Dal 1563 ad oggi, traguardando il futuro: storia e dinamiche di sviluppo della Fondazione Compagnia di San Paolo
Marco Gilli diventa Presidente della Fondazione Compagnia di San Paolo nell’aprile 2024; dal 2019 al 2024 è stato Addetto Scientifico (Science & Technology Counselor) presso l’Ambasciata d’Italia negli USA.
È Professore Ordinario di Elettrotecnica presso il Dipartimento di Elettronica e Telecomunicazioni del Politecnico di Torino, dove ha ricoperto diversi ruoli istituzionali, fino ad essere eletto Rettore nel 2012. È stato responsabile di vari progetti nazionali e internazionali e, in qualità di Rettore, degli accordi di partnership riguardanti formazione, ricerca e trasferimento tecnologico con circa 40 aziende leader nell’ambito manifatturiero, dell’Energia (tra cui ENEL, ENI, TERNA, EDF, State Grid China) e del settore dell’Information Technology. In quanto Rettore, è stato inoltre responsabile di oltre 100 accordi internazionali, con le più prestigiose Università tecnologiche in Europa e nel mondo, tra cui UC-Berkeley e MIT, oltre che della costituzione di 11 Centri Interdipartimentali presso il Politecnico di Torino, sul modello di quelli esistenti presso MIT / UC – Berkeley / EPFL, nei seguenti settori strategici: Big Data – Machine Learning, Additive Manufacturing, Mobility, Energy, Health Technologies.
Marco Gilli è autore o coautore di oltre 200 pubblicazioni apparse su riviste scientifiche internazionali o negli atti di congressi internazionali, Fellow dell'IEEE (Institute of Electrical and Electronics Engineers) e membro dell'Accademia delle Scienze di Torino. Dal 2019 è stato costantemente incluso nella classifica del 2% dei migliori scienziati al mondo, compilata dall'Università di Stanford in collaborazione con Elsevier.
Alberto Anfossi ha iniziato la sua carriera come ricercatore post-doc nel campo della meccanica statistica quantistica presso il Politecnico di Torino.
Dopo aver conseguito un Master in Economia presso il Collegio Carlo Alberto, ha lavorato presso il Politecnico di Torino, l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) e la Fondazione Collegio Carlo Alberto, centro di ricerca e formazione in ambito delle scienze economico-sociali, supportando i gruppi di ricerca nell’attrazione di fondi competitivi e nella gestione dei finanziamenti.
Parallelamente alla sua attività accademica e di ricerca, Alberto Anfossi ha maturato una pluriennale esperienza nel mondo del terzo settore, con un impegno diretto nel movimento del commercio equo e solidale, sia a livello locale, nazionale e internazionale.
La sua esperienza con la Fondazione Compagnia di San Paolo è iniziata nel 2013, quando è entrato nel Consorzio Compagnia di San Paolo Sistema Torino come responsabile dell’area Fund Raising, diventandone poi direttore nel maggio 2016. Nel 2018, Alberto Anfossi è stato selezionato dalla Fondazione Compagnia di San Paolo per il ruolo di Direttore Sviluppo del Territorio, con la responsabilità di coordinare le diverse unità per rendere operativo il piano strategico 2017-2020.
Alberto Anfossi ricopre il ruolo di Segretario Generale della Fondazione Compagnia di San Paolo dal luglio 2018.
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L’intervista di questo numero ha come oggetto un’organizzazione con caratteristiche particolari: la Fondazione Compagnia di San Paolo, un ente filantropico fondato nel 1563, che oggi si presenta come una fondazione bancaria fra le più importanti a livello nazionale e di indubbia rilevanza a livello internazionale. Fondazione Compagnia di San Paolo ha una missione semplice – contribuire al bene comune – che per essere attuata richiede la capacità di gestire una elevata complessità, dovuta alle incertezze del contesto, alla necessità di garantire stabilità alla struttura e al tempo stesso affrontare il rischio di sostenere iniziative ad elevato impatto, alla sfida generata dalla molteplicità di stakeholder e attori che vanno coinvolti sui territori oggetto di intervento, in una logica di cooperazione e non di sostituzione.
