtà. Il nostro nome per noi rappresenta la freccia che accende il nostro proposito ovvero: la felicità prima di tutto per tutti.
La vostra agenzia si propone come obiettivo quello di diffondere la cultura delle organizzazioni positive e della scienza della felicità in impresa. Ci spiegate cosa sono le organizzazioni positive e quali sono i principi che le guidano?
Veruscka:
Le Organizzazioni Positive ("Org+") sono luoghi in cui le persone evolvono in relazione con altre, in cui si favorisce una cultura del lavoro guidata da un proposito capace di promuovere il bene comune e generare impatto sociale. Un’Org+ sa che il profitto non può essere raggiunto a discapito del benessere delle persone: per realizzare tutto questo, le Org+ sostengono e sviluppano leader consapevoli del proprio scopo, che vivono il ruolo come servizio agli altri e hanno una propria routine del benessere. Inoltre, le Org+ disegnano e implementano strutture, processi e pratiche coerenti ed eque che generano benessere e felicità, riducono le gerarchie, aumentano i gradi di libertà e favoriscono il passaggio da una visione del lavoro egosistemica a una ecosistemica. Questa definizione, di cui ci assumiamo la paternità, è figlia di un intenso lavoro di ricerca che si intreccia con realtà che da anni lavorano in questa direzione come il Center for Positive Organizations, costola dell’Università del Michigan e inarrestabile produttore di stimoli, ricerca e casi. Ci teniamo a precisare che le Org+ non sono un modello organizzativo ma un modello culturale fondato sui principi della Scienza della felicità, che fornisce un’ampia fonte di informazioni basate su dati solidi, ricerche ed evidenze su che cosa determina il benessere, costruisce quella tecnologia interiore che ci consente di esercitare la felicità come competenza e genera effetti positivi a medio e lungo periodo, sia per gli individui sia per le organizzazioni.
Con "scienza della felicità" ci riferiamo all’insieme di informazioni, ricerche e pratiche messe a disposizione da tutte quelle discipline scientifiche che hanno dimostrato che la felicità non è solo un’emozione, ma una competenza che può essere coltivata. Il nesso tra Org+ e scienza della felicità rappresenta il nostro personale contributo di ricerca sul tema. Gli studi che abbiamo portato avanti in questi ultimi sei anni hanno avuto sempre due polarizzazioni: da una parte la scienza della felicità e dall’altra le Org+. All’interno del vasto corpo di ricerca legato alla scienza della felicità, esiste una verticale consistente e significativa che applica la scienza della felicità al lavoro. L'Università di Berkeley da anni porta avanti in seno al Greater Good Science Center ricerche e programmi di scienza della felicità e scienza della felicità al lavoro; i nostri amici e partner di Woohoo Inc. e molti altri hanno prodotto contenuti, azioni di divulgazione, programmi di apprendimento sulla scienza della felicità al lavoro. Il nostro contributo sta nell’aver creato un ponte tra queste due dimensioni di ricerca e applicazione. Quello che è nato da questo incrocio è incredibile, una lucida e solida cornice che abbraccia tutto quello che è stato prodotto e si continua a produrre all’interno delle frontiere del pensiero organizzativo evoluto.
Quanto è rilevante nella realtà il fenomeno delle organizzazioni positive? Esistono organizzazioni positive in Italia?
Veruscka:
Le Organizzazioni Positive oggi sono un fatto. Esiste una letteratura solida supportata da numeri, evidenze e studi sul campo che dimostra come questo tipo di organizzazioni, ottenga risultati e numeri straordinari, sia su scala individuale sia su scala sistemica. Per citarne uno tra tanti, c’è il rapporto sulla politica globale di felicità e benessere pubblicato nel 2019, che ha indagato la relazione positiva tra la competenza della felicità e la redditività complessiva dell’azienda.
Daniela:
Partendo dalla cornice culturale della scienza della felicità e delle organizzazioni positive dal 2015 abbiamo iniziato a fare scouting e raccontare le Org+ che certamente esistono anche in Italia. Possiamo citare a titolo di esempio: Mondora, Servizi CGN, Zeta Service, Biogen, eFM… Le loro storie e le loro pratiche sono alla base della nostra attività di divulgazione per il cambiamento culturale delle aziende italiane, le loro esperienze sono confluite nei due libri che abbiamo pubblicato nel 2018 e nel 2020 (La Scienza delle Organizzazioni Positive e Chief Happiness Officer, ed. Franco Angeli) e sono, attraverso i loro leader e referenti, testimonianze attive nel percorso di certificazione in Chief Happiness Officer che abbiamo ideato proprio per consentire la condivisione e diffusione degli approcci, degli strumenti e dei metodi che adottano per creare luoghi di lavoro sani, sicuri, felici e produttivi.
