Riprendere il discorso sull’aziendalismo italiano. I contributi di Vittorio Coda, Roberto Cafferata, Rosario Faraci, Lorenzo Zanni, Tancredi Bianchi

Contributi e WP
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Economia Aziendale
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L'editoriale del numero scorso della Rivista (1/2010) proponeva una ripresa del discorso sull’aziendalismo nel nostro Paese. Al riguardo venivano posti alcuni interrogativi: da dove vengono le nostre discipline aziendali; dove stanno andando; come gestire una delicata  fase di transizione del corpo accademico. Su queste tematiche abbiamo raccolto le testimonianze di cinque autorevoli Colleghi. Le suggestioni che emergono concorrono a definire - in maniera originale e muovendo da storie, sensibilità differenziate ma tutte caratterizzate da una comune passione per la ricerca e il rapporto con i giovani – lo stato e le prospettive dell’aziendalismo italiano tra diversità e unità, tra tradizione e apertura su nuovi orizzonti.

 

Per Vittorio Coda, la nostra missione sta nelle produzione e diffusione di conoscenze utili al miglioramento delle aziende che compongono il tessuto produttivo del Paese. Tutto ciò presuppone il riferimento a una solida teoria generale dell’azienda, capace sia di misurarsi con complessità  sistemica e dinamica evolutiva sia di conciliare tradizione e internazionalizzazione.

 

Roberto Cafferata prende atto del pluralismo che caratterizza i nostri studi sia in termini di contenuti che di metodi. Pluralismo che può degenerare in "egoismo intellettuale", frammentazione, isolamento. La libertà di ricerca, la creatività del singolo studioso deve dunque combinarsi con una esigenza di condivisione, di messa a fattor comune di conoscenze ed esperienze in vista del bene comune di tutta l'Accademia.

 

Per Rosario Faraci, gli aziendalisti sono una categoria di studiosi molto privilegiata perché la naturale diversità di temi e di interessi non rende mai noioso il lavoro di  ricerca, di didattica, di organizzazione della vita universitaria. Ciò non deve significare casualità, estemporaneità, rincorsa delle mode. La diversità poggia sull’unità di un "corpus dottrinale" che viene da lontano, potenzialmente in grado di misurarsi con le sfide dei tempi nuovi.

 

Perché ciò possa verificarsi occorre – come ci ricorda Lorenzo Zanni nella sua "testimonianza di vita" – pianificazione e gradualità del cambiamento in vista della transizione generazionale; chiarezza di idee e coraggio nel perseguire il cambiamento; coesione. Dobbiamo certamente essere consapevoli dei nostri limiti ma anche fieri dei nostri punti di forza.

 

Punti di forza che si legano al ruolo assolto dai grandi Maestri dell'aziendalismo italiano. Maestri che hanno ancora molto da dire ai giovani studiosi. E' il caso di Tancredi Bianchi che chiude la serie degli interventi. C'è un passaggio nel suo testo che voglio evidenziare a conclusione di questa presentazione: "Il testimone da passare alla futura generazione di docenti e di ricercatori è di non dimenticare mai che debbono edificare sopra fondamenta e un primo piano da non abbandonare, ma debbono costruire nuovi piani consapevoli di un contesto in gran parte, se non del tutto, diverso, per cui le precedenti convenzioni restano di prima approssimazione. L'economia globale rappresenta le colonne d’Ercole: da superare senza essere travolti".