Per approfondirne la storia, le caratteristiche e le prospettive future, abbiamo dato vita ad una conversazione a tre, nella quale si sono alternati il Presidente della Fondazione, Marco Gilli (MG), e il Segretario Generale, Alberto Anfossi (AA). Il risultato è un quadro composito, nel quale spicca la passione con cui entrambe affrontano il compito di guidare e gestire una preziosa eredità verso traguardi futuri ambiziosi, orientati al bene comune.
La Fondazione Compagnia di San Paolo ha una storia di oltre 400 anni, durante i quali ha subito alcune importanti trasformazioni, fino a diventare uno degli enti filantropici di maggiore rilevanza nel contesto nazionale ed europeo. Quali sono state le tappe fondamentali di questo percorso?
MG: La storia della Compagnia di San Paolo affonda le sue radici nel XVI secolo: nasce nel 1563, da un gruppo di cittadini torinesi, come ente laico. La sua vocazione sociale si manifesta nel contrasto alla povertà, nel sostegno alle giovani indigenti, nella lotta all’usura. Ed è con la creazione del Monte di Pietà, nel 1579, che viene posto il primissimo mattone di quello che è oggi uno dei più grandi gruppi bancari europei.
Fin da quella prima fase si delineano alcuni dei caratteri peculiari della Compagnia che ritroviamo, pur nell’ovvia evoluzione dei tempi, nella fondazione odierna: l’attenzione alla riduzione delle diseguaglianze sociali; la introduzione di nuovi e originali strumenti operativi – l’Ufficio Pio nasce nel 1595; il legame stretto e fecondo con il territorio, a partire da Torino e poi con le aree circostanti; la capacità di fare sia dell’attività sociale sia di quella più propriamente economica dei fattori di coesione e di sviluppo; una filantropia moderna che punta sullo sviluppo come leva per la rimozione delle cause di povertà e disuguaglianze.
Si arriva così all’inizio degli anni ’90, con la separazione fra attività non profit e attività bancaria, che ha consentito all’Italia di poter contare su grandi fondazioni private e, allo stesso tempo, su gruppi bancari di scala internazionale. Anche in questo la Compagnia di San Paolo ha saputo svolgere un ruolo di apripista, originale e innovativo. Ed è quanto ci proponiamo di continuare a fare con il nuovo Piano strategico pluriennale. Ci muoviamo in uno scenario complesso caratterizzato da una transizione tecnologica senza precedenti, che presenta incertezze ma anche opportunità da cogliere e ambiti in cui una fondazione come la nostra può dare un efficace contributo alla crescita del territorio e più in generale del Paese.
Fondazione Compagnia di San Paolo si presenta agli stakeholder e al pubblico con uno slogan suggestivo: "Dal 1563 lavoriamo per costruire il bene comune". Cosa implica in termini di finalità, di valori e cultura organizzativa?
AA: Quando penso alla Compagnia di San Paolo, penso a una Istituzione che, come ha detto il Presidente, ha saputo attraversare oltre quattro secoli di storia mantenendo intatta la propria vocazione: lavorare per il bene comune.
La Compagnia nacque in un momento di grande instabilità sociale. Quelle persone che la fondarono, nel 1563, non avevano né potere politico né grandi mezzi, ma avevano una visione: intervenire concretamente per migliorare le condizioni di vita della comunità.
Oggi, come allora, il nostro compito è quello di leggere i bisogni del presente e costruire risposte che abbiano un impatto reale a lungo termine. La differenza è che oggi operiamo in un contesto molto più complesso, che richiede strumenti sofisticati, capacità di visione sistemica e una forte propensione alla collaborazione.