Chi è il Chief Happiness Officier e quale è il suo ruolo in impresa? Quanto è difficile (se lo è ancora) promuovere una figura di questo tipo nelle aziende?
Daniela:
Il Chief Happiness Officer è un esperto di Org+ e un moltiplicatore di impatto: una figura professionale interna all’azienda che sa che è possibile coniugare armonicamente business e benessere ed è in grado di accelerare il percorso di evoluzione verso l’Org+. Se il benessere e la felicità delle persone sono al centro delle scelte strategiche e della cultura di un’azienda, il CHO è colui che è in grado di creare le condizioni affinché i leader e le organizzazioni siano attori di nuovi comportamenti. Non è una figura che si aggiunge agli HR manager, agli esperti di welfare, wellbeing o a chi si occupa di responsabilità sociale, ma un professionista interno all’azienda che sceglie di aggiornare competenze, strumenti e modelli per fare della felicità una strategia organizzativa coerente allineando cultura, comportamenti, stili di leadership, processi e pratiche in modo da realizzare vantaggi sostenibili e durevoli sia per il benessere delle persone sia per i risultati di business.
Veruscka:
Ovviamente la situazione oggi è decisamente cambiata rispetto a 6 anni fa quando abbiamo iniziato a parlare di felicità al lavoro e i feedback che riscontravamo erano soprattutto di rifiuto e indifferenza rispetto al tema. Grazie anche all’intensa attività di divulgazione fatta in questi anni siamo passate attraverso le fasi dello scetticismo, dell’ostracismo per arrivare oggi decisamente ad una più autentica curiosità. Per dare un’idea della cambiata sensibilità, dalla prima edizione nel settembre 2019 ad oggi, e nonostante la crisi indotta dal Covid, 2BHappy Agency ha già formato, attraverso il percorso di certificazione in Chief Happiness Officer, 145 manager di piccole, medie e grandi aziende italiane di ogni settore e la corrente edizione della primavera-estate 2021 aggiungerà alla comunità italiana altri 40 professionisti, segno della nuova sensibilità emergente e dell’urgenza di dotarsi di competenze e strumenti innovativi per costruire luoghi di lavoro sani, felici e sostenibili nel tempo.
Quale cambiamento culturale ritenete necessario per accompagnare questo percorso? Quali sono (se ci sono) le transizioni in atto a cui state assistendo nel panorama delle aziende Italiane?
Veruscka:
Dalla comparsa dell’Homo Sapiens sulla Terra e delle Organizzazioni nelle forme che conosciamo soprattutto a partire dalla Rivoluzione Industriale, importanti miglioramenti sono stati realizzati nella qualità della vita delle persone. Grandi e piccole imprese hanno sollevato dalla povertà molte più persone di quanto abbia fatto qualsiasi altra istituzione. La mortalità infantile è stata ridotta del 90% e quella di parto del 99%, l’aspettativa di vita è più che raddoppiata, la popolazione è aumentata di 7 volte e l’istruzione cresciuta dal 12% all’86%. Le moderne organizzazioni hanno prodotto per l’umanità incredibili progressi in meno di due secoli, nessuna di queste rivoluzioni sarebbe stata possibile senza l’organizzazione come veicolo della collaborazione umana. Eppure, ci troviamo oggi di fronte a una crisi epocale e a un pericoloso bivio. La vita organizzativa ci appare deludente, il capitalismo è minacciato dal proprio stesso eccesso e dall’interpretazione miope delle idee e dello scopo per il quale è nato. Cinismo, competizione sfrenata, sfruttamento delle persone e delle risorse, separazione, libero sfogo di ego "inospitali ai più profondi aneliti delle nostre anime": il business e le organizzazioni non sono più considerati come una forza generatrice di progresso e di bene, ma causa di molte delle fratture e delle disfunzioni che l’umanità sta affrontando. Il nostro modo di condurre il business sta causando, infatti, la riduzione delle risorse naturali, la distruzione degli ecosistemi, modifiche al clima, esaurimento delle risorse idriche, enormi diseguaglianze sociali ed economiche. La sempre maggiore consapevolezza di essere in equilibrio precario su ciò che i fisici chiamano "punto di biforcazione" (un interregno di normalità tra i poli della fine di un vecchio ordine e la lotta per emergere dal suo