La nostra storia ci dà autorevolezza, ma non basta. È la nostra capacità di evolvere nel tempo che ci rende rilevanti e autorevoli anche a livello internazionale. In questo senso, “Dal 1563 lavoriamo per costruire il bene comune” non è solo un riferimento al passato, ma è una dichiarazione di metodo. Significa che ogni nostra azione deve contribuire a generare valore condiviso, a rafforzare la coesione sociale, a costruire condizioni di sviluppo equo e duraturo.
Il documento di programmazione pluriennale (DPP) 2025-2028 che è stato presentato al pubblico nel febbraio scorso cita alcuni importanti risultati del recente passato e promuove iniziative sfidanti per il prossimo futuro: quali sono gli elementi chiave su cui poggia la capacità dell’ente di esercitare un impatto positivo sui territori oggetto di riferimento, in un contesto sempre più dinamico e caratterizzato da disuguaglianze crescenti?
MG: La solidità e la rilevanza della Fondazione Compagnia di San Paolo si basa su almeno tre pilastri, interdipendenti. Anzitutto, una gestione prudente e lungimirante del nostro patrimonio, in grado sia di assicurare risorse adeguate alla nostra attività istituzionale, le erogazioni, sia di operare per incrementarlo. Per noi il patrimonio è il legame col passato, la forza del presente, la garanzia del futuro.
In parallelo, la possibilità di contare su una struttura – della Fondazione, ma anche dei suoi enti strumentali – preparata e motivata, fatta di professionisti e professioniste della filantropia. Persone che oggi coprono un ampio spettro di competenze e che sanno operare proattivamente, all’interno di una visione strategica che hanno contributo a definire, affiancando gli organi di indirizzo e di governo della Compagnia.
Tutto questo rimanda al terzo elemento, le relazioni e i territori di riferimento, ovvero il Nord Ovest, inteso come Piemonte, Liguria, Valle d’Aosta, e le aree di Torino e di Genova. Ma non solo: la Compagnia sta ampliando sempre più i suoi orizzonti, andando oltre i confini del proprio territorio. Grazie a partnership strategiche con istituzioni, enti e fondazioni sia nazionali che internazionali, si sta affermando come una protagonista di rilievo nel mondo della filantropia.
Quali sono oggi le principali linee di intervento e come le finalità dell’ente vengono concretamente realizzate?
AA: La strategia della Fondazione Compagnia di San Paolo si articola oggi attorno a tre grandi Obiettivi – Cultura, Persone, Pianeta –. Questi nascono dall’allineamento della Fondazione all’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, che costituisce la bussola della nostra attività filantropica: ogni iniziativa è mappata rispetto agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) pertinenti, così da garantire coerenza, misurabilità e impatti sistemici.
Con l’Obiettivo Persone lavoriamo per rafforzare il capitale umano e sociale: contrasto alle povertà, inclusa quella educativa, inclusione ed empowerment delle comunità, formazione, lavoro e rigenerazione urbana. Con l’Obiettivo Pianeta promuoviamo lo sviluppo del territorio, la sostenibilità ambientale ed energetica, sostenendo la transizione ecologica e l’innovazione tecnologica, la ricerca, la tutela del patrimonio naturale, pratiche di economia circolare e stili di vita sostenibili. Con l’Obiettivo Cultura ci impegniamo per la salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio storico e artistico, la crescita delle istituzioni culturali, la partecipazione civica e la promozione di creatività e innovazione.
Il nostro Piano Strategico 2025-2028 mobilita un miliardo di euro e traduce questi tre Obiettivi in 14 missioni specifiche, ciascuna collegata a più SDGs. Lavoriamo così su temi che vanno dall’educazione di qualità (SDG 4) alla salute e benessere (SDG 3), dalla riduzione delle disuguaglianze (SDG 10) alla lotta al cambiamento climatico (SDG 13), fino alle città e comunità sostenibili (SDG 11) e alle partnership per lo sviluppo (SDG 17).
Le finalità dell’ente si concretizzano poi attraverso bandi e collaborazioni con enti pubblici e privati, con un approccio di coprogettazione, valutazione e apprendimento continuo. L’obiettivo è quello di generare impatti duraturi e replicabili, contribuendo non solo al benessere dei territori in cui operiamo, ma anche al raggiungimento degli obiettivi fissati dalle Istituzioni pubbliche nazionali e internazionali.
Cultura, Persone, Pianeta: i tre obiettivi fondanti dell’ente, assumono oggi un rilievo specifico e richiedono interventi trasversali. Pensiamo in particolare all’impatto dell’innovazione tecnologica, che diventa fattore abilitante per la competitività dei territori, ma che per essere tale richiede un allineamento delle competenze professionali e più in generale la conoscenza delle reali potenzialità delle tecnologie emergenti (Robotica, AI, nanomateriali…), per un utilizzo consapevole e maturo. Come si pone la Fondazione rispetto a queste grandi sfide?
MG: La Fondazione ha compiuto da tempo una scelta strategica, bene illustrata dal Segretario Generale: ritengo fondamentale che la Compagnia abbia puntato a inserire le proprie linee programmatiche nel quadro dell’Agenda 2030 dell’Onu per lo sviluppo sostenibile. I tre Obiettivi vanno letti in questa chiave, come consapevolezza del legame fra valori della persona e comunità, dell’interdipendenza fra i diversi livelli territoriali, di necessità di guardare sempre anche al contesto globale, a quelli che abbiamo definito “megatrend di riferimento”.
Questo è tanto più vero nel caso dell’innovazione tecnologica, che procede a ritmi impressionanti, e nella quale l’Europa sconta difficoltà e ritardi, nel confronto con gli USA e la Cina.
Per questo è fondamentale rafforzare le eccellenti competenze di cui disponiamo, a partire da quelle sviluppate negli Atenei, ma soprattutto evitare la frammentazione e concentrare infrastrutture di ricerca, risorse finanziarie e risorse umane di talento in Centri pienamente integrati nei principali network internazionali di ricerca e sviluppo. Questo è l'obiettivo che ci proponiamo supportando due realtà con una chiara vocazione nazionale: l'Istituto Italiano di Intelligenza Artificiale (AI4Industry) a Torino e l'ecosistema dell'innovazione di Genova, con l’Istituto Italiano di Tecnologia.
Ma fondamentale per la Fondazione è anzitutto l’investimento sui giovani, sulle loro potenzialità e sulla loro capacità di pensare il nuovo: potremmo dire che in esso si ritrovano tutti e tre i nostri Obiettivi. In questo, l’impegno della Compagnia va visto guardando all’intero arco delle nostre attività: rendere migliore la qualità della vita nei nostri territori, dalla cultura alla sanità, può essere un potente fattore di attrazione di talenti. È quindi fondamentale costruire ecosistemi scientifici e sociali in cui sia possibile fare ricerca avanzata e sia anche piacevole vivere.
La recente presentazione del DPP ha evidenziato un grande lavoro di approfondimento strategico, al quale hanno partecipato gli organi di indirizzo e di governo della Compagnia, con un costante affiancamento da parte della struttura operativa: quali sono gli aspetti di questo metodo operativo che ritieni importante sottolineare?
AA: Il Documento di Programmazione Pluriennale 2025-2028 è stato presentato al pubblico dopo un processo che ha coinvolto in profondità – come evidenziato prima dal Presidente – sia gli Organi di indirizzo sia quelli di governo della Fondazione, insieme alla Struttura operativa.
Un elemento distintivo che tengo a sottolineare è la qualità della nostra governance, composta da personalità provenienti da settori diversi, capaci di portare competenze, esperienze e sguardi variegati ma complementari. Questo ha permesso di costruire un documento solido, arricchito da contributi molto qualificati e da una visione strategica condivisa.