stato embrionale di uno nuovo) sta spingendo molti leader e organizzazioni a chiedersi: quanto dolore vogliamo ancora generare e con quanto dolore vogliamo ancora vivere? Per rispondere a queste domande nascono sempre più iniziative come l’accordo in seno alla The Business Roundtable di 200 imprese multinazionali che s’impegnano a creare valore di lungo periodo, spostando il focus dai dividendi per gli azionisti all’impatto sull’ambiente, sulle comunità locali, ai rapporti corretti con i fornitori, al rispetto dei consumatori e alle condizioni offerte ai propri dipendenti. Idee e pratiche portate avanti dalle Organizzazioni Positive e dai movimenti del capitalismo inclusivo o consapevole, dalle B-Corp, dalle imprese sociali ecc. Rai Sisodia ha definito questo momento l’Era della Trascendenza: il tempo di una visione nuova, umanistica, del ruolo del capitalismo nella società, che trascende appunto i modelli più ristretti adottati dalla maggior parte delle aziende del passato, per abbracciare il bene comune come scopo della sua azione nel mondo. Nella profonda convinzione che siamo tutti interconnessi e solo insieme possiamo farcela.
Con riferimento alla crisi pandemica che ci ha coinvolto, come hanno reagito le organizzazioni positive a questo "banco di prova"?
Daniela:
Le sfide di questo futuro emergente sono diventate prepotentemente presenti con la diffusione del contagio da Covid-19: una grande prova generale per testare la resilienza e l’anti-fragilità di tutti noi, come individui e come sistemi. Costretti all’isolamento fisico e all’adozione forzata di nuovi strumenti e pratiche di lavoro ritenute da molte organizzazioni fino a ieri tutto sommato non necessarie e che sono state introdotte senza che ci fosse quella necessaria preparazione culturale per una loro efficace adozione (come lo smartworking o la de-gerarchizzazione delle organizza- zioni), oggi "realizziamo" e sperimentiamo tutta l’inadeguatezza e l’inefficienza dei modelli convenzionali con cui avevamo costruito il nostro mondo del lavoro. Per esempio, il modello “comanda e controlla” o le strutture basate su ruoli fissi e gerarchie sono stati messi a dura prova da questa situazione che impone, insieme alla distanza fisica, una necessaria fiducia e un approccio convinto alla crescita e all’apprendimento continuo delle persone: fiducia nelle capacità dei collaboratori di organizzarsi e di gestire il proprio lavoro da casa in maniera responsabile; orientamento all’apprendimento continuo per adattarsi velocemente all’utilizzo di nuove tecnologie e strumenti a supporto di forme e modalità di lavoro diverse da quelle a cui eravamo abituati. Di fronte a questa emergenza, abbiamo potuto osservare la maggior velocità dei tempi di reazione e riorganizzazione di alcune Organizzazioni Positive che stiamo seguendo nel tempo. Sono organizzazioni che, in tempi non sospetti, avevano saputo coltivare il proprio capitale sociale, che avevano investito nella creazione di relazioni di fiducia con e tra i propri collaboratori, che avevano favorito una cultura aperta alla sperimentazione, alla trasparenza, alla responsabilità individuale, che avevano coltivato leader gentili capaci di far crescere i propri team e diffusi a tutti i livelli e che hanno progressivamente eliminato ruoli fissi, gerarchie e privilegi inutili. Queste organizzazioni non hanno aspettato un decreto del Governo che liberalizzasse il lavoro da remoto e "obbligasse" a far lavorare da casa le persone per proteggere la loro salute, ma hanno consapevolmente e strategicamente anticipato queste scelte, adoperandosi non solo per consentire a tutti i lavoratori di avere gli strumenti per continuare a lavorare da casa, ma fornendo ulteriori spazi e servizi per la formazione, la crescita o il necessario supporto al cambiamento. Sono esempi positivi che continuano a dimostrarci che, anche di fronte alla più disarmante complessità e incertezza di questi tempi, se teniamo la rotta sulla fiducia e il timone saldo sulla cooperazione, il senso di appartenenza e il supporto reciproco, possiamo vincere qualsiasi sfida ed evolverci, alla luce della ormai evidente consapevolezza che siamo tutti interconnessi e solo insieme possiamo farcela.
June 2021