Il metodo ha combinato l’analisi di lungo periodo con l’attenzione ad ascoltare e a recepire le istanze del territorio, sempre in un’ottica di dialogo e collaborazione con gli stakeholder, e si è basato su una logica di doppia velocità: da un lato, una programmazione di lungo periodo, con obiettivi principali di cambiamenti di tipo sistemico, dall’altro, la capacità di fornire risposte significative, efficienti e agili alle esigenze (e alle opportunità) emergenti.
La collaborazione con gli stakeholder del territorio nelle aree oggetto di intervento della Fondazione rappresenta, appunto, uno dei pilastri fondamentali nell’attuazione della strategia della Fondazione. Sulla base delle esperienze maturate, quali sono gli ingredienti ritenuti fondamentali per garantire uno sviluppo collaborativo delle iniziative di intervento, in grado di generare risultati positivi per tutti?
MG: Una fondazione come la Compagnia, con secoli di storia alle spalle, un patrimonio importante e un forte legame con i territori di riferimento, ha sia il dovere sia l’opportunità di dialogare con una pluralità di stakeholder, dalle istituzioni agli attori economici, dalla formazione alla ricerca, dalla cultura al sociale. È quanto abbiamo fatto nella fase di definizione del Piano strategico pluriennale, per farne uno strumento partecipato e condiviso.
Una grande fondazione come la nostra deve saper tenere insieme, nel rispetto dei reciproci ruoli, volontà di ascolto dei progetti e delle domande degli stakeholder e capacità di sintesi ed elaborazione autonoma, sempre aperta alla dimensione nazionale e internazionale. È per questo che nel Piano abbiamo messo in evidenza tre principi chiave della filantropia, fondamentali anche per una collaborazione sinergica con i nostri stakeholder: fiducia, rischio e flessibilità.
Fiducia, perché riconosciamo e vogliamo valorizzare le competenze e le capacità dei nostri interlocutori, contribuendo a metterle a sistema. Rischio, perché è proprio delle grandi fondazioni cogliere in anticipo le grandi sfide e guardare al medio-lungo periodo, voler fare scommesse ragionate e condivise sul futuro. Flessibilità, perché in un mondo che cambia vorticosamente, non sempre in meglio, bisogna essere pronti, come detto, alla “doppia velocità”, a guardare lontano ma anche a adeguare i nostri piani a nuovi scenari, a nuove esigenze e anche ad eventuali emergenze.
Uno dei paradigmi emergenti nella filantropia è la promozione di un orientamento strategico basato sulla flessibilità, la creatività, la sperimentazione… ”Smart navigation and anticipation are virtues in times of uncertainty”, afferma un recente studio promosso da Philea (Philantropy Europe Association) e pubblicato con il supporto della Compagnia. Quanto e in che modo questo orientamento rappresenta una guida per il governo della Compagnia?
AA: Il principio “smart navigation and anticipation” ha orientato concretamente il nostro lavoro. La filantropia contemporanea deve essere capace, come diceva il Presidente, di anticipare i trend, interpretare i bisogni della società e accompagnare i partner in percorsi innovativi.
La flessibilità si traduce nella capacità di individuare e adottare nuovi strumenti e modalità di intervento, più semplici e più orientati a generare impatto. La creatività è il motore che ci consente di disegnare soluzioni nuove, combinando l’attivazione di risorse, competenze, accompagnamento organizzativo e networking. La sperimentazione è la via attraverso cui testiamo modelli e approcci, assumendo rischi consapevoli per generare valore aggiunto.
Questa impostazione non resta astratta: la mettiamo in pratica anche a livello internazionale, attraverso il sostegno a iniziative che rafforzano la diplomazia scientifica e promuovono il dialogo globale.
Un esempio significativo è la collaborazione con GESDA - Geneva Science and Diplomacy Anticipator, nata con la missione di anticipare i progressi scientifici emergenti e tradurli in azioni concrete per la società.
In questo contesto, la Compagnia di San Paolo ha sostenuto iniziative come il Quantum for the SDGs contest, che esplora il potenziale delle tecnologie quantistiche per il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, e l’Open Quantum Institute, piattaforma multilaterale dedicata a rendere accessibile l’uso del calcolo quantistico a beneficio del bene comune.
Questa impostazione ci ha portato a selezionare progetti di scala trasformativa, in grado di incidere profondamente sul territorio, e al contempo a mantenere la prontezza di rispondere a emergenze o a nuove sfide sociali. È un equilibrio complesso, ma necessario per continuare a rafforzare il nostro ruolo nel panorama filantropico nazionale ed europeo.
(Al Presidente) Quali sono i traguardi verso cui aspira la Compagnia nei prossimi anni che ritieni particolarmente sfidanti e verso i quali ti senti particolarmente coinvolto?
MG: Penso che la vocazione della Compagnia sia ben sintetizzata dalla sua volontà di essere un agente di trasformazione e di sviluppo. A fronte di cambiamenti epocali, dalla crisi ecologica, all’impatto di tecnologie trasformative, alla crisi demografica, alla crescita delle diseguaglianze, abbiamo la possibilità di realizzare azioni e progetti innovativi, che possono durare nel tempo e cambiare la qualità della vita di tante persone. E costruire dei possibili modelli per altre realtà, siano esse istituzioni, fondazioni o enti sociali.
Quanto a me, i due pilastri della mia vita professionale sono stati l’esperienza quale professore e poi Rettore del Politecnico di Torino e quella nella “diplomazia scientifica internazionale” all’Ambasciata d’Italia a Washington. Al Politecnico ho potuto guidare una Istituzione Pubblica grande e complessa, ricca di talenti e di capacità; negli Stati Uniti ho potuto sperimentare “in diretta” la velocità e l’intensità del cambiamento tecnologico. Vedo quindi questa terza fase, alla presidenza della Compagnia, come un grande onore e un grande impegno, una occasione sia di valorizzazione di quanto ho fatto e appreso finora sia di restituzione alle Comunità, alle varie scale territoriali, da quella locale fino a quella nazionale e internazionale.
Ma i bilanci si fanno alla fine: ora concentriamoci sul molto che c’è e che vogliamo fare.
(Al Segretario Generale) Quali sono le sfide organizzative e gestionali che la Compagnia dovrà affrontare per continuare a svolgere un ruolo di primo piano nel contesto della filantropia nazionale ed europea?
AA: Come Struttura operativa abbiamo il compito e la responsabilità di “mettere a terra” la strategia, garantendo una gestione efficiente ed efficace. A livello organizzativo e gestionale le sfide fondamentali della Fondazione riguardano i nostri asset fondamentali: il patrimonio, la struttura operativa, la capacità erogativa.
Dobbiamo dunque lavorare per salvaguardare, rinforzare e incrementare tutte queste tre dimensioni. In particolare, la struttura organizzativa deve essere curata - nella crescita individuale e collettiva - e integrata costantemente, facendo leva sulle competenze e la qualità delle persone. Dovremo essere bravi a coniugare competenze verticali sugli ambiti (molto ampi e variegati) in cui si dipana la nostra attività erogativa con le competenze nuove e trasversali necessarie per cogliere le sfide poste dal piano strategico. In particolare, vogliamo essere sempre più una “learning organisation”, in grado di valorizzare quanto già realizzato e di farne una fonte di produzione e diffusione di conoscenza. Vogliamo anche proseguire e incrementare gli investimenti digitali e il lavoro di intelligente raccolta e gestione dei dati, sia interni sia esterni.
In conclusione, credo che il focus centrale per ogni organizzazione sia la cultura dell’organizzazione stessa. La Compagnia di San Paolo come abbiamo detto ha radici molto profonde, da cui deriva una cultura organizzativa importante. A noi il compito di salvaguardarla, accrescerla e aggiornarla, rendendola a prova di futuro!
October 2025

